ISSN: 2038-0925

L’atelier de l’historien-ne: post #40

Per la nuova rubrica L’atelier de l’historien-ne, questo mese proponiamo la traduzione del post «Ecrire quand même. Pistes pour l’étude de la place des femmes dans le développement de la littérature catholique au XIXe siècle», pubblicato sul blog Acquis de conscience, curato da Caroline Muller.

La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.

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Scrivere comunque. Percorsi di studio sul ruolo delle donne nello sviluppo della letteratura cattolica del XIX secolo
9 dicembre 2015, aggiornato il 10 febbraio 2016

di Caroline Muller

Tra le infinite urgenze che la fine di un semestre porta con sé, mi sono presa il tempo di reimmergermi per un attimo nella mia tesi. Mi piacerebbe approfondire alcune riflessioni riguardo all’approccio alla scrittura delle donne delle élite del XIX secolo – e soprattutto alla questione della visibilità del loro operato nel contesto dello sviluppo della letteratura religiosa.
Secondo le mie fonti, la maggior parte delle donne che scriveva alla propria guida spirituale – o sul proprio diario – presto o tardi esprimeva anche il desidero di scrivere per essere letta. Queste donne volevano la possibilità di apportare il proprio contributo ai dibattiti e alle polemiche del secolo, che si trattasse di istruzione (che ruolo doveva occupare la Chiesa nel sistema di istruzione francese?) o di «scienza cattolica» che tentava di mettere insieme il progresso scientifico e il metodo critico con la fede e i principi religiosi. Desideravano anche partecipare alla diffusione pratica della carità e dei modelli spirituali che erano loro cari. Questo desiderio di coinvolgimento si traduceva nella volontà di scrivere: manuali educativi, biografie edificanti, confutazioni ad attacchi intellettuali, romanzi.

Alla contessa di Menthon sarebbe piaciuto scrivere un’opera, sotto forma di una sorta di guida di geografia spirituale, per indicare ai visitatori di Annecy quali luoghi, collegati a François de Sales, avrebbero potuto visitare:

Deciderete, Padre, se è il caso di proseguire in questo progetto o lasciare perdere. Per me è molto importante cosa ne pensate: la vostra disposizione può far funzionare o far fermare ogni cosa, perché la guida è la vostra. Tanto più non mi piace il lavoro, tanto più mi sento docile.
(22 ottobre 1862)[]

Ancora prima di proporgli il progetto, la contessa aveva redatto la prefazione, allegata alla lettera.

Da parte sua, invece, la viscontessa d’Adhémar aveva elaborato un trattato sull’istruzione femminile da sottomettere all’abate Frémont:

In sette o otto anni il mio compito materno sarà terminato. L’avrò fatto per ventinove anni e ne avrò cinquanta […]. Da molto tempo mi chiedo che cosa ne sarà. Le mie idee cominciano ad organizzarsi e mi vedo dedicata al processo di istruzione della gioventù. Ho pensato di lasciare qualche consiglio scritto.
(13 luglio 1891)[]

Pur diverse tra loro, pensavano anche entrambe alla futuribilità della corrispondenza con la propria guida spirituale: per esempio, Marguerite Ubicini.

Di fronte a tutto questo, le reazioni delle guide spirituali erano contrastanti. Potevano porre un netto rifiuto o fare come Dupanloup che, prima di dire alla contessa di Menthon di abbandonare il progetto, aveva lasciato passare un po’ di tempo:

Riguardo al mio lavoro, sapevo che non saremmo stati d’accordo, ma permettetemi di dirvi, Padre, in tutta libertà e con gioia, perché fermarmi mi dà soddisfazione. Nonostante nella vostra lettera voi non vi siate spiegato, so di non essere abbastanza precisa da poter fare bene ciò che vorreste venisse fatto, che è molto sintetico e definito. Non ho neanche la mente abbastanza allenata da riuscire a fare quello che mi immaginavo, ovvero far conoscere agli stranieri, e ancor meglio alle persone del paese, in che punti i nostri santi hanno toccato il suolo della nostra patria.
(6 aprile 1863)[]

Oppure potevano tentare di canalizzare il desiderio di scrittura delle donne che si affidavano a loro in compiti che giudicavano più adatti: traduzioni o riassunti documentari a partire da opere già esistenti. Le donne erano sistematicamente le piccole mani operaie delle imprese editoriali dei loro riferimenti spirituali: trascrivevano lettere, rileggevano manoscritti e testi di conferenze, traducevano. Mi sembra che queste collaborazioni, nonostante fossero la condizione necessaria al rapido sviluppo che ha avuto la letteratura cattolica, non siano mai state studiate.

A volte era anche possibile che il progetto proposto dalla donna venisse accettato: l’abate Frémont aveva incoraggiato la pubblicazione della viscontessa d’Adhémar e l’aveva supportata in ognuna delle fasi editoriali: dalla rilettura del manoscritto alla strategia di diffusione.

Generalmente, però, le donne venivano dissuase dai loro avventurosi progetti. Rilanciavano il discorso normativo che mira ad inculcare nelle donne la cancellazione del sé: firmare un libro significava volersi mettere in mostra in un modo giudicato sconveniente, voleva dire rivendicare un’individualità e delle opinioni personali da difendere anche al di fuori della «sfera privata». Loro erano perfettamente consapevoli della natura della reticenza dei loro interlocutori, tanto da sviluppare vere e proprie strategie atte a convincerli della pertinenza dei progetti di pubblicazione – e soprattutto della loro compatibilità con il modello di femminilità cattolica. Se alcune sceglievano di scommettere sui giochi di potere tra un sacerdote e l’altro, altre suggerivano di nascondere il nome di chi ha scritto l’opera: in modo da allontanare il sospetto di volersi affermare nello spazio pubblico – e il rischio di peccare d’orgoglio. Ecco la proposta di Arthémise de Menthon:

Se scrivessi questo libro, per me sarebbe di fondamentale importanza che voi manteneste il segreto: lo considero un peccato e ci vorrebbe una cassaforte a parte. Per fargli da “padrino” cercherei un abate abbastanza umile e discreto e lo lascerei farsi carico di tutto, senza occuparmene…
[]

Proponeva quindi di pubblicare l’opera tramite prestanome. La stessa possibilità era stata contemplata anche dalla viscontessa d’Adhémar e da madame Radowska, ma per Dupanloup non era sufficiente e il progetto era stato interrotto.

E per quanto riguarda le altre? Quante opere redatte da donne hanno alimentato il già considerevole mercato della letteratura religiosa del XIX secolo senza essere firmate dalle loro autrici?
Le strategie che le donne impiegavano pur di scrivere potrebbero aver avuto come diretta conseguenza la loro invisibilizzazione – la condizione indispensabile per scrivere e occupare un posto nello spazio editoriale.

Linea di separazione
  1. Vous déciderez, mon Père, s’il faut s’arrêter à ce projet, ou le laisser la. Je tiens à ce que vous prononciez : votre commandement peut tout enrayer ou tout faire marcher, car vous avez la conduite. Je me sens d’autant plus docile que je n’aime précisément pas le travail. (22 octobre 1862)
  2. Dans sept ou huit ans ma tâche maternelle sera terminée. J’y aurai travaillé pendant vingt neuf ans. J’aurais alors cinquante ans. […] Mais quel sera ce travail ? Je me le demande depuis longtemps. Mes idées commencent à se classer et je vois que je me consacrerai à l’éducation de la jeunesse. J’avais pensé donner quelques conseils écrits. (13 juillet 1891)
  3. Quand à mon petit travail je savais bien que nous ne serions pas du tout d’accord, permettez moi de vous le dire mon Père, en toute liberté et avec joie, car cela me donne d’abord la satisfaction d’en rester là. Quoique dans votre lettre vous ne vous soyez pas expliqué, je me doute que je n’ai pas l’esprit assez précis pour bien faire le peu que vous voudriez qui fut fait, qui est un précis très succinct et très net. Je n’ai pas non plus l’esprit assez appliqué pour bien faire ce que j’imaginerais qui est de faire connaître aux étrangers, et encore mieux aux gens du pays, tous les points par lesquels nos saints ont touché le sol de notre patrie. (6 avril 1863)
  4. Ce que je tiendrais par dessus tout comme nécessité, si je faisais ce livre, c’est que vous m’en gardiez le secret : je considère cela comme un péché et il y faut un coffre à part. Je chercherais un abbé assez humble et assez discret pour en être le parrain, et je le laisserais courir sans plus m’en occuper…

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