ISSN: 2038-0925

Nota introduttiva n. 13 – aprile 2013

di Elisa GRANDI e Giovanni VENEGONI

Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 13, 1|2013

"Guns" by post406 on Flickr (CC BY 2.0)

“Guns” by post406 on Flickr (CC BY 2.0)

Contrabbandieri, pirati e frontiere: per una storia delle pratiche informali nell’America Centrale
(XVII-XXI secolo)

… y pasó la tarde esperando su hora grande en los vericuetos del puerto negrero, entre la salsamuera humana del Caribe, pero tan absorto en su aventura que no se detuvo como siempre frente a las tiendas de los hindúes a ver los mandarines de marfil tallados en el colmillo entero del elefante, ni se burló de los negros holandeses en sus velocípedos ortopédicos, ni se asustó como otras veces con los malayos de piel de cobra que le habían dado la vuelta al mundo cautivados por la quimera de una fonda secreta donde vendían filetes de brasileras al carbón…

Gabriel Garcia Marquez, El último viaje del buque fantasma

Questo numero si propone di analizzare come le pratiche informali abbiano contribuito a costruire l’America Centrale moderna e contemporanea, con particolare riferimento all’area caraibica. Il problema delle pratiche informali e del loro contributo all’emergenza e sviluppo di istituzioni politiche ed economiche è stato molto dibattuto nella recente letteratura storiografica ed economica [1]. Peter Andreas, professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Brown University, sottolinea l’importanza del ruolo espresso dal contrabbando nel processo di costruzione della nazione americana: «These are not merely colorful smuggling stories that are otherwise marginal to the overall American historical trajectory. […] smuggling was an essential ingredient in the very birth of America» [2]. A Parigi, la giornata di studi L’organisation de la transgression: formaliser l’informel? ha tentato di fare il punto sullo stato dell’arte della questione, proponendosi di comprendere i fattori che marcavano «la zone-frontière de délimitation et de définition du formel et de l’informel» [3].

Rispetto a queste considerazioni, abbiamo tentato di aggiungere un ulteriore elemento, rifacendoci anche ad alcuni studi classici. In effetti, per tornare al contrabbando, uno dei temi più evocati ed analizzati nei saggi che compongono il numero, l’analisi di questo fenomeno come istituzione strettamente connessa al commercio atlantico è stata studiata da tempo, per quanto riguarda la storia dell’America Latina moderna [4]. Lo studio di Zacarias Moutoukias ha evidenziato, già nel 1988, un aspetto fondamentale del problema che viene ripreso dagli articoli proposti. Il confine tra legale e illegale è spesso debole e poco interessante per l’analisi. Attività legali ed illegali si compenetrano, come nel caso del contrabbando e del commercio coloniale nel Rio de la Plata nel XVII secolo: «en realidad es artificial intentar distinguir entre comercio ilegal y legal, por su mecanismo, sus circuitos, los hombres que los efectuaban y las mercancías que se traficaban, el comercio clandestino y el autorizado, formaban parte de un mismo fenómeno» [5].

Seguendo questa linea, tentare di definire le pratiche informali non ci porta necessariamente ad interrogarci sulla nozione di lecito ed illecito, tanto più che appare evidente come molte pratiche informali non siano necessariamente illegali, ma si intendano come attività che escono dall’universo delle norme formalizzate in leggi e regolamenti. Questo punto è ripreso da Geoffrey Hodgson nella sua analisi della definizione di istituzioni formali e informali proposta da Douglass North: «Some distinction between the formal and the informal is important, but this distinction is attempted in different and confusing ways by various authors. Some identify the formal with the legal and see informal rules as non legal […] In turn, if “formal” means “legal,” then it is not clear whether “informal” should mean illegal or non legal (i.e., not expressed in law)» [6].

Rimettendo in causa questi lavori e il dibattito che, dall’economia istituzionale [7], ha velocemente interessato anche la storiografia [8], il numero da un lato propone una riflessione concettuale e teorica sull’fenomeno dell’informalità, dall’altro presenta uno studio di casi, declinati in diversi periodi storici, che permettono di approfondire il ruolo delle pratiche informali nello sviluppo delle istituzioni politiche ed economiche dell’area presa in esame.

In effetti, l’America Centrale e il bacino caraibico si prestano particolarmente allo studio delle attività informali, come mostrano i numerosi studi di storia atlantica moderna e contemporanea [9]. Dalle prime fasi dell’occupazione e della colonizzazione europea e fino al XIX secolo, bucanieri, filibustieri e contrabbandieri, mantenendo una posizione non-formalizzata (Janice Thomson li definisce non-state groups [10]), divennero un elemento chiave nel processo di costruzione politica ed economica di queste aree. Nel corso del XIX secolo, congiuntamente all’enunciazione della dottrina Monroe (1823) e alla definizione del manifest destiny, gli Stati Uniti intervengono in America Centrale, ancora dominata dagli Imperi europei, alterandone le dinamiche economiche, politiche e sociali. Nel XX secolo le pratiche informali hanno continuato a svilupparsi in parallelo alle attività economiche e politiche formalizzate, in particolare per quanto riguarda il commercio, ma anche per ciò che concerne fenomeni quali la prostituzione, il turismo e la finanza. In queste zone grigie, dove la mediazione tra Stato e comunità locali ha lasciato spazi di libera azione, le agencies di contrabbandieri, pirati e avventurieri rappresentano una dinamica forma di adeguamento sociale alle normative e alle regole [11].

Questo rapporto tra pratiche informali e norme non deve intendersi come dicotomico, ma piuttosto di complementarietà. Inoltre oltrepassa la mera spazialità, interessando piani differenti per via delle molteplici identità e ambiti di azione degli attori che in questi contesti si trovano a confrontarsi [12]. Infatti, un elemento centrale evidenziato nell’analisi di queste pratiche informali è quello del loro ruolo nella nel processo di community and nation building: relazioni borderline sul piano geografico e sociale e multiculturali costituiscono l’intelaiatura delle istituzioni economiche e sociali mondo caraibico e centroamericano.

Gli articoli che compongono questo numero analizzano l’informalità nel suo rapporto con i cambiamenti economici e politici dell’America Centrale, misurandone l’impatto locale e globale e mettendo a confronto differenti approcci metodologici e disciplinari al tema. Il numero è diviso in tre sezioni:

  1. Pirateria, contrabbando ed economia informale nei Caraibi coloniali
  2. Schiavitù e filibustering nella formazione degli Stati Americani;
  3. Economia informale, frontiera e attori marginali.

Non si è scelto di tracciare un percorso diacronico, ma piuttosto di analizzare l’evoluzione di fenomeni quali la pirateria, il contrabbando, le istituzioni che ruotano attorno alla schiavitù e le costruzione di frontiere geografiche e sociali e in rapporto allo sviluppo economico e politico delle aree prese in esame. Certo, ad ognuno di questi fenomeni si associano problematiche che si sviluppano in un determinato contesto storico, che è facile riconoscere in ognuna delle tre sezioni, ma l’intento dell’operazione è stato di soffermarsi su tematiche fortemente caratterizzanti lo spazio meso-americano, riconoscendo l’importanza esercitata, al loro interno, dalle pratiche informali.

In questo senso, i saggi della prima sezione sviluppano problematiche diverse ma tutte caratterizzate dal loro rapporto con l’economia coloniale: si tratti del rapporto tra contrabbando e commercio britannico, trattato da Nadine Hunt, del rapporto tra attori informali, i sistemi economici delle Antille e il commercio coloniale descritto da Isaac Curtis, o dalla posizione liminare occupata dal piccolo commercio sviluppato a Città del Messico rispetto ai vincoli imposti dall’autorità coloniale analizzati da Robert D. Cope. I concetto di limine si associa a quello di interstizio tracciato da Caroline Laurent, che apre la sezione descrivendo i confini sfuggenti della condizione del pirata che operava nell’area caraibica a partire dal XVI secolo e le successive rappresentazioni di cui è stato oggetto.

La seconda sezione si apre con la pubblicazione, in anteprima, del primo capitolo del libro Amistad Rebellion, di Marcus Rediker, tradotto in Italiano da Feltrinelli e introdotto da un’intervista di Bill O’Driscoll. L’epopea del gruppo di schiavi africani che dopo aver preso il controllo di un cargo negriero a Cuba, furono messi a processo negli Stati Uniti e riottennero la libertà fa emergere il dibattito sullo statuto della schiavitù negli Stati Uniti e sulle sue implicazioni politiche ed economiche, in un momento fondamentale della Storia del Paese. Ma Rediker ci riporta all’altra parte della storia, quella degli schiavi africani. Questa history from below ricostruisce il viaggio dei protagonisti dell’impresa della ribellione dell’Amistad, dalla partenza dai porti africani, alle alleanze con i gruppi antischiavisti americani. Queste tematiche vengono riprese nei saggi di Alessandro Badella e Sarah Batterson. Il primo ricostruisce il filibustering di Narciso Lopez durante la prima metà del XIX secolo, al centro degli interessi schiavisti e commerciali degli Stati Uniti sull’isola di Cuba. Batterson tratta invece la questione del rinforzo delle pene contro il commercio degli schiavi mettendola in relazione alla politica commerciale statunitense.

La terza sezione svolge il tema della costruzione degli spazi di frontiera, geografica e sociale. Nel primo caso, il saggio di Jean Clot propone una riflessione concettuale sulle pratiche informali nelle regioni di frontiera, analizzando il caso della frontiera Messico-Guatemala. Valentina Abalzati tratta invece del ruolo del contrabbando nella costruzione del confine Messico-Stati Uniti. L’ultimo saggio, di Janice Argaillot, tratta invece delle pratiche informali economiche, politiche e sociali a Cuba notando il progressivo adattamento di queste pratiche al problematico “periodo speciale in tempo di pace”iniziato nel 1990 dopo il crollo dell’URSS.

I curatori ci tengono a ringraziare tutti gli autori che hanno partecipato al numero, permettendoci di presentare, con una prospettiva fortemente internazionale e interdisciplinare, un soggetto poco affrontato dalla storiografia italiana, nonostante le sue indubbie ripercussioni nella storia politica ed economica europea, tanto nell’età moderna che in quella contemporanea. Ci auguriamo che questo numero ponga le basi per un dibattito fruttuoso, che metta in relazione diverse scuole storiografiche e permetta una proficua circolazione di idee e strumenti di analisi tra le discipline storiche ed altre discipline quali l’antropologia, la sociologia, l’economia e la geografia, che hanno toccato molti dei saggi qui presentati. Ringraziamo inoltre il Professor Marcus Rediker che ha accordato a Diacronie la pubblicazione in anteprima del primo capitolo de The Amistad Rebellion, nella versione italiana di prossima pubblicazione per la casa editrice Feltrinelli. Anche all’editore va il nostro sentito ringraziamento per aver sostenuto il progetto ed in particolare a Albertine Cerutti e Bianca Maria Di Napoli per il loro aiuto logistico.
Infine, un doveroso ringraziamento a Jacopo Bassi e Gianluca Canè, caporedattore e webmaster di Diacronie, per il superbo lavoro di web editing e per l’infinita pazienza.

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NOTE


[1] Tra le più recenti pubblicazioni: NGALAWA, Harold, VIEGI, Nicola, «Interaction of formal and informal financial markets in quasi-emerging market economies», in Economic Modelling, 31, 1/2013, pp. 614‑624; MORENO MONROY, Ana, Isabel, Informality in space. Understanding the nature, role and dynamics of the urban informal economy in developing countries, Groningen, University Library Groningen, 2012; NEUWIRTH, Robert, Stealth of nations: the global rise of the informal economy, New York, Anchor Books, 2012.

[2] ANDREAS, Peter, Smuggler Nation: How Illicit Trade Made America, New York, Oxford University Press, 2013, p. XI.

[3] Giornata di studi tenuta il 29 marzo 2013 al Conservatoire national des arts et métiers (Cnam). Per il programma del colloquio, si veda: http://calenda.org/240959.

[4] Si veda: MALAMUD, Carlos, Cádiz y Saint Malo en el Comercio Colonial Peruano: 1698-1725, Cádiz, Diputación Provincial, 1986; MOUTOUKIAS, Zacarías, Contrabando y Control Colonial en el Siglo XVII: Buenos Aires, el Atlántico y el Espacio Peruano, Buenos Aires, Centro Editor de América Latina, 1988; MOUTOUKIAS, Zacarias, «Power, Corruption, and Commerce: The Making of the Local Administrative Structure in Seventeenth-Century Buenos Aires», in The Hispanic American Historical Review, 68, 4/1988, pp. 771-801; PERUSSET, Macarena, Contrabando y Sociedad en el Río de la Plata Colonial, Buenos Aires, Editorial Dunken, 2006.

[5] MOUTOUKIAS, Zacarías, op. cit., p. 216.

[6] HODGSON, Geoffrey, «What are institutions», in Journal of Economic Issues, 40, 1/2006, pp. 1-25.

[7] NORTH, Douglass Cecil, Structure and change in economic history, London-New York, W.W. Norton, 1981; NORTH, Douglass Cecil, Institutions, institutional change and economic performance, New York, Cambridge University Press, 1990; NORTH, Douglass Cecil, WEINGAST, Barry R., SUMMERHILL, William, Order, Disorder, and Economic Change: Latin America versus North America, in BUENO DE MESQUITA, Bruce, ROOT, Hilton L. (eds.), Governing for prosperity, New Haven, Yale University Press, 2000, pp. 17‑58 ; GREIF, Avner, Institutions and the Path to the Modern Economy. Lessons from Medieval Trade, Cambridge-New York, Cambridge University Press, 2006.

[8] KARRAS, Alan L., Smuggling. Contraband and Corruption in World History, Lanham, Rowman & Littlefield Publishers, 2010; KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, New York-London, New York University Press, 2012; RUPERT, Linda M., Creolization and Contraband: Curaçao in the Early Modern Atlantic World, Atlanta, University of Georgia Press, 2012; ANDREAS, Peter, op. cit.

[9] HANCOCK, David, Citizens of the World: London Merchants and the Integration of the British Atlantic Community, 1735-1785, Cambridge, Cambridge University Press, 1995; HANCOCK, David, «The Triumph of Mercury. Connection and Control in the emerging Atlantic Economy», in BAILYN, Bernard, DENAULT, Patricia L. (eds.), Soundings in the Atlantic history: latent structures and intellectual currents, 1500-1830, Cambridge, Harvard University Press, 2009, pp. 113‑140 ; KLOOSTER, Wim, Illicit Riches: Dutch Trade in the Caribbean, 1648-1795, Leiden, KITLV, 1998 ; KLOOSTER, Wim, «Inter-Imperial Smuggling», in BAILYN, Bernard, DENAULT, Patricia L. (eds.), op. cit., pp. 140‑173 ; ARMITAGE, David, SUBRAHMANYAM, Sanjay, The Age of Revolutions in Global Context, 1760-1840, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2010.

[10] THOMSON, Janice E., Mercenaries, pirates, and sovereigns: state-building and extraterritorial violence in early modern Europe, Princeton, N.J, Princeton University Press, 1994.

[11] SCHNURMANN, Claudia, Atlantic Trade and American Identities. The Correlations of Supernational Commerce, Political Opposition, and Colonial Regionalism, in COCLANIS, Peter A. (ed.), The Atlantic Economy during the Seventeenth and Eighteenth Centuries. Organization, Operation, Practice, and Personnel, Columbia, University of South Carolina Press, 2005, pp. 186‑204.

[12] GRUZINSKI, Serge, «Les mondes mêlés de la Monarchie Catholique et autres connected histories», in Annales. Histoire, Sciences Sociales, 56, 1/2001 , pp. 85-117; GRUZINSKI, Serge, Les Quatre parties du monde. Histoire d’une mondialisation, Paris, La Martinière, 2004.

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Per citare questo articolo


GRANDI, Elisa, VENEGONI, Giovanni, «Nota introduttiva n. 13 – aprile 2013», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 11, 3|2012

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