Focus: Il volontariato irredento e l’impresa di Fiume
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Per lunghi anni, quello del volontariato degli irredenti nelle file dell’esercito italiano – alimentato dal culto per i suoi martiri: Battisti, Filzi, Chiesa e Sauro (più complesso il caso di Rismondo) – è stato un mito nel mito della Grande guerra. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, alcuni ricercatori hanno finalmente cercato di capire le dimensioni effettive del fenomeno al di là delle narrazioni mitografiche che ne erano state realizzate, affidandosi agli archivi, precisandone la portata e i contorni. Il fenomeno è stato inoltre messo in relazione al contesto più generale del volontariato italiano nella Grande guerra, che come noto fu piuttosto limitato vuoi per i tempi della mobilitazione, vuoi per la scarsa convinzione con cui la maggior parte degli italiani affrontò la prova della guerra. Inoltre, è parso particolarmente proficuo stabilire un parallelo tra il fenomeno europeo della “comunità di agosto” e questa numericamente più piccola, ma per valori di riferimento assai simile, “comunità di maggio”: un termine che sottolinea, tra l’altro, il passaggio dalla militanza interventista a quella nell’esercito e nella marina italiani, passaggio fatto a prezzo della diserzione dall’esercito austro-ungarico e dalla conseguente pena di morte che gravava sul loro capo. In quanto alle cifre del fenomeno, va detto che una lunga tradizione, che il fascismo ha alimentato, non aveva fatto differenze tra i volontari provenienti dalle “terre irredente” effettivamente sudditi dell’impero austro-ungarico e quanti invece, benché residenti o nati in provincie dell’impero stesso, erano sudditi italiani, rientrati in patria e presentatisi ai rispettivi distretti militari di appartenenza. Ad accrescerne, sia pur assai limitatamente il numero, nell’albo d’oro dei volontari irredenti sono entrati inoltre proprio i caduti irredenti dell’impresa di Fiume: ciò intendeva sottolineare la continuità sussistente tra quella e il conflitto, ben al di là della portata enormemente diseguale degli eventi.
L’esperienza dei volontari irredenti – trentini, giuliani, fiumani e dalmati – affonda le sue radici nell’irredentismo e più in generale nella diffusione degli ideali patriottici che avevano nel Risorgimento il loro principale riferimento ideale. Anche se non mancò l’arruolamento di persone in età adulta (a partire, ad esempio, da Giacomo Venezian) si trattava in maggioranza di giovani cresciuti e formatisi nel mito di Garibaldi, cui alcuni di essi guardavano con autentica devozione. Ad educarli all’amor di patria – quella al di là del confine, cui si sentivano idealmente legati – oltre alle tradizioni familiari, erano la scuola, il culto dei classici e delle patrie lettere, l’attività sportiva svolta nelle stesse associazioni, la frequenza della Lega nazionale, talora la militanza in raggruppamenti politici come, ad esempio, la Democrazia sociale italiana: un piccolo gruppo di matrice repubblicana particolarmente battagliero e, anche per questo, attrattivo per diversi giovani del Litorale austriaco (ovvero la Venezia Giulia). Le spinte politiche all’arruolamento volontario, oltre a una diffusa matrice mazziniana, erano le più diverse: dal nazionalismo al sindacalismo rivoluzionario, da un’adesione di matrice più romantica ad una di radice esistenziale, per non dire del valore di frattura generazionale che esso incarnava. Furono poi la battaglia per l’intervento e la guerra a portare in secondo piano le differenze che tuttavia il dopoguerra fece nuovamente esplodere, quando si trattava di schierarsi a favore o contro il fascismo.
Qualcosa di simile a quanto si era verificato nell’aggregarsi del fronte interventista – e della “comunità” dei volontari – accadde anche a Fiume, luogo dove noto si ritrovarono persone provenienti dalle più diverse esperienze e tendenze politiche e dove, tra l’altro, il culto del soldato caduto non mancò di tributare onori particolari ai volontari irredenti che nel conflitto avevano perduto la vita, come del resto era accaduto in Italia già durante il periodo bellico.
Quella dei legionari fiumani, del resto, è un’esperienza che si connota decisamente per l’aspetto volontaristico: lo stesso D’Annunzio non mancò di sottolineare a più riprese la matrice “garibaldina” dell’impresa. All’interno di questa, ma anche della sua preparazione, diversi ex volontari irredenti giocarono un ruolo importante: per fare solo due nomi Ercole Miani – cui non a caso D’Annunzio affidò il comando del Battaglione volontari della Venezia Giulia – e Nino Host Venturi, creatore della Legione fiumana e animatore, in precedenza, della Sursum corda, una formazione di stampo paramilitare; molti altri ex volontari, del resto, avevano contribuito a organizzare il movimento a favore di Fiume italiana.
A ingrossare le fila del movimento furono poi molti giovanissimi che non avevano fatto in tempo a vivere l’esperienza del conflitto, e che videro nell’impresa la possibilità di colmare un vuoto che un clima di esaltazione bellica andava presentando come l’avvenimento dirimente per un’intera generazione. Inoltre, in un clima di esasperato patriottismo e nazionalismo, l’avventura fiumana appariva come l’occasione per portare a compimento il sogno dell’“Italia più grande” cui D’Annunzio aveva fatto riferimento.
Non va infine dimenticato il ruolo che diversi ex volontari irredenti giocarono nel periodo del governatorato militare della Venezia Giulia – e dunque nei difficili mesi di preparazione dell’impresa – nei ranghi dell’ufficio Informazioni truppe operanti cui spettava, tra l’altro, il compito di gestire le attività di propaganda e contropropaganda nelle grandi unità, in questo caso la III armata, largamente compromessa, ai suoi vertici, con le ambizioni nazionaliste del dopoguerra.
Bibliografia
- DOGLIANI, Patrizia, PECOUT, Gilles, QUERCIOLI, Alessio (a cura di), La scelta della Patria. Giovani volontari nella Grande guerra, Rovereto, Museo Storico Italiano della Guerra, 2006.
- RASERA, Fabrizio, ZADRA, Camillo Zadra (a cura di), Volontari italiani nella Grande guerra, Rovereto, Museo Storico Italiano della Guerra, 2008.
- TODERO, Fabio, La mistica della patria, in PUPO, Raoul, TODERO, Fabio (a cura di), Fiume, D’Annunzio e la crisi dello Stato liberale in Italia, Trieste, Irsml FVG, 2010, pp. 53-72.
- TODERO, Fabio, Morire per la patria. I volontari del Litorale austriaco nella Grande guerra, Udine, Gaspari, 2005.
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