Nota introduttiva n. 6 – aprile 2011
a cura di Elisa Grandi
Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 6, 4|2011
Il numero di Aprile di Diacronie si compone di tre sezioni: la prima consiste in un nucleo di contributi dedicata alla “Storia transnazionale e alle prospettive transnazionali nell’analisi storica”, intende presentare alcune ricerche in corso che si sono confrontate con lo studio di fenomeni transnazionali o che hanno analizzato tematiche di storia locale e nazionale attraverso un approccio transnazionale. La seconda raccoglie tre contributi che si possono assimilare a un filone di studi di carattere post-coloniale, tutti e tre partendo da considerazioni concernenti il continente latino-americano e concentrate in particolare sul caso brasiliano. La terza sezione è dedicata all’analisi dei fenomeni mafiosi globali, a partire dalla recente pubblicazione di Giuseppe Carlo Marino, Globalmafia. Nonostante la grande eterogeneità dei contributi, questo numero trova il suo filo conduttore nella ricerca di chiavi interpretative che sottolineano l’interdipendenza tra più livelli di analisi. In particolare, tutte e tre le sezioni si confrontano con la necessità di superare un orizzonte locale o nazionale nella lettura del fenomeno indagato, per esaminare la presenza simultanea di processi che si sviluppano a livello sovranazionale.
Focus esplicito scelto per la prima sezione del numero, questo interesse si coglie anche nelle altre due sezioni. Nella seconda sezione, l’articolo di Alfredo Sorrini, “Penisola iberica e colonie americane: una relazione ‘eccezionale’. Il caso Brasiliano”, intreccia la relazione tra Portogallo e Brasile con il colonialismo britannico, che, riscrivendo “l’intera storia coloniale, impone[…] al colonialismo spagnolo e portoghese l’assoggettamento a nuovi criteri e valori”. La letteratura è scelta da Sorrini come strumento privilegiato per cogliere la complessità della relazione tra colonizzatore e colonizzato. Un’attenta analisi dell’opera di Machado permette all’autore di cogliere il duplice “problema di auto rappresentazione” per l’ex colonia portoghese. Gli altri due saggi provengono dalla rivista “Chronidas”, partner di Diacronie. Il primo, “L’importanza degli studi sulla postmodernità per comprendere le realtà post-coloniali sudamericane”, di Ana Beatriz Carvalho Baiocchi, s’interroga sulle questioni metodologiche che permeano il dibattito post-coloniale, soprattutto per ciò che riguarda la definizione dell’identità delle ex-colonie. Il secondo, “Riafricanizzando: dinamiche identitarie Candomblé nel Brasile e in Goiânia a partire dagli anni Sessanta”, di Natalia Do Carmo Louzada, si concentra anch’esso sulla tematica della definizione identitaria. Basato su uno studio di campo compiuto nel 2006, il saggio studia la religione e la comunità Candomblé e la sua negoziazione con gli altri culti di origine indigena o africana nella definizione della sua identità.
Come accennato, la terza sezione si definisce intorno all’analisi del fenomeno mafioso raccolta nel saggio di Giuseppe Carlo Marino, Globalmafia. L’intervista all’autore offre molteplici spunti per leggere la relazione tra quelli che sono descritti come attori che operano a livello transnazionale, come le organizzazioni mafiose, e gli apparati statali. Particolarmente esemplificativa a questo riguardo, l’affermazione dell’autore secondo la quale “presumere di poter contrastare la mafia-mafia [concetto che indica la mafia come struttura di potere, ndr] con criteri “statocentrici” equivale a non aver capito nulla della globalizzazione e dei suoi veri potentati transnazionali”. Chiude la sezione la sitografia di Jacopo Bassi dedicata alla storia della mafia.
La prima sezione vuol essere un contributo ai “transnational studies” attraverso l’apporto concreto di ricerche in corso. Si compone di cinque articoli che rappresentano per la maggior parte il frutto di studi dottorali, in corso o appena conclusi. I transnational studies rappresentano da tempo un filone ampiamente esplorato nell’analisi storica e nei dibattiti storiografici. Come descritto da Konrad H. Jarausch, nelle sue “Reflections on Transnational History”[1], Matthias Middel ha spiegato la diffusione del fenomeno ricorrendo a tre fattori: la critica all’impianto della storia comparativa, che implica un’idea degli Stati Nazionali come unico “frame” di analisi, per ricercarvi similitudini e differenze; il crescente interesse verso i fenomeni di processi di “transfer culturale” e la diffusione dei global studies, che si concentrano su fenomeni e processi la cui scala trascende l’orizzonte nazionale.
I contributi presenti nella nostra sezione sembrano far propri questi orientamenti. Si possono, in effetti, dividere i cinque articoli in tre gruppi.
1) Elisa Grandi, Daniel Iglesias e Giovanni Venegoni analizzano lo sviluppo di processi che chiamano in causa attori transnazionali, operanti su una molteplicità di ambiti. Pur affrontando tematiche profondamente diverse fra loro, tutti e tre concordano nell’affermare che solo tenendo presente la complessità e la molteplicità di livelli in cui si compone l’agency degli attori analizzati si può comprenderne le strategie. Nel suo articolo “David Lilienthal, la Banca Mondiale e lo sviluppo di una rete transnazionale di esperti economici” Elisa Grandi analizza lo sviluppo dell’international economic advising nel secondo dopoguerra, prendendo in esame il caso della collaborazione di David Lilienthal, imprenditore statunitense conosciuto soprattutto per aver guidato la Tennessee Valley Authority, e la Banca Mondiale negli anni ‘50. I progetti analizzati (che riguardano l’India, il Pakistan, la Colombia e l’Italia) non sono analizzati attraverso una lettura comparata. Vi si ricercano piuttosto i diversi momenti di emergenza e affermazione di una rete transnazionale di esperti economici, la cui azione non può essere spiegata prendendo in considerazione, in maniera isolata, i diversi contesti in cui ha operato. Daniel Iglesias si occupa di movimenti sociali transnazionali in America Latina. L’articolo presentato, “Socio-histoire du processus d’institutionnalisation de l’Agrupación Revolucionaria De Izquierdas du Venezuela (1928-1933)”, parte della tesi di dottorato recentemente discussa all’Università di Paris Diderot, analizza la formazione del partito venezuelano Agrupación Revolucionaria de Izquierdas (ARDI), fondato nel 1931. Iglesias utilizza l’approccio relazionale e il concetto di rete per leggere la genesi e l’istituzionalizzazione del partito attraverso la configurazione relazionale degli attori coinvolti. Il partito è il risultato di meccanismi di mobilizzazione che si possono comprendere solo partendo dall’universo relazionale in cui l’individuo agisce. Un universo che supera le categorie proprie dell’analisi dei partiti politici come organizzazioni nazionali, tanto più nel caso presentato da Iglesias che dimostra l’importanza dell’esperienza dell’esilio come motore per la mobilizzazione di risorse da parte delle principali figure attorno alle quali si costruì il partito. L’articolo di Giovanni Venegoni rappresenta un contributo atipico per la rivista: il suo “Gruppi informali come attori dello sviluppo: il caso della colonia francese di Saint-Domingue 1664-1763” è infatti una ricostruzione del rapporto tra gruppi informali come corsari, pirati e contrabbandieri e lo sviluppo economico di una colonia francese tra ‘600 e ‘700. Venegoni non tratta evidentemente un caso di storia contemporanea, ma l’articolo s’inserisce coerentemente nella sezione proposta in quanto s’interroga sulla relazione tra attori transnazionali, la cui identità si rifà alle categorie proprie della storia nazionale o della storia coloniale intesa nel rapporto tra Impero colonizzatore e colonia. Pur facendo riferimento solo alla storiografia già esistente, Venegoni individua un campo di analisi originale soprattutto nell’interrogarsi sulla relazione tra gli assetti istituzionali dell’isola (il latifondo, le strutture giuridiche e amministrative) e l’agency di questi attori informali, seguendone la rispettiva evoluzione e interdipendenza.
2) L’articolo di Jimena Caravaca, “Liberalismo economico a la Argentina. Discusiones Politicas, 1875-1895” rappresenta, come quello successivo di Pentucci, una parte a sé stante. Caravaca supera lo spazio del dibattito nazionale per comprendere la forma specifica assunta dal liberalismo economico in Argentina, notando come questa dottrina economica sia stata adottata e riadattata dal modello francese. Attraverso i dibattiti politici che hanno segnato la peculiare “via argentina” al liberalismo economico, alla fine del XIX secolo, si dimostra come la forma in cui il modello è stato recepito in Argentina si deve alla particolare congiuntura economica degli anni presi in esame: le due crisi economiche hanno creato uno spazio di discussione in cui i dibattiti intorno ai modelli teorici di riferimento hanno originato uno specifico “color local” del liberalismo economico. L’articolo dimostra quindi “la maniera creativa e plastica con cui i saperi transnazionali sono impiantati in contesti diversi da quelli in cui ebbero origine”.
3) L’articolo di Maila Pentucci, “Identitá femminile e grande emigrazione. Donne che partono e donne che restano tra le colline marchigiane e la Pampa Argentina” affronta un altro tema molto diffuso nei transnational studies: i fenomeni di immigrazione nella costruzione identitaria dei gruppi sociali. In questo caso resta la distinzione tra le due realtà nazionali di riferimento, quella italiana e quella argentina, ma l’analisi afferma la complessità e la specificità propria del caso trattato, grazie all’introduzione dello studio di genere e alla puntuale analisi della specificità del caso marchigiano. Questi due spunti di analisi complicano le categorie solitamente adottate nello studio dell’emigrazione italiana.
Questa panoramica introduttiva ai lavori contenuti del numero intende sottolineare come la prospettiva transnazionale applicata alle analisi proposte non sia il tentativo di affermare una nuova definizione di “transnational” come una categoria interpretativa dell’analisi storica.
Piuttosto, abbiamo voluto evidenziare come le ricerche presentate abbiano introdotto strumenti di analisi che superavano quelli solitamente utilizzati negli studi delle tematiche affrontate. La prospettiva dei transnational studies può servire in questo senso come stimolo alla ricerca di una complessità di analisi, al servizio delle problematiche concretamente emerse nella ricerca, piuttosto che come categoria da applicare necessariamente all’oggetto di analisi.
Elisa Grandi
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GRANDI, Elisa, «Nota introduttiva», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 6, 2|2011
http://www.studistorici.com/2011/02/09/nota introduttiva-n-6-aprile-2011/ >
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