ISSN: 2038-0925

Parole in storia: DESAPARECIDO

di Gabriele TEDESCHINI

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Desaparecido è una parola che ormai ha assunto un connotato ben specifico e noto alla maggioranza delle persone. Da semplice definizione di qualcosa che è assente, che manca o che si è perso – come un mazzo di chiavi che non si riesce più a trovare, o qualsiasi altro oggetto di uso comune – è passato a designare una persona che è stata privata illegalmente della propria libertà e che permane in uno stato perenne di incertezza, intrappolata in un centro clandestino di detenzione di cui nessuno sa nulla.

Ma come si è venuto a generare questo slittamento da un significato così innocente a uno carico di violenza e ingiustizia?

Il 24 marzo 1976 l’Argentina si svegliò con un nuovo colpo di Stato che inaugurò il periodo del Proceso de Reorganización Nacional, nome con cui si autodefinì la dittatura che governò il Paese fino al 10 dicembre 1983. Lo stato d’assedio, inaugurato già l’anno precedente dal governo costituzionale della presidente Isabelita [1], venne inasprito ancora di più, arrivando all’instaurazione di una logica di eccezione [2], principio per il quale la legge si situa fuori dal sistema, per cui non si crea un’assenza di regolamentazione, ma la negazione della regola diventa la regola stessa. Così la macchina repressiva può essere liberamente messa in funzione, sottomettendo gli individui a un regime di invisibilità, di corpi cancellati, di costruzione di spazi d’eccezione [3] come i chupaderos [4], i centri clandestini di detenzione in cui l’individuo veniva assorbito, dissociato dalla realtà circostante e introdotto in una dimensione parallela, in cui la quotidianità trascorreva nei «confini più sotterranei della crudeltà e della pazzia» [5], e dove si veniva privati «non soltanto del mondo esterno, ma anche di tutta l’esteriorità immediata al di là del proprio corpo» [6].

Con la nascita delle associazioni Madres de Plaza de Mayo e Abuelas de Plaza de Mayo, nel 1977, la realtà dei desaparecidos comincia ad emergere e a mettere in difficoltà il regime. Nel 1978, poi, con il mondiale di calcio disputato proprio nella capitale argentina, la stampa estera, attirata dalle rondas delle madri intorno alla piramide di Plaza de Mayo, inizia a divulgare la realtà sofferta di migliaia di famiglie argentine che si sono viste sottrarre i propri cari durante la notte e mai più riapparsi. Messo di fronte alla situazione di dover spiegare l’assenza ingiustificata di molti cittadini argentini, il generale Videla, rispondendo alla domanda del giornalista José Ignacio López in una conferenza stampa alla Casa Rosada nel 1979, afferma:

Il desaparecido, intanto che si trovi in questa situazione, è un’incognita. Se l’uomo apparisse, bene, avrebbe un trattamento x, e se la ricomparsa si convertisse nella certezza del suo decesso, avrebbe un trattamento z. Ma mentre è desaparecido, non può avere nessun trattamento speciale. È un’incognita, è un desaparecido, non ha entità, non c’è. Non è né morto, né vivo. È un desaparecido [7].

Il desaparecido, quindi, rappresenta un’assenza, che per il regime dittatoriale significa la possibilità di proseguire con la propria politica senza alcuna opposizione e senza incorrere in reati evidenti, data la mancanza del corpo del reato. In questo modo, il regime può negare il vincolo con quelle assenze forzate, e allo stesso tempo generare un clima di sconcerto utile all’immobilismo politico. Viceversa, per le associazioni come quelle di Madres e Abuelas, ma anche quelle dei famigliari dei detenuti politici e degli scomparsi, il termine assume il connotato di denuncia della violenza dittatoriale, e di lotta per la giustizia, per la verità, e per la costruzione di una memoria collettiva [8].

Con il ritorno alla democrazia, si sente la necessità di rendere visibile ciò che era stato nascosto, quello che si voleva che la società dimenticasse, ridefinendo un nuovo patto sociale e ricostruendo una memoria collettiva [9]. È come arrivare a rigenerare una società dopo un evento traumatico che resta tale per via del silenzio, a cui deve necessariamente seguire la rivendicazione di quanto era stato escluso e reso invisibile [10]. Inoltre, si cerca di restituire il posto che corrisponde alle vittime all’interno del processo di costruzione di una memoria sociale, lontano dal silenzio e dall’oblio ai quali erano state sottomesse [11].

La società argentina ha dimostrato un’ampia partecipazione alla ricostruzione democratica e al recupero dei valori fondamentali dell’essere umano, ma si è potuta notare anche una divisione sociale già con l’inizio del Juicio a las Juntas [12], che ha fatto emergere posizioni diverse e contrastanti fra i cittadini, fra chi sosteneva l’operato dei gerarchi militari e chi lo condannava apertamente [13].

Anche l’uso della parola desaparecido assume, ancora oggi, un carico molto pesante e forte, tale che il suo uso differisce da persona a persona. Intervistando le persone coinvolte, si può notare una certa reticenza, da parte di alcuni intervistati, nell’usare questo termine [14], come per pudore e senso di rispetto; mentre per altri continua ad essere una parola facile da pronunciare, senza troppa emotività. Ma per le nuove generazioni, a partire dai figli dei desaparecidos, che hanno costituito l’associazione H.I.J.O.S. [15], il termine viene rivendicato con un valore politico e militante molto sentito: significa portare in alto lo stendardo dei 30.000 [16], di coloro che hanno lottato per un mondo migliore e che sono morti per esso, lasciando ai sopravvissuti e alle generazioni future il testimone per continuare la lotta.

Ma come vivono i sopravvissuti e come si relazionano con il loro passato e con il termine che li ha identificati per molto tempo? È difficile dare una risposta a questa domanda, perché ogni persona ha la propria storia e il suo particolare approccio al passato. Molti sopravvissuti fanno parte dell’associazione di ex detenuti-desaparecidos, nella quale trovano conforto, possibilità di ascolto e di comprensione, che magari, come molto spesso accade, non sono stati in grado di trovare una volta ritornati nella società [17]. Alcuni di loro compiono anche visite guidate nell’ex centro clandestino ESMA [18], in cui raccontano la loro esperienza rivivendo sostanzialmente il loro percorso detentivo.

Sebbene alcuni preferiscano definirsi sopravvissuti – perché il termine ricalca l’importanza di raccontare il proprio vissuto per coltivare la memoria – invece che fare riferimento al loro passato di desaparecidos, tutti condividono la chiara sensazione di essere appartenuti ad un mondo a parte, ad un’altra dimensione, retta da altre logiche [19].

Per comprendere meglio cosa significhi, bisogna andare oltre le semplici considerazioni politico- militari e puntare verso l’area semantica dell’incomprensibile, del non rappresentabile. Questo terreno è molto impervio, e costruisce un’immagine di un corpo assente che lotta per lo spazio che gli corrisponde [20]. L’idea del centro clandestino di detenzione e la particolarità del sistema concentrazionario, definito dalla Calveiro dispositivo desaparecedor [21], raggiungono un alto grado di sofisticazione ed elaborazione che si è inserito nel mondo esteriore, infondendo la sua perversione nel resto della società [22], facendo in modo che il concetto di desaparecido raggiungesse l’identità collettiva con la cifra dei 30.000, che più che un numero, identifica ormai il nome di un gruppo [23].

E il dibattito sulla memoria, e intorno al ruolo dei sopravvissuti, si concentra anche sul numero degli scomparsi. Come è stato possibile vedere poc’anzi, le associazioni per i diritti umani sono concordi nel sostenere che siano 30.000 i desaparecidos, mentre la CONADEP (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas) afferma che i casi effettivamente accertati si attestino intorno ai 9.000 [24]. Questo divario ha dato adito a molti scontri che hanno visto confrontarsi le associazioni per la memoria, la verità e la giustizia, con settori militari e civili ancora legati all’ideologia dell’ultima dittatura. In particolare, durante i lavori per la costruzione del Parque de la Memoria, a Buenos Aires, si sono levate voci contrarie da parte di alcuni esponenti militari che proseguono esplicitamente in atti di apologia dell’oblio [25]. Tali atti sono proseguiti anche a seguito dell’elezione presidenziale di Mauricio Macri, il quale in un’intervista ha detto chiaramente di non avere idea del numero dei desaparecidos e che si tratti di una «discussione senza senso» [26], dando così adito ai numerosi sostenitori del regime di riemergere dal torpore e di riattivare un contrasto sociale che si credeva superato.

D’altro canto, il nuovo significato della parola desaparecido si è diffuso anche al di fuori dell’Argentina.

Gli altri Paesi dell’ America Latina, come il Cile [27], uscito dalla dittatura di Pinochet, e il Messico, in tempi ancora più recenti, hanno adottato lo stesso termine per esprimere il loro dramma causato dal metodo di terrorismo di Stato esportato dalla dittatura del Proceso; e le Madres de Plaza de Mayo sono state d’esempio per la formazione di altre associazioni di madri in giro per il mondo, donne che condividono la perdita di quanto di più caro hanno avuto, i figli, e che sono state spinte da questa perdita ad una nuova vita di militanza politica [28]. Si sono formate, così, associazioni simili anche in paesi molto diversi tra loro, accomunati dall’aver conosciuto regimi dittatoriali, come la Turchia, la Serbia e diversi paesi africani.

Recentemente, la realtà del desaparecido è tornata di attualità. Si pensi all’Egitto di Al-Sisi, dove il numero di detenzioni arbitrarie è in crescita, e dove dissidenti e manifestanti vengono prelevati con la forza e fatti sparire nel nulla; o anche alla Turchia di Erdogan, dove la libertà di espressione trova imponenti ostacoli, e si manifestano casi di sparizioni di persone [29]. Il termine, quindi, ha fatto il giro del mondo, entrando nel linguaggio comune di molti paesi che lo hanno interpretato, e che continuano ad interpretarlo, in base alla loro cultura e alla loro storia.

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NOTE


[1] Maria Estela Martínez de Perón, terza moglie del generale Juan Domingo, già vicepresidente, che salì al seggio presidenziale dopo la morte del marito avvenuta il 1 luglio 1974. Durante il suo governo furono applicati i cosiddetti “decreti di annichilimento” (febbraio-ottobre 1975) volti all’annientamento della “sovversione” sul territorio della provincia di Tucumán, prima, e su tutto il territorio nazionale, poi.

[2] AGAMBEN, Giorgio, Homo sacer. El poder soberano y la nuda vida, Valencia, Pre-Textos, 1998.

[3] GATTI, Gabriel, «Las narrativas del detenido-desaparecido (o de los problemas de la representación ante las catástrofes sociales)», in CONfines, 2-4/2006, pp. 27-38.

[4] Letteralmente “assorbitori”, appunto perché le persone venivano risucchiate da questo sistema di terrorismo statale e annullate.

[5] CONADEP (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas), Nunca Más, Buenos Aires, Eudeba, 1987, p. 59.

[6] Ibidem.

[7] Conferenza stampa de Jorge Rafael Videla, Casa Rosada, 1979, URL:< https://www.youtube.com/watch?v=3AlUCjKOjuc&t=14s> [consultato il 28 maggio 2020].

[8] BLANES, Jaume Peris, La imposible voz. Memoria y representación de los campos de concentración en Chile: la posición del testigo, Santiago, Editorial Cuarto Propio, 2005.

[9] GATTI, Las narrativas del detenido-desaparecido, cit.

[10] BERGERO, Adriana J., Shelter Homes, Horror Dwellings: Neoliberalism and Latin American Trans-Communitarian Proposals, in ROCCO, Raymond, GARCÍA SELGAS, Fernando (coord.), Transnationalism: issues and perspectives, Madrid, Editorial Complutense, 2006, pp. 225-257.

[11] VEZZETTI, Hugo, Pasado y presente, Buenos Aires, Siglo XXI Editores, 2003.

[12] Nome che indica la serie di processi condotti per nove mesi dall’autorità civile, nel 1985, volti a chiarire le azioni commesse dalle prime tre giunte militari.

[13] VEZZETTI, Pasado y presente, cit.

[14] TEDESCHINI, Gabriele, “L’azione psicologica” del Proceso de Reorganización Nacional (1976-1983) sul processo di costruzione della memoria. Il caso specifico dei lavoratori ferroviari di Remedios de Escalada, Tesi di laurea in Storia, Università Ca’ Foscari, Venezia, a. a. 2019/2020.

[15] Hijos e Hijas por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio (Figlie e Figlie per l’Identità e la Giustizia contro l’Oblio e il Silenzio), associazione nata nel 1995.

[16] Si tratta del numero che le associazioni per i diritti umani stimano possa essere quello della totalità delle persone sequestrate e fatte sparire dal regime. Intorno ad esso si è aperto un aspro dibattito ancora in corso.

[17] RAMA, Cristian, «La re-vinculación como problemática del proceso de reaparición de los sobrevivientes de los centros clandestinos de detención en Buenos Aires», in Revista de Historia, 18, 2017, pp. 73-101.

[18] Escuela de Mecánica de la Armada, ex scuola militare navale, che funzionò come uno dei più grandi centri clandestini di detenzione. Situato nell’Avenida del Libertador, una delle strade più trafficate della città di Buenos Aires.

[19] CALVEIRO, Pilar, Poder y desaparición. Los campos de concentración en Argentina, Buenos Aires, Colihue, 1998.

[20] ACUÑA, Claudia, Crítica a Garage Olimpo, citato in GATTI, Gabriel, Las narrativas del detenido-desaparecido, cit.

[21] CALVEIRO, Pilar, Poder y desaparición, cit.

[22] VEZZETTI, Hugo, Pasado y presente, cit.

[23] GATTI, Gabriel, Las narrativas del detenido-desaparecido, cit.

[24] CONADEP, Nunca Más, cit.

[25] BLANES, La imposible voz, cit.

[26] INFOBAE, «Mauricio Macri: ‘no tengo idea si hubo 30mil desaparecidos’», 10 agosto 2016.

[27] BLANES, La imposible voz, cit.

[28] URL: [consultato il 29 maggio 2020].

[29] CALAMAI, Enrico, «Nuovi Desaparecidos», 19 maggio 2016, URL: [consultato il 29 maggio 2020].

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Bibliografia essenziale

Bibliografia

  • AGAMBEN, Giorgio, Homo sacer. El poder soberano y la nuda vida, Valencia, Pre-Textos, 1998.
  • BERGERO, Adriana J., Shelter Homes, Horror Dwellings: Neoliberalism and Latin American Trans-Communitarian Proposals, in ROCCO, Raymond, GARCÍA SELGAS, Fernando (coord.), Transnationalism: issues and perspectives, Madrid, Editorial Complutense, 2006, pp. 225-257.
  • BLANES, Jaume Peris, La imposible voz. Memoria y representación de los campos de concentración en Chile: la posición del testigo, Santiago, Editorial Cuarto Propio, 2005.
  • CALVEIRO, Pilar, Poder y desaparición. Los campos de concentración en Argentina, Buenos Aires, Colihue 1998.
  • CONADEP (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas), Nunca Más, Buenos Aires, Eudeba, 1987.
  • FORSTER, Ricardo, Después de Auschwitz. La persistencia de la barbarie, in “Isegoría”, 23, Madrid, 2000.
  • GATTI, Gabriel, «Las narrativas del detenido-desaparecido (o de los problemas de la representación ante las catástrofes sociales)», in CONfines, 2-4/2006, pp. 27-38.
  • RAMA, Cristian, «La re-vinculación como problemática del proceso de reaparición de los sobrevivientes de los centros clandestinos de detención en Buenos Aires», in Revista de Historia, 18, 2017, pp. 73-101.
  • TEDESCHINI, Gabriele, “L’azione psicologica” del Proceso de Reorganización Nacional (1976-1983) sul processo di costruzione della memoria. Il caso specifico dei lavoratori ferroviari di Remedios de Escalada, Tesi di laurea in Storia, Università Ca’ Foscari, Venezia, a. a. 2019/2020.
  • VEZZETTI, Hugo, Pasado y presente, Buenos Aires, Siglo XXI Editores, 2003.
  • VEZZETTI, Hugo, Conflictos de la memoria en Argentina. Un estudio histórico de la memoria social, in PÉROTIN-DUMON, Anne, Historizar el pasado vivo en América Latina, URL:.
  • VEZZETTI, Hugo, «Historia y Memoria», in Ciencia e Investigación, tomo 65, 4/2015, pp. 23-27.
  • VEZZETTI, Hugo, Historia y memorias del terrorismo de estado en la Argentina, Latin American Studies Centre, University of Maryland, College Park, 2001.

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Video

Videografia

1. Pregunta a Videla sobre desaparrecidos

Conferenza stampa de Jorge Rafael Videla, Casa Rosada, 1979.

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2. INFORME DE LA SITUACION – VICTOR HEREDIA

Informe de la situación, brano musicale del cantautore argentino Victor Heredia.

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3. Regreso Al Infierno “A 30 Años De La Noche De Los Lápices”

Testimonianza di Pablo Díaz, sopravvissuto alla noche de los lápices, durante una visita al centro clandestino in cui era stato detenuto, Pozo de Banfield.

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Collegamenti esterni

Pagina delle Madri di Plaza de Mayo

Pagina delle Nonne di Plaza de Mayo

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Credits

  • Miniatura: Desaparecidos by Andrés De León on Flickr (CC BY-NC-ND 2.0).
  • Video 1: Pregunta a Videla sobre desaparrecidos by CADALTV on YouTube.
  • Video 2: INFORME DE LA SITUACION – VICTOR HEREDIA by Paul Giovanni on YouTube.
  • Video 3: Regreso Al Infierno ” A 30 Años De La Noche De Los Lápices” by Francina Delgado Gómez on YouTube.

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