ISSN: 2038-0925

Devenir historien-ne: post #29

Prosegue la partnership avviata con Devenir historien-ne, il blog di informazione storica di Émilien Ruiz, Assistant Professor in Digital History presso il Dipartimento di Storia di Sciences Po a Parigi. Questo mese proponiamo la traduzione del post «Initier à l’historiographie avec Wikipedia (et vice versa) : retour sur une expérience pédagogique».

La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.

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Imparare a divulgare
30 novembre 2016

di Thibault Le Hégarat

Ritorno al 2016

Il progetto di ricerca su cui lavoro quest’anno mi porta ad adottare un punto di vista diverso da quello che adotto solitamente perché, pur rimanendo un ricercatore, sono comunque impegnato in un’attività divulgativa della conoscenza storica che punta a proporsi come uno strumento a disposizione del pubblico: un sito internet sulla storia del patrimonio. Dal momento che sono diventato uno storico passando attraverso la ricerca portata avanti durante il dottorato e le pubblicazioni scientifiche, dubitavo di potermi improvvisare divulgatore.
Il mio progetto di ricerca si è sviluppato nell’arco di un periodo molto breve: un anno, dall’avvio alla consegna del sito. Facendo riferimento a dei lavori esistenti, tra cui la mia tesi di dottorato, e ad un corpus che mi è familiare, comincio il mio progetto con tutto il materiale necessario; il mio tempo è quasi completamente dedicato alla preparazione dei contenuti e alla scrittura della parte redazionale. Ho capito in fretta che non avrei dovuto affrontare subito la problematica della divulgazione per il rischio di non riuscire a raggiungere il pubblico non-universitario a cui il mio progetto era destinato. Non penso, infatti, che l’attenzione a questa problematica debba riguardare solo la modalità di redazione dei contenuti, ma anche, per esempio, il momento di elaborazione dell’organizzazione del sito.

Fare riferimento a degli specialisti

Per affrontare la pratica della divulgazione della conoscenza ho innanzitutto raccolto i consigli di una ricercatrice, Edwige Lelièvre, membro dell’equipe scientifica del mio progetto. La sua esperienza in progetti precedenti che associano digitale e patrimonio mi è stata utile; nonostante lei ci abbia tenuto a precisare che, a suo parere, il suo lavoro riguarda più la valorizzazione dei monumenti storici che la divulgazione della conoscenza sul patrimonio. Mi ha comunque stimolato a considerare le multiple dimensioni della mediatizzazione contenute nel mio progetto di ricerca:

  • la mediatizzazione della conoscenza sul patrimonio;
  • la mediatizzazione degli oggetti patrimoniali contenuti nei documenti;
  • la mediatizzazione del patrimonio televisivo come gli archivi televisivi Da questa conversazione è emersa l’importanza di posizionarmi in prima persona rispetto all’utilizzo di termini come «divulgazione» e «mediazione».

Dopodiché ho desiderato chiedere consiglio ad un professionista della divulgazione e la mia attenzione si è rivolta a Jean-Christophe Piot (conosciuto su Twitter sotto lo pseudonimo @Padre Pio), giornalista e animatore di un blog di storia. Forte dei suoi 14 000 followers e dei suoi tra gli 80 e i 120.000 visitatori al mese di media, mi è sembrato un buon interlocutore a cui rivolgermi per comprendere meglio l’attività di divulgazione. Non volevo ricopiare pari pari le sue pratiche, ma ricevere dei consigli per cogliere meglio il lavoro. Volevo capire come affronta la mediazione della Storia, che tecniche utilizza e quali insidie avrei potuto evitare grazie alla sua esperienza.

Gli insegnamenti tratti dall’incontro

Mi sarebbe piaciuto cominciare questo testo dicendo che se si vuole parlare con Jean-Christophe Piot, che è generalmente «operativo» a partire dalle 6 di mattina, bisogna alzarsi presto. Avrei avuto piacere di descrivere il piccolo locale in cui ama prendere il caffè e se aggiunge lo zucchero o no, o raccontare come mescola col suo cucchiaino mentre mi parla con un sorriso sincero. Purtroppo, però, ci siamo parlati via Skype. E comunque, io non sono un giornalista. Lui invece lo è, da 20 anni. Diplomato all’IEP di Lione gli è sembrato che la sua formazione fosse troppo generalista e si è allora orientato verso un percorso approfondito di introduzione alla ricerca in storia delle religioni romane. Da quell’esperienza gli è rimasta una passione per la storia che ha deciso di coltivare su Twitter, nel suo blog e in altre pubblicazioni. Ed è proprio perché è autore specializzato in storia che io ho deciso di intervistarlo.
Le mie domande a Jean-Christophe Piot hanno riguardato i differenti punti che, allo stato attuale della mia riflessione, dovevano essere ripensati alla luce della specificità della divulgazione. Al termine del colloquio ho capito che la divulgazione opera a diversi livelli:

  • a livello di scrittura (che per me era il più ovvio);
  • nella scelta dei soggetti;
  • nella costruzione del testo;
  • nell’operare con un target di pubblico ben definito.

Le sue risposte alle mie domande indicano che Jean-Christophe Piot ha totale consapevolezza di quale sia il suo punto di partenza e di che cosa la sua situazione abbia di particolare. Così, fin dall’inizio, conoscendo i dibattiti che esistono in Francia in proposito, gli ho chiesto della parola «divulgazione». Al che lui mi ha risposto che preferisce il termine «popolarizzazione» che, a suo avviso, è connotato meno negativamente e sottintende il fatto di rivolgersi al maggior numero di persone possibili.

Volevo anche domandargli che ruolo accordasse alla divulgazione in ambito sociale; più precisamente, volevo sapere come la considerasse in rapporto a scuola, università, televisione, ecc., io ho avanzato l’ipotesi che la divulgazione potesse essere l’anello di congiunzione tra università e pubblico. Pur concordando, almeno in parte (per quanto riguarda l’uso della produzione scientifica), ritiene comunque che la divulgazione/popolarizzazione occupi uno spazio separato dal resto, in pacifica convivenza con la scuola e l’università. Questa risposta mi ha riportato alla mia posizione di partenza, perché effettivamente, pur essendo all’interno dell’università io stesso sto considerando la divulgazione. Evidentemente ancora non sono riuscito a districare la posizione scientifica e le esigenze che le sono proprie da quella di divulgatore e dalle altre logiche che vengono di conseguenza. Tuttavia, l’esperienza che il mio interlocutore ha condiviso con me si è rivelata proficua e in realtà è proprio ad una originale forma di mediazione che si è prestato spiegandomi il suo lavoro.

Lo storico e il popolarizzatore

Sulla base dello scambio avuto con lui, descriverei Jean-Christophe Piot come un professionista della scrittura, appassionato di storia, che collega lo storico di mestiere al pubblico curioso. È perfettamente consapevole delle sfide scientifiche che la storia deve affrontare e tutte le volte che deve difendere la scientificità del lavoro degli storici su Twitter o sul suo blog, o che un politico manifesta il desiderio di strumentalizzare la storia a fini di partito reagisce sistematicamente. A mio parere, è la sensibilità che Jean-Christophe Piot ha verso le implicazioni scientifiche che lo distingue da altri divulgatori, da animatori o romanzieri e gli conferisce un valore aggiunto rispetto a chi si concentra unicamente sul racconto. Le sue risposte mostrano modestia e moderazione nell’uso delle differenti tecniche di narrazione che potrebbero facilmente catturare l’attenzione del pubblico e rimanergli in testa.
Nel corso delle mie ricerche ho incrociato il concetto anglosassone di public history[], che rimanda ai professionisti della storia che esercitano al di fuori delle strutture di ricerca e dell’insegnamento superiore. Un esempio sono le persone formate in storia, anche titolari di un dottorato, che vengono assunti, in quanto professionisti/e, da strutture dedicate alla cultura (come i musei), da amministrazioni, ecc. Sono impiegati tanto per le loro competenze disciplinari quanto per svolgere un lavoro di mediazione (per il personale interno o per il pubblico esterno). A me sembra che anche i divulgatori come Jean-Christophe Piot potrebbero rientrare in questa categoria. Penso che occuparsi di storia fuori dall’università nel futuro sarà sempre più frequente.
Pur considerando che esistono sia degli storici scientifici che degli «storici pubblici» e che i due mestieri hanno competenze specifiche diverse, non credo che le due posizioni siano incompatibili. Alcuni lo fanno già e a me piacerebbe provare. Mi sembra che l’importante sia tenere sempre in considerazione il punto di partenza e il pubblico d’arrivo[].
Alla fine dell’intervista concessa da Jean-Christophe Piot rimpiango di non averla registrata integralmente. Almeno i miei appunti erano abbastanza completi e i miei ricordi abbastanza freschi da permettermi una trascrizione sufficientemente fedele al colloquio che effettivamente c’è stato. Quello che viene svolto in queste righe è quindi il non comune esercizio di riportare un’intervista ad un giornalista fatta da un ricercatore.

Linea di separazione
  1. Sul concetto di public history cfr.: EVANS, Jennifer, «What is Public History», in Public History Resource Center, 1999; WEIBLE, Robert, «Defining Public History: Is It Possible? Is It Necessary?», in Perspective in History, 2008, URL: < https://www.historians.org/publications-and-directories/perspectives-on-history/march-2008/defining-public-history-is-it-possible-is-it-necessary > [consultato il 22 gennaio 2022]. []
  2. Qualche lettura sulle sfide della mediazione del sapere scientifico: BOISIVON, François, CARRIEU-COSTA, Marie-Josèphe, GODARD, Olivier, GESLAIN-LANÉELLE, Catherine, MOATTI, Alexandre, «Le partage des savoirs scientifiques. Enjeux et risques», in Annales des Mines – Réalités industrielles, 3/2008, pp. 62-67 ; FAURY, Mélodie, « Ambiguïtés et enjeux de la vulgarisation – A partir d’une intervention de B. Jurdant », in L’Infusoir, URL : < https://infusoir.hypotheses.org/568 > [consultato il 22 gennaio 2022]; SMITH, Franck, « La vulgarisation scientifique : un enjeu politique ? », in Le Temps Imaginaire, 23 dicembre 2015, URL : < https://www.le-temps-imaginaire.fr/archives/politiques/travaux-de-l-universite/article/la-vulgarisation-scientifique-un.html > [consultato il 22 gennaio 2022]. []

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