ISSN: 2038-0925

Parole in storia: SOSTENIBILITÀ

di Irene SORRENTINO

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Sostenibilità è gradualmente diventato un concetto ineludibile per comprendere i decenni dell’età contemporanea a partire dagli anni Settanta. Onnipresente nel recente dibattito pubblico, ‘sostenibilità’ è una parola d’ordine non negoziabile che passa come un dato di fatto nel senso comune, strutturando il nostro modo di agire nel mondo e guidando le politiche che regolano il rapporto tra umani e risorse [1]. L’ampia circolazione di questa nozione spesso presuppone un uso superficiale e non sempre consapevole delle sue implicazioni semiotiche e storiche. Il termine, presentandosi come categoria formale, può “riempirsi” e declinarsi attraverso varie tipologie di sostenibilità a seconda dell’oggetto valoriale che vi si inscrive. L’intenzione di questo articolo è quella di riassumere tali declinazioni a partire da quella ambientale ed economica, per cogliere criticamente come, a fronte di tali riempimenti, lo sviluppo sostenibile sia stato affrontato da parte della governance ambientale a livello mondiale ed europeo. Infine, sono brevemente proposti i punti di partenza per un suo ipotetico e auspicato ripensamento.
Il nome deriva da ‘sostenibile’, ciò che si può sostenere, la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere indefinitamente mantenuto, sopportato o anche difeso[2]. L’accezione ambientale può essere fatta risalire al linguaggio del mondo agricolo. È sostenibile un raccolto che rispetta la soglia di sicurezza in grado di garantire una messa a valore ottimale nel rispetto dei cicli di riproduzione dei prodotti organici[3]. Tale derivazione identifica l’ambiente con le risorse naturali alla base del sistema produttivo, mettendo in risalto l’interconnessione tra ambiente ed economia.
Per quanto riguarda la declinazione prettamente economica, la prima associazione tra questione ambientale e sistema produttivo può essere fatta risalire agli anni Venti dell’Ottocento. Alcuni autori del pensiero economico classico colsero l’impossibilità di uno sviluppo sostenibile al di fuori del rispetto della ciclicità della riproduzione delle risorse naturali. Considerando il sistema economico in relazione dinamica con le risorse ambientali e le loro possibilità di rinnovamento, l’unico sbocco sostenibile risultava un equilibrio stazionario tra dimensione della popolazione, produzione e consumo costanti. In tal modo, veniva capovolta l’ipotesi della crescita illimitata, prevista dal modello smithiano che non considerava altri fattori oltre quello economico[4]. La riflessione sull’esauribilità delle risorse naturali in relazione alla crescita economica venne posta anche da John S. Mill. Questi già nel 1871 sosteneva la necessità di diminuire i consumi per garantire la sopravvivenza e il benessere delle generazioni future. Nella riflessione contemporanea sulla sostenibilità, la posterità ha un ruolo fondamentale: da un lato, vittima la cui vita è a rischio all’interno di un sistema economico basato sulla crescita illimitata[5]; dall’altro, testimone della crisi ambientale ed erede del cambiamento sostenibile[6].
In età più recente, ‘sostenibilità’ è emersa in ambito pubblico parallelamente al dibattito sui limiti allo sviluppo, riferita alla necessità di trovare un modello di sviluppo economico capace di protrarsi nel tempo e considerare la limitatezza delle risorse terrestri, su cui ogni forma di sviluppo economico si regge[7]. Il fallimento del New Deal e la crisi petrolifera del 1973 generarono un contesto di disillusione. Di fronte alla mancata promessa del sogno americano, l’allora presidente John F. Kennedy si riferì agli anni Sessanta come il nuovo decennio «delle speranze e minacce incompiute»[8]. Questo diede forma a un pubblico all’erta e attento alla riflessione che stava ormai coinvolgendo il mondo scientifico[9]. Nel 1972 un gruppo di ricerca coordinato dal Club di Roma e dal MIT, applicando la dinamica dei sistemi alla capacità di carico della Terra, raccontò con toni piuttosto apocalittici l’imminente collasso socioeconomico in The Limits to Growth, ottenendo grande risonanza[10]. Era ormai sentita l’esigenza di valutare scientificamente i rischi ambientali della crescita economica in relazione alla consapevolezza della limitatezza delle risorse naturali. Oggetto della riflessione ecologica divenne l’ecosistema in quanto sistema fisico[11]. Fornendo all’ecologia una base predittiva e quantitativa, tratta dalla fisica, il concetto ecosistemico offrì la possibilità di effettuare misurazioni scientifiche del cambiamento climatico.
A ciò fu associata la riflessione etica sul modello tecno-scientifico al servizio della crescita economica che, nell’assenza di un parametro consapevolmente condiviso in base a cui valutare decisioni collettive, si basava sul «principio dell’equivalenza tra il tecnicamente possibile ed il lecito»[12]. Tale paradigma, continuando a insistere sulla divisione economia/ambiente, non prendeva in considerazione il rischio ambientale, a meno che non fosse monetizzabile[13]. Alla fine degli anni Settanta, la critica si estese al concetto di essere umano come centro di una comunità biotica le cui leggi ecologiche non possono essere ignorate dalla ricerca scientifica né dalla crescita economica[14].

Il concetto di sostenibilità ambientale è stato introdotto nel corso della prima Conferenza mondiale sull’ambiente a Stoccolma, la United Nations Conference on the Human Environment, nel giugno del 1972[15]. La conferenza fu motrice per l’istituzione da un lato del Programma ambientale della Nazioni Unite e dall’altro del primo Programma d’azione della Comunità Europea sulla politica ambientale. Sebbene non fu in questa occasione che venne adottata l’espressione “sviluppo sostenibile”, il Pianeta in quanto ecosistema entrò a far parte delle grandi questioni internazionali, esprimendo il rapporto tra dimensione terrestre e dimensione produttiva (era l’inizio della green economy).
Nel 1987, tale presa di coscienza si materializzò con la pubblicazione del Rapporto Brundtland[16]. Il documento definì con chiarezza l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, ripensando un modello di sviluppo dinamico in modo tale che includesse differenti sfere sociali[17]. Dal Rapporto emerse chiaramente la connessione tra i problemi ambientali e la distribuzione di ricchezza e povertà nel mondo, direttamente imputabile al modello di sviluppo perseguito. La sostenibilità fu presentata come quel rapporto che chiama in causa le generazioni presenti dinanzi alla loro responsabilità nei confronti delle future, nonché la necessità di ripensare una configurazione politica e di cittadinanza democratica che crei un senso d’unità non più solo statale, ma globale[18].
Dopo la United Nations Conference on Environment and Development (UNCED) del 1992, tenutasi a Rio de Janeiro, la sostenibilità divenne il nuovo paradigma dello sviluppo stesso[19]. Da questo Earth Summit scaturì, inoltre, il programma d’azione operativo dell’Agenda 21, impegno assunto da 178 paesi di tutto il mondo[20]. La conferenza risultò fondamentale in quanto affermò l’esigenza di adottare nuove misure legislative in materia ambientale e di cambiare i modelli di produzione e consumo.
Cinque anni dopo, con il Vertice di Kyoto, si realizzò un passo indietro dal punto di vista di una rinnovata separazione tra economia ed ecologia. Tuttavia, il protocollo d’intesa garantì una vittoria per l’ambiente, almeno sulla carta, fissando per la prima volta una scadenza (2012) all’obiettivo di ridurre del 5% le emissioni gassose nocive a livello mondiale. Solo col Summit mondiale di Johannesburg del 2002 si tornerà a un parziale riconoscimento del sistema produttivo come interdipendente e interno a quello ecologico[21].

Il concetto di sviluppo sostenibile non ha visto particolari alterazioni dalla sua formulazione, continuando a oscillare nella morsa d’interessi contrastanti, tra l’accezione ambientale, sociale ed economica. Nella più recente Agenda ONU 2030[22], risalente al 2015, questi tre punti sono messi in risonanza. Combattere la povertà e la fame nel mondo, le disuguaglianze legate al genere, puntare alla qualità dell’istruzione, arginare l’impatto delle conseguenze della recente pandemia, sono alcuni degli obiettivi dello sviluppo sostenibile che affiancano la lotta al cambiamento climatico, la tutela della terra e delle riserve idriche, la ricerca di fonti d’energia pulita e la volontà di costituire comunità e città sostenibili[23].
Per realizzare un cambiamento all’insegna dell’ecologia è necessaria una comune riformulazione del concetto di sostenibilità, che includa ma allo stesso tempo superi ogni economicismo[24]. Da un lato risulta essenziale pensare alla questione ecologica in relazione dinamica col sistema produttivo. Dall’altro, relegando il concetto di sostenibilità a quello di sviluppo sostenibile, si limita l’obiettivo all’ambito economico, rischiando di insistere col paradigma della crescita. ‘Sviluppo’ indica intrinsecamente il cambiamento crescente di uno stato, una proiezione futura che paradossalmente contrasta con l’idea di mantenimento costante sottesa, come abbiamo detto, a ‘sostenibilità’[25]. Questo sposta l’attenzione al ripensamento non solo del paradigma sostenibilità, ma dell’intero processo produttivo. Un cambiamento sostenibile vedrebbe invertito il rapporto produzione-consumo, per cui attualmente non si produce per risponde ad una domanda, ma si deve consumare per continuare a produrre per ottenere reddito per consumare[26].
In conclusione, la cultura della sostenibilità dovrebbe determinare una vera e propria «piccola rivoluzione copernicana»[27], ripensando per intero il regime eco-logico dell’attuale modello di sviluppo[28]. Problematico all’interno della sopracitata Agenda rimane il rapporto umani-natura. L’urgenza impone la riscrittura di un’alterità immanente partendo dal decentramento dell’umano, per cogliere la natura umana in relazione di coappartenenza con la natura intesa come «ambiente abitato» . Il Pianeta diventa così una figura per ripensare lo spazio transnazionale di una rinnovata storia umana e naturale coincidenti, in cui l’impegno politico e istituzionale venga assunto a livello mondiale[29].

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NOTE


[1] DELEUZE, Gilles, GUATTARI, Felix, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Roma, Cooper Castelvecchi, 1980, p. 126.

[2] s.v. «Sostenibile», SERIANNI, Luca, TRIFONE, Maurizio (a cura di), Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana 2012, Milano, Mondadori, 2011, p. 2714.

[3] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità. Dai limiti della crescita alla genesi dello sviluppo, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 66.

[4] TREZZA, Bruno, «Il mito dello sviluppo sostenibile», in CALISSANO, Pietro et al. (a cura di), Frontiere della vita, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1999, URL: < https://www.treccani.it/enciclopedia/il-mito-dello-sviluppo-sostenibile_%28Frontiere-della-Vita%29/ > [consultato il 7 agosto 2022].

[5] Ibidem, p. 5.

[6] Cfr. LORUSSO, Anna Maria, «Pensando al futuro: memoria e posterità», in Versus, 2/2020, pp. 313-330.

[7] Cfr. anche BOULDING, Kenneth, The economics of the coming Spaceship Earth, in JARRET, Henry (ed.), Environmental Quality in a Growing Economy, Baltimore, John Hopkins University Press, 1966. Per una lettura più recente sui limiti dello sviluppo, in prospettiva neomarxista, cfr. MOORE, Jason W., Ecologia-mondo e crisi del capitalismo. La fine delle nature a buon mercato, Verona, Ombre Corte, 2015. Moore sostiene che il funzionamento del capitalismo, basandosi sull’appropriazione a buon mercato, se non totalmente gratuita, di natura e forza-lavoro, attualmente si trova in crisi in quanto le risorse sono diventate un costo importante nei processi di produzione, la capacità di riproduzione di queste risorse è estremamente ridotta, l’esternalizzazione dei costi ambientali è sempre più difficile e onerosa.

[8] Dal “Presidential Nomination Acceptance Speech” di John F. Kennedy, 15 luglio 1960, J. F. Library Foundation, URL: < http://www.jfklibrary.org/JFK/Historic-Speeches.aspx > [consultato il 7 agosto 2022].

[9] Già nel 1962 la biologa marina Rachel Carson aveva lanciato l’allarme rispetto agli effetti devastanti sulla salute umana e sull’ambiente di alcune attività umane; Cfr. CARSON, Rachel, Primavera silenziosa, Milano, Feltrinelli, 1999.

[10] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 33.

[11] Termine coniato da Arthur Tansley nel 1871. Cfr. TANSLEY, Arthur, «The Temporal Genetic Series As a Means of Approach to Philosophy», in Ecosystems, 5/2002, pp. 614-624.

[12] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 50. «L’essenza della tecnica moderna si può declinare nel passaggio dal vecchio ideale artigiano del “saper fare” al “dover fare” della società industriale. Conseguentemente il “mondo naturale” viene inteso esclusivamente come “fondo per l’impiego” e non semplice “fysis”»; Ibidem, p. 48. Cfr. anche ARENDT, Hannah, Vita activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1958, pp. 193-194: tale concezione condiziona la maniera di agire sulla Terra «come se ne disponessimo dall’esterno», mirando ad acquisire completa padronanza sulla natura anche «a rischio di mettere a repentaglio i processi naturali della vita».

[13] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 102. Per esempio, valutare il benessere sociale in base al PIL non comprende quelle situazioni in cui un danno ambientale risulta fonte di guadagno economico. Si veda in merito DALY, Herman, Un’economia per il bene comune, Como, Red Edizioni, 1994.

[14] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 44. Vedi anche Bateson e la sua critica alla disgiunzione uomo-natura originatasi dalla Rivoluzione Industriale, frutto di un’idea antropocentrica su cui si era basato il progresso tecnico-scientifico; BATESON, Gregory, Mind and Nature. A Necessary Unity, New York, Dutton, 1979.

[15] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 61.

[16] Brundtland Report, eponimo della presidente della Commissione e allora presidente del Governo norvegese, è l’abbreviazione di UN. SECRETARY-GENERAL E WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT, Report of the World Commission on Environment and Development: “Our common future”, New York, United Nation Digital Library, 1987.

[17] Lo sviluppo va ripensato in termini di sostenibilità in modo tale che «soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere alle loro. […] Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali»; Ibidem, p. 71, trad. mia.

[18] La questione ambientale, in un’epoca storica votata alla globalizzazione e allo sconfinamento dei territori statali da parte della dimensione economica, comporta il ripensamento di uno spazio politico transnazionale, che superi l’obsolescente separazione tra storia umana e storia naturale, lasciando, ad ultimo, entrare nella dimensione politica il Pianeta; GIARDINI, Federica, «Cosmopolitiche. Ripensare la politica a partire dal cosmos», in Kaos/Chosmos, 13, 2013, pp. 147-163, p. 156.

[19] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 63.

[20] Ibidem, p. 118, nota 20.

[21] Ibidem, p. 65.

[22] RISOLUZIONI E DOCUMENTI SULL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, 25 settembre 2015, URL: < https://unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/Agenda-2030-Onu-italia.pdf > [consultato il 7 agosto 2022].

[23] BERNARDI, Valerio, DE MARCO, Lia, GATTI, Gianluca, «‘Pensare’ uno sviluppo sostenibile. Alcune riflessioni a margine dell’Agenda-ONU 2030», in Logoi, 18, 2021, pp. 255-269, p. 259.

[24] Ibidem, p. 268.

[25] VALERA, Luca, «La sostenibilità: un concetto da chiarire», in Economia & Diritto Agroalimentare, 1/2012, pp. 39-53, p. 51.

[26] Ibidem, p. 46.

[27] SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità, cit., p. 59.

[28] MOORE, Jason W., Ecologia mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 30.

[29] GIARDINI, Federica, «Cosmopolitiche. Ripensare la politica a partire dal cosmos», cit., p. 149.

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Bibliografia essenziale

Bibliografia essenziale

  • BERNARDI, Valerio, DE MARCO, Lia, GATTI, Gianluca, «‘Pensare’ uno sviluppo sostenibile. Alcune riflessioni a margine dell’Agenda-ONU 2030», in Logoi, 18, 2021, pp. 255-269.
  • BOULDING, Kenneth, The economics of the coming Spaceship Earth, in JARRET, Henry (a cura di), Environmental Quality in a Growing Economy, Baltimore, John Hopkins University Press, 1966.
  • GIARDINI, Federica, «Cosmopolitiche. Ripensare la politica a partire dal cosmos», in Kaos/Chosmos, 13, 2013, pp. 147-163.
  • MOORE, Jason W., Ecologia-mondo e crisi del capitalismo. La fine delle nature a buon mercato, Verona, Ombre Corte, 2015.
  • SENATORE, Gianluca, Storia della sostenibilità. Dai limiti della crescita alla genesi dello sviluppo, Milano, Franco Angeli, 2013.
  • TREZZA, Bruno, «Il mito dello sviluppo sostenibile», in CALISSANO, Pietro et al. (a cura di), Frontiere della vita, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1999, URL: < https://www.treccani.it/enciclopedia/il-mito-dello-sviluppo-sostenibile_%28Frontiere-della-Vita%29/ > [consultato il 7 agosto 2022].

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Sitografia

Sitografia

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Galleria di immagini

Galleria di immagini

World Model Standard Run as shown in The Limits to Growth by YaguraStation on Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0)

1. World Model Standard Run as shown in The Limits to Growth.

Boutros Boutros-Ghali by United Nations Photos on Flickr (CC BY-NC-ND 2.0).

2. United Nations Conference on Environment and Development (UNCED) – or Earth Summit – 3 giugno 1992.

Credits

  • Immagine 1: World Model Standard Run as shown in The Limits to Growth by YaguraStation on Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0).
  • Immagine 2: Boutros Boutros-Ghali by United Nations Photos on Flickr (CC BY-NC-ND 2.0).

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