L’atelier de l’historien-ne: post #39
Nasce con questo primo post la nuova rubrica L’atelier de l’historien-ne. Questo mese proponiamo la traduzione dei post «Du lien entre recherche et enseignement (1)» e «Du lien entre recherche et enseignement (2)», pubblicato sul blog Acquis de conscience, curato da Caroline Muller.
La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.
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di Caroline Muller
Il carico di lavoro che l’insegnamento comporta questo semestre non mi permette di portare avanti attività approfondite di ricerca. Questo allontanamento – non leggere né scrivere per i lunghi mesi in cui sto insegnando in modo intensivo – mi ha fatto molto riflettere sulla maniera in cui si rimane ricercatori/ricercatrici anche quando si svolge attività di docenza.
Tengo un corso di storia del XIX secolo in cui affrontiamo diverse tematiche: storia materiale e storia del lavoro, ma anche storia delle sessualità e delle emozioni. Ho completa libertà nello strutturare il corso. Dopo tre anni, ho dovuto fare un passo indietro sulla programmazione del corso e l’approccio su cui si fonda.
Ovviamente, i miei interessi scientifici condizionano sempre le scelte delle tematiche e dei documenti che propongo di studiare nel mio programma. Ho anche incluso estratti di trascrizioni dalle fonti che ho utilizzato per la mia tesi: una negoziazione del matrimonio nelle élite. Non potendo trattare tutta la storia del XIX secolo in un semestre, i temi su cui lavoriamo sono il risultato di una selezione che porta le tracce della mia curiosità per la storia sociale e di genere.
Più nello specifico, è stato nel corso delle mie ricerche che ho sviluppato il mio personale approccio alle tematiche di cui mi occupo. All’interno del corso, la storia di genere non viene affrontata come “un’unità” a sé stante o come una sottocategoria “donne”, ma è completamente integrata nella riflessione generale, che riguardi il lavoro, la squadra economica formata dalla coppia o il pubblico delle pratiche religiose. Cerco di mantenere sempre un punto di vista che collega classe e genere, in modo da abituare studenti e studentesse a non riservare questa attenzione esclusivamente agli argomenti che trattano esplicitamente di mascolinità e femminilità e aiutarli a comprendere che un approccio sensibile alla questione può arricchire qualsiasi aspetto della vita economica e sociale. Vorrei trasmettere una storia che non nasconde i rapporti tra i generi – e le donne – sotto il manto dell’universalità e, parallelamente, insisto molto sulla storia delle classi popolari, la storia operaia e quella del mondo contadino. So che la scelta potrebbe essere oggetto di critica, perché chi è al primo anno ha bisogno anche di punti di riferimento in storia politica, ma io preferisco che studenti e studentesse comincino da una storia “dal basso”, che non tralascia l’esperienza di chi rappresentava la maggioranza della popolazione.
I miei corsi sono momenti di condivisione dei risultati delle mie ricerche ed è possibile divulgare studi condotti da qualcun altro/a anche per chi ha appena cominciato l’università. In classe abbiamo appena cominciato a trattare l’anticlericalismo e ho potuto sviscerare le mie ipotesi sul legame tra genere, anticlericalismo, famiglia e politica. Solo qualche tempo fa, invece, la lezione sulla coppia e il matrimonio è stata occasione per sviluppare le conoscenze acquisite di recente nel mio lavoro di tesi: in questo modo non sono mai troppo lontana dalle mie fonti, neanche quando insegno.

Fonte : Veduta dell’anfiteatro del jardin des plantes – Gallica.
La vicinanza tra ricerca e insegnamento si ritrova anche in altri aspetti del lavoro in classe: i due tradizionali esercizi francesi che prevedono il commento di un documento e una tesina argomentativa (dissertazione), per esempio, sono momenti di riattualizzazione di gesti storici – anche se non sempre se ne ha la consapevolezza.
La cosa più evidente è il ripetere, settimana dopo settimana, la metodologia per criticare un documento che viene proposto. Nei corpus che utilizziamo abbiamo le nostre abitudini: ci sono persone specializzate in immagini, altre in archivi amministrativi, altre ancora che sanno decifrare i libri contabili. Il tempo in cui mi occupo di fare un commento scientifico ad un documento è un momento di approfondimento delle mie stesse conoscenze. Nel preparare le lezioni mi ispiro alle analisi condotte da colleghi/e ed al metodo che altri/e scelgono di adottare nei confronti di quei documenti che io non ho mai avuto l’occasione di utilizzare durante i miei studi. Per esempio, ho recentemente dato da studiare il testo di una canzone sull’esperienza dei viaggiatori in stazione. Per l’inquadramento mi sono ispirata a Darnton[↩], che ha chiesto ad una cantante di riprodurre la melodia delle canzoni satiriche che utilizza nel suo lavoro. È stata l’occasione per fare il punto sulle problematiche tipicamente legate alle tracce sonore e farli/e riflettere sulla possibile traiettoria futura del tema “testo di una canzone”. Insegnare a fare una recensione critica vuol dire cercare di mettere studenti e studentesse nella stessa situazione in cui ci troviamo tutti/e quando siamo di fonte ai documenti che analizziamo per i nostri studi. Significa trasmettere tanto un gesto quanto un contenuto. Ed è vero anche per le tesi, seppur in misura minore: si impara che senza un esempio a supporto non si può affermare nulla, uno specchio un po’ artificiale delle note a piè di pagina della scrittura accademica.
Il collegamento tra ricerca e insegnamento viene riallacciato anche ogni qualvolta si insiste sul concetto dei saperi in costruzione. Del resto, è una delle difficoltà che si riscontrano quando si lavora con studenti e studentesse della triennale: mostrare che esistono più maniere di interpretare uno stesso avvenimento senza lasciar intendere che tutto sia relativo e nessuna conoscenza possa essere considerata veramente “affidabile”. L’espressione stessa di “critica” è spesso mal compresa: chi sta iniziando ad approcciarsi allo studio ha spesso difficoltà nel distinguere il gesto critico (inteso come l’interrogarsi sulle condizioni di produzione di un sapere, sulla vita di un’informazione, o la solidità delle ipotesi di una dimostrazione) e la critica personale (ipotizzare che un autore stia mentendo, che uno/a storico/a “si sbagli”…). Quando adottiamo questa mentalità non smettiamo mai di riformulare, anche per noi stessi/e, le questioni che riguardano la nostra pratica della storia.
- Robert Darnton (New York, 10 maggio 1939), è uno storico statunitense specializzato nella storia della Francia del XVIII secolo.
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