ISSN: 2038-0925

Parole in storia: TERMIDORO

di Luca Bufarale

Parole in Storia - Termidoro

La parola “termidoro” si incontra talvolta nella storia delle rivoluzioni per indicare una battuta d’arresto del processo rivoluzionario, o quantomeno un arretramento rispetto alla fase giudicata come più “avanzata” e radicale della rivoluzione stessa. Si parla, così, di “reazione termidoriana” per designare il periodo nel quale alcune conquiste (anche se non tutte) della rivoluzione vengono cancellate. Analogamente, si usa l’espressione “termidoriani” in riferimento a coloro che, pur avendo in molti casi sostenuto la rivoluzione nelle fasi iniziali, si attestano poi su posizioni più moderate nell’intento di frenare il processo rivoluzionario.
Non stupisce che un termine del genere trovi la sua origine in quello che è spesso considerato come il più significativo rivolgimento politico-sociale dell’età moderna, la rivoluzione francese. Termidoro è infatti l’undicesimo mese del calendario repubblicano in vigore in Francia dal 24 ottobre 1793 sino al 1° gennaio 1806, quando, grazie a Napoleone, viene ristabilito il tradizionale calendario gregoriano (il calendario repubblicano viene poi riesumato per poche settimane durante la Comune di Parigi nel 1871). Il mese di termidoro corrisponde al periodo che va dal 19 luglio al 17 agosto: il nome, che deriva dal greco thermós (caldo) e doron (dono), fa riferimento, così come avviene per gli altri mesi, alle condizioni climatiche e ad aspetti della vita contadina [1].
In storia, però, il termine viene usato in relazione ad un preciso evento verificatosi il 9 termidoro (27 luglio) del 1794, quando tre importanti leaders rivoluzionari e membri del Comitato di Salute Pubblica come Robespierre, Saint-Just e Couthon vengono arrestati con un decreto d’accusa votato dalla Convenzione (l’Assemblea legislativa) e condannati a morte senza processo insieme a diciannove loro seguaci. I promotori dell’iniziativa, definiti come “termidoriani” o “termidoristi”, costituiscono in realtà un gruppo piuttosto disomogeneo, comprendendo esponenti vicini alla corrente moderata degli “indulgenti”, quali ad esempio Tallien e Legendre, e personalità della “sinistra” come Billaud-Varenne, Collot d’Herbois e Barère. Ben pochi di loro hanno sin da subito la percezione della portata storica degli avvenimenti di cui sono protagonisti. Barère, ad esempio, già il 10 termidoro si affretta a dichiarare alla Convenzione che l’esecuzione di Robespierre e dei suoi seguaci, accusati al tempo stesso di “moderatismo” nei confronti dei “nemici della rivoluzione” e di mirare ad una tirannide personale, porterà ad un rafforzamento delle istituzioni repubblicane [2]. Almeno inizialmente, quindi, la giornata del 9 termidoro viene presentata da molti “termidoriani” come in perfetta continuità con la rivoluzione [3]. Il corso degli eventi, però, smentirà gli intenti dichiarati da Barère, il quale, di lì a qualche mese cade vittima, insieme ad altri termidoriani dell’ala “sinistra”, di nuove epurazioni (viene condannato alla deportazione).
Tutto il periodo che si è soliti definire come “termidoriano” e che dura almeno sino alla promulgazione della nuova Costituzione nel maggio del 1795 si caratterizza, in effetti, non tanto per la fine della politica del “Terrore”, tradizionalmente associata in particolare alla figura di Robespierre e al biennio 1793-1794, quanto per il suo mutamento di obiettivo: ad essere perseguitati ora non sono più, come in passato, gli esponenti “moderati” (girondini e indulgenti), ma quelli appartenenti all’ala “radicale” (giacobini, montagnardi e sanculotti), contro i quali si scatenano epurazioni, arresti, condanne e attacchi da parte delle bande della cosiddetta gioventù dorata (jeunesse dorée). L’eliminazione dei comitati rivoluzionari, lo scioglimento di società popolari come la Società dei difensori dei diritti dell’Uomo e l’epurazione di molti sezioni (sorta di comitati di quartiere) dominate dai giacobini si accompagnano a decisioni in materia economica ispirate ai principi del liberismo che, soprattutto in seguito all’abolizione del calmiere sulle derrate di prima necessità, scontentano profondamente le classi popolari. Coronamento della nuova politica è la già citata Costituzione del 1795 la quale, a differenza di quella del 1793 (mai entrata in vigore), restaura il suffragio censitario e sottolinea maggiormente l’intangibilità della proprietà privata (che nella Costituzione precedente era subordinata al “diritto alla sussistenza” di tutti i cittadini). Il nuovo regime repubblicano, caratterizzato dalla presenza di due assemblee legislative al posto della Convenzione e da un rafforzamento del potere esecutivo incentrato nel Direttorio, ha però breve durata e viene di fatto cancellato dal colpo di stato di Napoleone Bonaparte del 18 brumaio (9 novembre) 1799 che apre la fase del consolato e, poi, dell’impero.
L’interpretazione del Termidoro come periodo di “reazione” e di arretramento della rivoluzione (anche se parzialmente mascherato da intenti di continuità rispetto alle istanze rivoluzionarie) si è consolidata soprattutto grazie alla storiografia di orientamento democratico. Il celebre storico dell’Ottocento Jules Michelet, ad esempio, termina significativamente la sua storia della rivoluzione francese con gli eventi del 9 Termidoro [4]. Albert Mathiez, nella sua opera La reazione termidoriana del 1929, tratteggia un quadro a tinte fosche di questa fase, in cui emergono soprattutto l’affossamento dei principi democratici e il prevalere di egoismi e rivalità personali [5]. Meno negativa, ma almeno in parte simile, è la valutazione di storici di impronta marxista come Lefebvre e Soboul, i quali sottolineano come il periodo termidoriano segni da un lato il rafforzamento della classe borghese – principale protagonista della rivoluzione sin dal 1789 – e, con essa, di alcune conquiste fondamentali della rivoluzione (l’eguaglianza formale di tutti i cittadini, la separazione tra chiese e stato ecc.), comportando però, dall’altro lato, il soffocamento delle istanze di democrazia egualitaria portate avanti dal movimento popolare e da alcuni giacobini. Queste ultime, infatti, mancando di una base materiale che le potesse soddisfare ed essendo da intralcio per lo sviluppo del capitalismo, erano destinate, secondo tale interpretazione, almeno per quel momento alla sconfitta [6].
Tra coloro che, rifacendosi a questa visione storiografica (variamente messa in discussione da molti storici degli ultimi quarant’anni [7]), hanno contribuito a rendere abituale l’uso del termine al di fuori del suo contesto d’origine vi è senz’altro Lev Trotskij. Grande protagonista insieme a Lenin della rivoluzione russa del 1917 e critico impietoso di Stalin e del regime burocratico-poliziesco che si costruisce attorno a lui specie a partire dal 1923-24, Trotskij descrive lo stalinismo come un “Termidoro sovietico”. Al pari di ciò che era avvenuto in Francia dopo il 1794, anche in Unione Sovietica il regime rivoluzionario subisce a suo giudizio una progressiva degenerazione burocratica che lo conduce sino alle soglie di un bonapartismo in cui Stalin ricopre, in un certo senso, il ruolo che fu di Napoleone Bonaparte. In questo contesto, alcune conquiste della rivoluzione bolscevica come la pianificazione dell’economia o la gratuità dell’istruzione e dell’assistenza medica vengono mantenute ma il potere dei soviet operai e contadini risulta svuotato dall’interno, mentre emerge un nuovo ceto di dirigenti e burocrati.

La svolta del 9 Termidoro [in Francia] non liquidò le conquiste basilari della rivoluzione borghese, ma trapassò il potere nelle mani dei giacobini più moderati e conservatori, gli elementi più agiati della società borghese. Oggi è impossibile non vedere che anche nella rivoluzione sovietica si verificò, molto tempo fa, una svolta a destra, totalmente analoga a quella del Termidoro, anche se con un ritmo più lento e formalmente non evidente [8].

Tale paragone consente a Trotskij di distinguersi nettamente tanto dai fautori del regime stalinista sovietico quanto dai suoi oppositori borghesi: lo stalinismo è infatti il prodotto della “degenerazione termidoriana” del processo rivoluzionario, ma non è per questo assimilabile ad un regime capitalista (così come la Francia del Termidoro o di Bonaparte segna un arretramento rispetto al periodo “giacobino” ma non ancora un ritorno alla Francia pre-rivoluzionaria dei privilegi feudali).
Dopo Trotskij, diverrà piuttosto consueto l’uso della parola per indicare una fase caratterizzata dal riflusso di un processo rivoluzionario ma, al tempo stesso, inassimilabile alla controrivoluzione vera e propria. Nota a questo proposito il filosofo Bronislaw Baczko:

[…] ogni rivoluzione del XIX e del XX secolo fu ossessionata dallo spettro del proprio Termidoro, del momento in cui lo slancio della rivoluzione si sarebbe infranto ricadendo sugli stessi rivoluzionari, che si sarebbero spostati dall’altra parte, avrebbero tradito il movimento storico e gli si sarebbero rivoltati contro [9].

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NOTE


[1] Sul calendario rivoluzionario cfr. BACZKO, Bronislaw, Le calendrier républicain. Décréter l’éternité, in NORA, Pierre (sous la direction de), Les lieux de mémoire, vol. I, Paris, Gallimard, 1997, pp. 67-106.

[2] Cfr. MATHIEZ, Albert, La reazione termidoriana, Torino, Einaudi, 1950 [Ed. originale La réaction thermidorienne, Paris, Colin, 1929], pp. 20-21.

[3] Cfr. BRUNEL, Françoise, Thermidor (Neuf), in SOBOUL, Albert (sus la direction de), Dictionnaire historique de la Révolution française, Paris, Presses Universitaires de France, 1989, pp. 1030-1032.

[4] MICHELET, Jules, Storia della rivoluzione francese, 4 voll., Milano, Rizzoli, 1981.

[5] MATHIEZ, Albert, op. cit. L’interpretazione di Mathiez è stata ripresa più recentemente da GAUTHIER, Florence, Triomphe et mort du droit naturel en Révolution 1789-1795-1802, Paris, Presse Universitaire de France, 1992.

[6] LEFEBVRE, Georges, I termidoriani, Torino, Einaudi, 1952 [Ed. originale Les thermidoriens, Paris, Colin, 1946]; SOBOUL, Albert, La Rivoluzione francese, Bari, Laterza, 1964 [Ed. originale Précis d’histoire de la Révolution française, Paris, Editions sociales, 1962].

[7] Cfr. ad esempio BRUNEL, Françoise, 1794. Thermidor. La chute de Robespierre, Bruxelles, Complexe, 1989; ID., «Sur l’historiographie de la réaction thermidorienne. Pour une analyse politique de l’échec de la voie jacobine», in Annales historiques de la Révolution française, 237, 1979, pp. 455-474. Brunel sottolinea come l’importanza del 9 Termidoro come spartiacque sia stata sopravvalutata anche a causa degli stessi “termidoriani” e che la “de-giacobinizzazione” della Francia fu un processo più lento. In sé la giornata del Termidoro si caratterizza soprattutto come un renversement parlamentaire. Un’interpretazione simile è fornita anche da TULARD, Jean, Les thermidoriens, Paris, Fayard, 2005, che sottolinea anche gli aspetti positivi, in termini di rafforzamento delle istituzioni repubblicane specie nel campo culturale e scientifico, del periodo termidoriano.

[8] TROTSKIJ, Lev, «Lo stato operaio, il Termidoro e il Bonapartismo», in The New International, luglio 1935, ora in ID., La rivoluzione tradita, Milano, AC Coop Editoriale, 2000, p. 357.

[9] BACZKO, Bronislaw, Come uscire dal Terrore. Il Termidoro e la Rivoluzione, Milano, Feltrinelli, 1989 [Ed. originale Comment sortir de la Terreur. Thermidor et la Révolution, Paris, Gallimard, 1989], p. 295.

Bibliografia essenziale

Bibliografia essenziale

  • BACZKO, Bronislaw, Termidoriani, in FURET, François, OZOUF, Mona, Dizionario critico della Rivoluzione francese, Milano, Bompiani, 1988 [Ed. originale Dictionnaire critique de la Révolution française, Paris, Flammarion, 1988], pp. 371-383.
  • BACZKO, Bronislaw, Come uscire dal Terrore. Il Termidoro e la Rivoluzione, Milano, Feltrinelli, 1989 [Ed. originale Comment sortir de la Terreur. Thermidor et la Révolution, Paris, Gallimard, 1989].
  • BRUNEL, Françoise, 1794. Thermidor. La chute de Robespierre, Bruxelles, Complexe, 1989.
  • GAUTHIER, Florence, Triomphe et mort du droit naturel en Révolution 1789-1795-1802, Paris, Presse Universitaire de France, 1992.
  • LEFEBVRE, Georges, I termidoriani, Torino, Einaudi, 1952 [Ed. originale Les thermidoriens, Paris, Colin, 1946].
  • LUZZATTO, Sergio, L’autunno della rivoluzione. Lotta e cultura politica nella Francia del Termidoro, Torino, Einaudi, 1994.
  • MATHIEZ, Albert, La reazione termidoriana, Torino, Einaudi, 1950 [Ed. originale La réaction thermidorienne, Paris, Colin, 1929].
  • SOBOUL, Albert, La Rivoluzione francese, Bari, Laterza, 1964 [Ed. originale Précis d’histoire de la Révolution française, Paris, Editions sociales, 1962].
  • TROTSKIJ, Lev, «Lo stato operaio, il Termidoro e il Bonapartismo», in The New International, luglio 1935, ora in ID., La rivoluzione tradita, Milano, AC Coop Editoriale, 2000, pp. 347-360.
  • TULARD, Jean, Les thermidoriens, Paris, Fayard, 2005.

Video

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Intervista allo storico Jean Tulard

Intervista allo storico Jean Tulard su France Intel a proposito del suo libro Les Thermidoriens

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Réveil du Peuple

Un canto del periodo termidoriano: Réveil du Peuple

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