L’atelier de l’historien-ne: post #46
Per la nuova rubrica L’atelier de l’historien-ne, questo mese proponiamo la traduzione del post «D’un paradigme environnementaliste à un paradigme industrialiste ? Théories médicales et pollutions durant la première industrialisation», pubblicato sul blog Regards sur l’IRHis: le carnet des doctorant.e.s
La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.
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di Samy Bounoua
Lavorando sui movimenti di opposizione all’inquinamento industriale nel Nord della Francia e in Belgio durante la prima industrializzazione, ho cominciato a riflettere sull’evoluzione delle teorie mediche e ambientali. Effettivamente, una grande parte delle resistenze di cui mi sono occupato erano motivate da considerazione sanitarie: «l’aria che respiro è sana?», «l’industria mi avvelenerà e mi farà ammalare?». Queste erano le domande che ci si poneva.
Da un paradigma «ambientalista» a un paradigma «industrialista»: un’ipotesi proposta dagli/dalle storici/e degli inquinamenti
Per comprendere l’importanza di queste domande bisogna tornare alla teoria dominante in materia sanitaria tra la fine del XVIII e la seconda metà del XIX secolo: il neoippocratismo. Il testo di riferimento per la maggior parte dei medici del periodo è il Trattato delle arie, acque e luoghi, in cui Ippocrate spiega che un ambiente deteriorato è inevitabilmente patogeno e pericoloso, non solo per le persone, ma anche per le società. Per conservare una buona salute generale e preservare la società dalla degenerazione è dunque necessario assicurarsi la conservazione di condizioni ambientali ottimali.
Il neoippocratismo si appoggia su due ulteriori teorie: la teoria dei climi – che postula che il clima agisca inevitabilmente sull’uomo e viceversa – e la teoria dei miasmi – che afferma che la corruzione degli ambienti naturali riempia l’atmosfera di sostanze tanto invisibili quanto pericolose per la salute.
Queste teorie sono divenute parte della communis opinio a tal punto che possono essere considerate un vero e proprio paradigma nel senso kuhniano del termine: sono coerenti con le idee, le convinzioni, i valori, i metodi… in sostanza, con tutti i preconcetti che venivano condivisi dai membri di una comunità di studiosi[↩]; nello specifico, il gruppo di cui parliamo è costituito da medici e igienisti. Jean-Baptiste Fressoz e Favien Locher qualificano questo paradigma come «climatico»; oggi potremmo considerarlo «ambientalista»[↩].
Due opere fondamentali per comprendere il modello kuhniano e il concetto di “paradigma” (copertine delle prime edizioni: rispettivamente 1962 e 1977).
Fatta questa premessa, gli/le storici/e dell’ambiente hanno recentemente sottolineato che con il progresso industriale gli studiosi hanno sempre più relativizzato, se non negato, l’impatto delle emissioni e dei rischi sanitari che esse portano con sé[↩]. Jean-Baptiste Fressoz ha evidenziato un processo di «disinibizione» rispetto ai rischi tecnologici e ambientali, processo che si è tradotto con una «produzione scientifica e politica di una certa incoscienza modernizzatrice»[↩]. Afferma che il «paradigma climatico» perde importanza con l’avanzare del XIX secolo, contestualmente alla rilevanza assunta invece da «l’igiene pubblica», il cui obiettivo principale è «eliminare i focolai d’infezione che minano la società»[↩]. . «L’igienismo è un industrialismo», scrive Jean-Baptiste Fressoz, perché trasformerà l’industria nell’alleato della salute, invece che nella sua nemica[↩].Ovviamente non bisogna vedere nell’igienismo uno strumento esclusivamente al servizio della promozione degli interessi dei nuovi imprenditori; i suoi sostenitori volevano sicuramente risolvere le «anomalie» (sempre nel senso kuhniano del termine[↩]) intrinseche alle teorie derivanti dal paradigma ambientalista. Secondo il dott. Louis-René Villermé, per esempio, famoso per le ricerche sociali condotte nella Francia settentrionale, la mortalità e la morbilità delle classi operaie sono spiegate molto meglio dalla povertà che dall’insalubrità[↩] e per migliorare le sorti di queste categorie sociali bisognerebbe anzi incoraggiare l’industria in quanto fonte di arricchimento generale. Tramite l’igiene, si passerebbe così da un paradigma ambientalista ad un «paradigma industrialista»[↩].
Il libro di Jean-Baptiste Fressoz L’apocalypse joyeuse.
Ciononostante, i cittadini continuano a temere l’inquinamento industriale come la peste. Pur non opponendosi all’industria in modo radicale, le loro proteste sono tantissime. Solo per citare un esempio: il 16 luglio 1837 alcuni proprietari di Valenciennes presentano una petizione al viceprefetto dell’arrondissement (il sig. Jaussaud), per lamentarsi dello stabilimento di una fabbrica di cloruro di potassio – appartenente al sig. Bonjour – nei sobborghi di Parigi. Secondo i cittadini, le emanazioni «deleterie» di questa fabbrica «producono un odore irritante che causa soffocamenti, nausee e mal di testa»[↩]. Il Conseil de salubrité emette un avviso per rispondere alle proteste degli abitanti. Gli esperti incaricati «hanno osservato che non era stata presa alcuna precauzione per neutralizzare il disagio dei vapori acidi prodotti dall’evaporazione dei liquidi». Tuttavia, chi redige il rapporto aggiunge di seguito che «bisogna anche […] tenere conto dell’esagerazione che colpisce sempre qualsiasi novità e degli errori che si insinuano anche nella buona fede più sincera. […] Come si può credere che il vapore delle caldaie possa produrre asfissia, nausee e mal di testa? Cosa contiene oltre all’acqua? […]»[↩].
In questo esempio sembra che trovi conferma l’idea secondo cui il paradigma ambientale si indebolisce a favore di un paradigma industrialista più in linea con gli imperativi dello sviluppo economico. La fabbrica del sig. Bonjour non sarebbe altro che un fastidio inoffensivo[↩], che potrebbe essere facilmente limitato dall’applicazione di qualche semplice misura: alzare la canna fumaria a 33 metri per facilitare l’espulsione dei gas maleodoranti.
Valenciennes e le sue canne fumarie fumanti, in STIÉVENARD, Abel, Topographie historique et médicale de Valenciennes, Valenciennes, Prignet, 1846, p. 204. Per Stiévenard, i fumi sono, prima di qualsiasi altra cosa, segnale della prosperità e della ricchezza della Francia settentrionale e non sono per forza indicatori di problemi o rischi sanitari. Una manifestazione dell’influenza del paradigma industrialista?
Un’ipotesi da sfumare
Ciononostante, è opportuno puntualizzare la narrazione del cambiamento di paradigma. Secondo Thomas Kuhn, un cambiamento di tale portata si concretizza tramite una vera e propria «rivoluzione scientifica» che scredita il vecchio paradigma. Tuttavia, analizzando le fonti della storia ambientale della Francia settentrionale ai tempi della prima industrializzazione, si può notare che il paradigma ambientalista, con il suo seguito di timori suscitati dai miasmi dell’industria, è ben lontano dallo sparire all’ombra di uno stravolgimento epistemico generalizzato[↩].
In particolare, si osserva che gli studiosi che lavorano al Conseil de salubrité du Nord non prendono sempre le parti dei proprietari delle fabbriche. Restiamo a Valenciennes per spiegare ciò che intendiamo. Nel luglio 1842 una nuova petizione lanciata da Le «Courrier du Nord» viene indirizzata al sindaco di Valenciennes Claude-Joseph Direz. Contiene delle proteste contro i fumi emanati da un’altra fabbrica di cloruro di potassio, costruita anch’essa nei sobborghi di Parigi, e appartenente a Hamoir, Dubrunfaut & co. I cittadini e le cittadine affermano che «gli odori infetti e malsani che si esalano e si espandono in lungo e in largo, dato che la città stessa non può loro sfuggire, disturbano nel modo più spiacevole coloro che abitano nei pressi e riducono notevolmente il valore delle loro proprietà»[↩]. Il Conseil de salubrité viene sollecitato e determina che la fabbrica «non è legalmente autorizzata e che, in ogni caso, non utilizza le procedure adeguate»[↩]. In un ulteriore rapporto si afferma che «non sono timori chimerici a far parlare i firmatari»[↩].
Estratto del giornale di Valenciennes «Le Courrier du Nord» del 14 luglio 1842. In questo estratto si vede come, nonostante tutto, cittadini e cittadine siano lontani/e dall’opporsi radicalmente all’industria.
In linea generale, la consultazione dei lavori del Conseil de salubrité du département du Nord ci conduce a concludere che gli esperti in igiene pubblica siano stati ampiamente attenti ai danni che l’industria può arrecare all’ambiente. Contrariamente a ciò che afferma Alain Corbin, ripreso poi da Jean-Baptiste Fressoz, l’igienismo non è stato solo «propedeutico al progresso»[↩]. Del resto, bisogna senza dubbio operare una distinzione tra i pareri dei medici, dei farmacisti, dei chimici e degli ingegneri, che non sono tutti ugualmente vicini agli interessi industriali e convinti dal paradigma industrialista[↩]. È necessario constatare che, negli ultimi decenni della prima industrializzazione, i cambiamenti di paradigma ancora non sono presenti. Non ci trovano neppure delle sovrapposizioni di paradigma[↩], caratteristiche solitamente dei «periodi transitori» che necessariamente precedono le «rivoluzioni scientifiche». Una visione industrialista del mondo emerge, ma non sembra avere sufficiente forza per poter veramente competere con il suo equivalente ambientalista, quantomeno nel Nord della Francia. Abbiamo più che altro a che fare con una graduale frammentazione del consenso scientifico sulle teorie medicali e ambientali. Non è che nell’ultimo terzo del XIX secolo, con lo sviluppo della microbiologia, che permette di identificare dei «precisi e microscopici colpevoli» e non più solo «la generalità delle cose circostanti» , che il vecchio paradigma viene superato[↩].
- Il concetto di paradigma nel modello di Thomas Kuhn è molto complesso da definire in modo sintetico. È stato definito con chiarezza dalla’autore in: KUHN, Thomas, The essential tension. Selected studies in scientific tradition and change, Chicago, Chicago University Press, 1977 [trad. it.: La tensione essenziale. Cambiamenti e continuità nella scienza, Torino, Einaudi, 1985].
- All’epoca alla parola “ambientalista” non veniva attribuito il senso attuale del termine; era confusa con il concetto medico di circumfusa («cose circostanti») e con quello di «clima». Cfr. FRESSOZ, Jean-Baptiste, LOCHER, Fabien, «Le climat fragile de la modernité. Petite histoire climatique de la réflexivité environnementale», in La vie des idées, 62, 1/2015, pp. 48-78.
- JARRIGE, François, LE ROUX, Thomas, La contamination du monde. Une histoire des pollutions à l’âge industriel, Paris, Seuil, 2017, pp. 137-149 ; LE ROUX, Thomas, DE SéDOUY, Charlotte, «La fabrique de l’impunité industrielle. Comment l’économie est devenue plus importante que la santé», in Z: Revue itinérante d’enquête et de critique sociale, 13, 2020, pp. 66-73.
- FRESSOZ, Jean-Baptiste, «Biopouvoir et désinhibitions modernes: la fabrication du consentement technologique au tournant des XVIIIe et XIXe siècles», in Revue d’histoire moderne & contemporaine, 60, 4-5/2013, pp. 122-138. Questa tesi viene sviluppata nel suo libro: ID., L’Apocalypse joyeuse. Une histoire du risque technologique, Paris, Seuil, 2020.
- JORLAND, Gérard, Une société à soigner. Hygiène et salubrité publiques en France au XIXe siècle, Paris, Gallimard, 2010, p. 12.
- FRESSOZ, Jean-Baptiste, L’Apocalypse joyeuse, cit., pp. 193-205.
- «La scoperta è cominciata con la consapevolezza di un’anomalia, cioè l’impressione che la natura, in un modo o nell’altro, contraddica i risultati attesi dal paradigma che governa la scienza normale» in KUHN, Thomas, op. cit.
- VILLERMÉ, Louis-René, «De la mortalité dans les divers quartiers de la ville de Paris», in AHPML, t. 3, 1830, pp. 294-339.
- L’espressione è utilizzata da François Jarrige e Thomas Le Roux (op. cit., p. 141.). Cfr. anche: LE ROUX, Thomas, «Pollution», in BOURG, Dominique, PAPAUX, Alain, (dir.), Dictionnaire de la pensée écologique, Paris, PUF, 2015, pp. 794-796.
- Sembra che la petizione non sia stata conservata. Le citazioni provengono da un rapporto fatto al Conseil central de la salubrité pour le Préfet du Nord, Lille, 2 novembre 1838. AD du Nord, op. cit. Si può ritrovare anche nel Rapport sur les travaux du Conseil central de salubrité du département du Nord, pendant les années 1838, 1839 et 1840, Lille, Danel, 1842, pp. 60-64.
- Rapport au Conseil central de salubrité pour le Préfet du Nord, cit.
- Come scrive Jean-Baptiste Fressoz: «Dans le vocabulaire administratif du début du XIXe siècle, la notion d’incommodité ne désigne pas le contraire de la commodité, mais qualifie la situation qui précède (et nie) l’insalubrité». FRESSOZ, Jean-Baptiste, op. cit., p. 198. In italiano: «Nel vocabolario amministrativo dell’inizio del XIX secolo, la nozione di scomodità/fastidio non indica l’opposto della comodità, ma qualifica la situazione che precede (e nega) l’insalubrità».
- Thomas Kuhn non elabora le «rivoluzioni scientifiche» in modo ingenuo, ma descrive bene la resistenza «inevitabile e legittima» degli antichi paradigmi rispetto alle nuove teorie. Cfr.: KUHN, Thomas, op. cit.
Il periodo indicato come «rivoluzione» quindi può essere anche relativamente lungo (ma si può allora parlare veramente di «rivoluzione» ?). - Le Courrier du Nord, 14 luglio 1842, p. 2.
- L’Écho de la frontière, 13 agosto 1842, p. 2.
- Rapport sur les travaux du Conseil central de salubrité du département du Nord, pendant les années 1845 et 1846, Lille, Danel, 1847, p. 37.
- CORBIN, Alain, Le temps, le désir et l’horreur. Essais sur le XIXe siècle, Paris, Flammarion, 1991, p. 194, citato in FRESSOZ, Jean-Baptiste, op. cit., p. 193.
- È quello che suggerisce: MASSARD-GUILBAUD, Geneviève in Histoire de la pollution industrielle. France, 1789-1914, Paris, Éditions EHESS, pp. 170-179.
- Come scrive Thomas Kuhn «durant la période transitoire, il y a chevauchement, important mais jamais complet, entre les problèmes qui peuvent être résolus par l’ancien et par le nouveau paradigme. Mais il y a aussi des différences décisives dans les modes de solution». Cfr. KUHN, Thomas, op. cit. In italiano: «durante il periodo transitorio, si verificano importanti accavallamenti, ma mai completi, tra i problemi che possono essere risolti sia dal vecchio che dal nuovo paradigma. Ma si presentano anche decisive differenze nelle modalità di risoluzione».
- FRESSOZ, Jean-Baptiste, LOCHER, Fabien, op. cit.
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