ISSN: 2038-0925

Marcel Reich-Ranicki

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Una foto sul giornale

Sapeva del viaggio in Polonia ed era cosciente che in quel viaggio il cancelliere sarebbe andato a firmare la ratifica dei confini fissati dalla guerra. Quel che non sapeva – e che non avrebbe potuto immaginare – era che ci sarebbe stato quel gesto, così spontaneo, ma al contempo così terribilmente necessario.
L’immagine l’aveva colpito e, del resto, era difficile che così non fosse. Si commosse e sentì un senso di profonda gratitudine nei confronti di Brandt. Quel gesto rappresentava un’ideale ricomposizione del suo passato con il suo presente e, forse, conteneva in sé anche una promessa per il suo futuro. Quella foto stampata sul giornale raccontava, se non tutto, molto del nuovo cammino intrapreso dalla Repubblica federale tedesca. Quel giorno Reich-Ranicki trovò la risposta alla domanda che aveva in testa da tanto tempo: «È stata una buona idea tornare in Germania?».

«Sì, è stata una buona idea», si disse. Quando nel 1958 si era trasferito a Francoforte questa certezza non le aveva.

Sì, un uomo che – senza crederci troppo – si era definito per metà polacco, per metà tedesco ed ebreo per intero non poteva non restare colpito da quella foto.

Marcel Reich-Ranicki di fronte alla fotografia di Willy Brandt in ginocchio / Reich-Ranicki si presenta a Günter Grass.

La memoria

Documentare il ghetto: Emanuel Ringelblum e Marcel Reich-Ranicki.La necessità di conservare la memoria di quello che era avvenuto – di ciò che allora stava ancora avvenendo – se la trovò davanti agli occhi nei giorni in cui lavorava per il Consiglio ebraico dentro al ghetto di Varsavia.

Fu allora che conobbe Emanuel Ringelblum. Fu allora che vide all’opera un uomo che sentiva più forte di ogni altra cosa l’esigenza di documentare il più possibile quel che stava avvenendo e di tramandarne la memoria a chi sarebbe venuto.

Fu per questa ragione che lo storico decise, assieme ad altri volontari, di creare un vero e proprio archivio della vita nel ghetto dentro a due bidoni del latte e a diverse scatole di metallo. Le nascose, confidando che qualcuno un giorno le avrebbe lette.

Anche Reich-Ranicki collaborò copiando i rapporti e le lettere più importanti della corrispondenza del Consiglio ebraico con le autorità tedesche. Tra quei documenti, che furono parzialmente recuperati dopo la guerra, c’è forse anche qualche carta dell’uomo mezzo polacco e mezzo tedesco. Ed ebreo per intero, anche se questo non è vero.

Il luogo della memoria

Quella foto sul giornale non poteva lasciarlo indifferente. Lì dove il cancelliere si era gettato in ginocchio, lui aveva perso per sempre le sue origini.

Per un uomo che aveva vissuto in molti posti diversi in troppi pochi anni di vita, che la religione l’aveva accantonata e che la lingua madre se l’era scelta, le origini non potevano che corrispondere ai suoi genitori. In quel posto, il 5 settembre 1942, il giorno della “grande selezione”, lì, su quel piazzale in cui sarebbe stato eretto il monumento agli eroi del ghetto di Varsavia, vide per l’ultima volta i suoi genitori.

L'ultimo addio ai genitori di Marcel Reich-Ranicki / Con gli occhi lucidi: Marcel Reich-Ranicki e Willy Brandt.A lui e alla sua Tosia, quella che sarebbe divenuta la compagna di un’esistenza, toccarono i “numeri della vita”, quelli che venivano assegnati a quei “fortunati” che si guadagnavano il diritto di poter continuare a restare nel ghetto in attesa dell’inevitabile.
I suoi genitori, invece, semplicemente, non furono selezionati per continuare a sopravvivere. Il frustino capriccioso di un soldato tedesco gli indicò la via che portava direttamente ai treni e, di lì, a Treblinka.

Gratitudine

A tanti anni di distanza, quando riuscì finalmente a incontrarlo, anche se era già malato da tempo. Non poté impedirsi di ringraziarlo per il suo gesto. Brandt allora gli chiese come fosse riuscito a sopravvivere. E lui raccontò, per quello che poté in quel breve scambio, quel che aveva vissuto e quel che era accaduto lì dove lui si era inginocchiato.
Al termine del racconto, uno dei due – sosteneva Reich-Ranicki di non ricordare esattamente chi – aveva gli occhi lucidi…
Sì, è stata una buona idea, tornare.

Bibliografia

  • GNAUCK, Gerhard, Wolke und Weide. Marcel Reich-Ranickis polnische Jahre, Stuttgart, Klett-Cotta, 2009.
  • GUTMAN, Israel, Storia del ghetto di Varsavia, Firenze, Giuntina, 1996.
  • KASSOW, Samuel D., Chi scriverà la nostra storia? L’archivio ritrovato del ghetto di Varsavia, Milano, Mondadori, 2009.
  • REICH-RANICKI, Marcel, La mia vita, Palermo, Sellerio, 2003.
  • RINGELBLUM, Emmanuel, Sepolti a Varsavia : appunti dal ghetto, Roma, Castelvecchi, 2013.

Sitografia

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