Giovanni Giuriati
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L’Italia, innanzitutto
Avvocato, nazionalista da che possiedo la ragione, pluridecorato di guerra, ho combattuto per un’Italia forte in Europa e nel mondo. Che grande esperienza collettiva il conflitto! La Nazione come un sol uomo: un corpo organico, senza classi, depurato dalle scorie partitiche e dalle mene internazionaliste. Non ho mai patito febbri democratiche, non ho mai svenduto i miei ideali al suq parlamentare, unicamente la patria e il suo popolo per me hanno contato e contano, e in loro nome ho presieduto la benemerita associazione Trento e Trieste. Badate bene, Trento e Trieste non sono simboli in sé conchiusi, asfittici, ma evocativi di una proiezione verso nuovi orizzonti. Adriatici, primariamente. E quando le potenze riunite Oltralpe hanno osato schiaffeggiare il volto trasfigurato del soldato italiano, ho detto no.
Tessere la rete
A Parigi la Trento e Trieste ha aperto una sezione diventata Lega italiana, ma un progetto più ambizioso ha preso posto nella mia mente: annettere Fiume al regno d’Italia reclutando una milizia da porre sotto la guida di un capo carismatico. Sem Benelli? Peppino Garibaldi? D’Annunzio, trascinante e coraggioso, sembra fare al caso. Soldi, uomini, armi, questo occorre e questo ho procurato. È la mia specialità: sono un organizzatore metodico, paziente, chirurgico. Per riuscire a fare ciò che ho fatto ci vuole senso del dovere, abnegazione, capacità di giostrare dietro le quinte. Ho lasciato la città eterna, sentina di vizi, per la città olocausta, nido di virtù. Presa Fiume dai legionari, le parole Trento e Trieste hanno acquisito, finalmente, un significato completo e profondo.
Ordine vs rivoluzione
Il Comandante mi promuove suo capo di gabinetto. Le strade di Fiume ribollono di eroi e di manigoldi, pericolosamente commisti: arditi, reduci, monarchici insieme a socialisti, omosessuali, delinquenti anarcoidi. Con tale miscela emulsionata di gente che è tutto e il contrario di tutto, resteremo al palo. Bisogna dividere il grano dal loglio. Non siamo qui per fare la rivoluzione bolscevica, semmai per evitare che essa tracimi al di qua della linea, geografica e morale, che ci separa dalle steppe ventose della Russia. Il caos è moneta slava, roba da pastori asiatici, che Venezia pigliava per la collottola e incatenava alle galere, costringendoli a remare. Noi siamo latini, figli di Roma imperiale: compatti, seri, quadrati. Bisogna far cadere Nitti, dare un governo di destra all’Italia, assicurarle il predominio nell’area balcanica. E Fiume, intanto, deve respirare, occorre diplomazia. Mi sono abboccato con Badoglio e con Sforza, sottosegretario agli Esteri. È stato approntato un modus vivendi; sarà la svolta.
La tela si sfalda
Una svolta c’è stata, in peggio. D’Annunzio ha respinto l’accordo. Il 9 dicembre mi dimetto da capo di gabinetto. La mia missione, tuttavia, è lungi dal dirsi conclusa. Il vate mi offre il comando della legione del Carnaro, in quel di Zara, e io, per onorare i supremi obblighi che ho contratto con la Nazione, accetto. Non basta. Nel febbraio del 1920 sono inviato a Parigi in rappresentanza del governo militare di Fiume. Viaggio a vuoto, ché i farabutti seduti al tavolo della pace mi lasciano funghire in corridoio. E sia. Wilson progetta una Lega delle nazioni? Tento di dar vita a una Lega di Fiume. Ma troppi sono gli ostacoli. Provo a formare una coalizione anti-serba, imbarcando albanesi, montenegrini e macedoni per disgregare il neonato regno SHS. Ma troppi sono gli ostacoli. Col Trattato di Rapallo Fiume è persa e io predispongo un piano disperato per occupare Curzola. Ma troppi sono gli ostacoli.
Dal fiumanesimo al fascismo
Ritorno in Italia da sconfitto, non da vinto. Ho capito dove puntare. Alle elezioni del 1921 vengo eletto deputato coi fascisti. Prestigiosi incarichi mi attendono: ministro per le Terre liberate, ambasciatore straordinario in Sudamerica, ministro dei Lavori pubblici, presidente della Camera, segretario del PNF, senatore. Il regime crolla e con esso crollano i miti e le illusioni.
Eppure, l’impresa luminosa di Fiume, grazie alle mia penna, rimarrà nella storia. Sarà per sempre ricordata come il momento fulgido, l’attimo glorioso per eccellenza della Nazione italiana vittoriosa.
Bibliografia
- COCEANI, Bruno, «Giovanni Giuriati apostolo dell’irredentismo adriatico», in La Porta Orientale, 5-6, 1970, pp. 109-123.
- GIURIATI, Giovanni, La parabola di Mussolini nei ricordi di un gerarca, a cura di GENTILE, Emilio, Roma-Bari, Laterza, 1981.
- MANENTI, Luca G., s.v. «Giuriati Giovanni», in Atlante/Dizionario del 1915 in Friuli Venezia Giulia, URL: < http://www.atlantegrandeguerra.it/portfolio/giuriati-giovanni/ >.
- MORONI, Sheyla, Giovanni Giuriati biografia politica, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 2006.
- SIRCANA, Giuseppe, s.v. Giuriati, Giovanni Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 57, Roma, Treccani, 2001, pp. 120-123.
Sitografia
- Scheda biografica sul sito del Senato della Repubblica, URL: < http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/6c48e5794fc641b0c
125711400382de0/660400067f79f6e54125646f005c5290?OpenDocument > [IT]. - Schede biografiche sul Portale Storico della Camera dei deputati, URL: < https://storia.camera.it/deputato/giovanni-giuriati-18760804 > [IT] e < https://storia.camera.it/presidenti/giuriati-giovanni > [IT].
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