ControVersa: La transizione spagnola (1975-1982): la storiografia tra mito e anti-mito
di Andrea TAPPI, Javier TÉBAR HURTADO
.
Oltre il modello
Il termine “transizione spagnola” designa il processo storico generalmente compreso tra la morte di Francisco Franco nel novembre del 1975 e la vittoria del Psoe di Felipe González alle elezioni politiche dell’ottobre del 1982: una periodizzazione che la colloca all’interno della terza delle ondate di democratizzazione su scala globale (1828-1926; 1943-1962; 1974-) enucleate dal politologo statunitense Samuel P. Huntington[1]. Le transizioni politiche costituiscono un oggetto di studio privilegiato degli scienziati sociali e quella spagnola è assurta a paradigma per orientare tanto i processi di cambiamento politico degli stati latinoamericani del Cono Sur come dei paesi dell’Europa orientale negli anni Ottanta e Novanta del Novecento. Gli elementi costitutivi di questo modello sono l’assenza di conflitto e la dimensione consensuale, all’insegna della riconciliazione nazionale. Si tratta di una rappresentazione senza ombre che le istituzioni dello stato democratico spagnolo hanno fortemente sostenuto ma che richiede tuttavia una revisione critica, sfumandone l’immagine stereotipata e ampiamente diffusa. A distanza di decenni dagli eventi è opportuno e auspicabile discernere tra le narrazioni pubbliche e l’analisi in sede storiografica.
.
Mito e anti-mito
Nel corso degli anni le rappresentazioni sulla transizione spagnola si sono infatti moltiplicate, al punto che, dal costituire la pietra di fondazione dell’attuale democrazia spagnola, essa è passata a essere additata come responsabile dell’impunità del franchismo e dell’oblio delle sue vittime, e a essere accusata del vizio di origine di una democrazia difettosa. Si può ragionevolmente affermare che queste narrazioni costituiscono le due facce della stessa medaglia dell’uso pubblico della transizione: quella del mito e dell’anti-mito.
La narrazione mitica (o egemonica) si lega a una lettura accompagnata dalla teoria della modernizzazione e delle élite. Per un verso, infatti, enfatizza lo sviluppo economico e sociale degli anni Sessanta come fattore decisivo per spiegare la successiva democratizzazione, in quanto la Spagna franchista si lasciava alle spalle un’arretratezza secolare che l’aveva allontanata dall’Europa e le aveva impedito di partecipare al processo di modernizzazione che avrebbe poi incorporato la democrazia. Per un altro, individua una serie di personalità che sembrerebbero operare in solitario al cospetto di una società apatica, indifferente e inattiva. Tale interpretazione sottolinea il ruolo determinante di pochi attori di spicco, come il re Juan Carlos I e il secondo presidente del governo del dopo Franco, Adolfo Suárez, ma anche dei principali esponenti dell’opposizione quali Felipe González e il segretario del Partito comunista spagnolo, Santiago Carrillo, chiamati in causa al fine di sottolineare il carattere consensuale del processo transizionale. Elemento cruciale è l’accento posto sull’azione intelligente e perspicace di Suárez, che avrebbe operato seguendo una agenda precostituita sulla via della democratizzazione. La narrazione egemonica è stata ampiamente diffusa negli anni Novanta grazie alla serie-documentario della televisione pubblica spagnola La Transición, che ha posto il monarca al centro del processo quale elemento propulsore del cambiamento[2]. All’inizio degli anni Duemila è stata la volta della serie di enorme successo Cuéntame cómo pasó, anch’essa prodotta dalla televisione di stato (oltre 400 episodi dal 2001 al 2023), che coniugava una prospettiva familiare e familista basata sulla nostalgia del passato con la narrazione edulcorata della transizione[3]. Questa nostalgia e questo protagonismo di personalità già legate al regime di Franco concorrono a richiamare il cosiddetto “franchismo sociologico”, una definizione benevola fatta propria dalle destre che rivaluta la seconda fase del franchismo a partire dagli anni Sessanta come tappa matura e moderata in grado di preparare il paese verso un’evoluzione in senso democratico. In realtà, dato il carattere pianificato del processo, questa narrazione è associabile a un approccio meccanicistico e teleologico[4]. Un ulteriore ingrediente è poi l’aspetto aconflittuale della transizione quale emerge anche dal confronto con la Seconda Repubblica del 1931: un pericoloso precedente da evitare, in quanto frutto di un radicalismo divisivo sfociato nella guerra civile e nella sconfitta[5]. Di fatto, la presunta natura pacifica e consensuale della transizione appare oggi funzionale a moderare le incertezze e le frizioni della politica, specialmente quando le difficoltà di raggiungere accordi parlamentari sono lette dalle forze politiche conservatrici come un tradimento dello spirito della transizione.
La seconda narrazione, quella dell’anti-mito, considera la transizione come una truffa, come un tradimento di segno opposto rispetto al precedente. Ha cominciato a prendere forma negli anni Novanta e ha guadagnato grande seguito con la rinnovata ascesa dei movimenti memorialisti e la crisi del sistema politico bipolare spagnolo, nel pieno delle politiche di austerità successive alla grande recessione del 2008 e nel quadro di un nuovo ciclo politico caratterizzato dalla comparsa, nel 2011, del movimento 15-M. Questa contro-narrazione ha contribuito a coronare quella tappa storica con il costrutto deteriore del cosiddetto “regime del ’78”[6], in riferimento alla costituzione approvata nel dicembre di quell’anno, presentando la transizione come il “pozzo di tutti i mali” della società spagnola, responsabile delle insufficienze della democrazia e dello stato sociale[7]. Una peculiare e poco attendibile “teoria del tutto” che, sorprendentemente, lascia fuori dall’analisi la stessa evoluzione del processo di consolidamento della democrazia e, quindi, i decenni che l’esperienza del sistema democratico stesso ha accumulato. Tale approccio contesta la natura esemplare del processo di transizione e insiste sulle continuità tra dittatura e democrazia. In particolare, la legge di amnistia del 1977 che di fatto ha reso impossibile giudicare gli apparati repressivi di Franco viene presa a simbolo del fallimento di un processo transizionale che non ha permesso di epurare le strutture dello Stato franchista. Come nella narrazione egemonica, un’interpretazione prosopografica rovesciata vuole i capi dell’opposizione antifranchista colpevoli di aver tradito il popolo o di non essere stati all’altezza della situazione, rinunciando alla richiesta di un cambiamento radicale e di un recupero delle istanze e dei simboli repubblicani. Il risultato sarebbe una democrazia incompleta e a bassa intensità, che avrebbe perso l’opportunità di consolidarsi attraverso la rottura piuttosto che il consenso istituzionale. Questa narrazione, se pure ha il merito di ridimensionare la visione edulcorata della transizione, non dà il dovuto peso all’azione dal basso che invece ebbe un ruolo chiave per impedire la sopravvivenza del franchismo, né considera l’effettiva correlazione di forze. Al ritenere la transizione come il vizio di origine dell’attuale situazione politica, essa finisce per degenerare in una valutazione imprecisa delle reali possibilità dell’opposizione in quegli anni e per riconoscere un ruolo preminente alle élite al governo, che avrebbero imposto la loro tabella di marcia in assoluta autonomia.
.
Storiografia
Al di là di queste due narrazioni esiste un ampio consenso storiografico che nel metodo e nel merito tende a sfumare e a problematizzare le due letture precedenti[8]. Lungi da rappresentazioni apologetiche o denigratorie ma ugualmente semplicistiche e strumentali, le più attente interpretazioni insistono sulla necessità di affinare strumenti critici necessari per analizzare un fenomeno storico complesso come la transizione. Certamente, non fu perfetta né esemplare né pacifica – non solo per il terrorismo, ma anche per la repressione governativa e per i cinque tentati colpi di stato. L’epurazione in ambiti strategici come la giustizia o gli apparati di sicurezza fu deficitaria e lo stato non si è venuto costruendo su una memoria antifranchista che desse priorità alla verità, alla giustizia e alla riparazione delle vittime di Franco – solo nel 2007 su iniziativa del socialista Zapatero venne approvata la “legge della memoria storica” che ben presto si è però rivelata insufficiente. Senza scadere in una sorta di presentismo, ma sforzandosi di calarsi in quello specifico contesto, tali letture suggeriscono di affrontare una pluralità di variabili quali i rapporti di forza, i traumi legati alla memoria della guerra civile, la natura violenta della transizione e le mobilitazioni sociali[9]. Uno degli elementi centrali in questo senso è proprio il progressivo superamento di un approccio esclusivamente rivolto agli aspetti istituzionali a favore di una maggiore e più approfondita attenzione per la storia sociale e per la prospettiva dal basso. Ciò ha contribuito a far uscire dal cono d’ombra in cui era relegata tutta la componente connessa all’effervescenza rivendicativa nel mondo del lavoro e del mondo cattolico, dei movimenti di quartiere, carcerari, femministi, omosessuali, ambientalisti, studenteschi, di obiezione di coscienza, ecc. Il che ha implicato non solo una migliore conoscenza della società e delle forze di opposizione al franchismo[10], ma ha contribuito a gettare luce sugli sviluppi politici negli anni successivi alla morte di Franco. Tre in definitiva sono gli elementi che emergono dalla ricostruzione storiografica: in primo luogo, nel 1975 i due progetti continuisti del regime franchista (quello falangista e quello tecnocratico reazionario) risultavano ormai delegittimati; in secondo luogo, coloro che auspicavano una reale democrazia (non una pseudo-democrazia post-franchista) erano all’opposizione, nella società più che nelle élite al potere; infine, la pressione sociale ebbe un peso determinante affinché queste ultime compissero il passo decisivo per lo sviluppo del processo di transizione.
Nel contesto della svolta storiografica nella storia del comunismo in Francia, seguente al crollo dell’URSS e all’apertura degli archivi di Mosca, avvenuta all’inizio degli anni Novanta, è stato riattivato un discorso che tendeva a criminalizzare l’intera esperienza comunista e a denunciare l’antifascismo come un «mito» [6], in particolare a partire dalle osservazioni di Stéphane Courtois [7]. Nella biografia di Boris Souvarine scritta da Jean-Louis Panné, pubblicata nello stesso periodo, compare il paradigma dell’illusione e del fascino: l’ex dirigente della Section française de l’Internationale communiste (SFIC) vi è presentato come «il primo disincantato dal bolscevismo»
Gli studi su queste linee interpretative, contestualmente a una nuova sensibilità da parte dello Stato verso il territorio e ai problemi sorti dallo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, sembrano esaurirsi dopo aver raggiunto il loro apice alla fine degli anni Novanta. Successivamente, è emersa una crescente miniaturizzazione caratterizzata da approfondimenti di storia locale, che ha contribuito a rendere più sfaccettata e particolareggiata la vicenda bonificatrice, abbandonando in sostanza la dimensione politica . Dopo essere stato bibliotecario presso l’Institut d’histoire sociale, fondato da Souvarine, nonché segretario di quest’ultimo, Panné ha collaborato negli anni Novanta con Stéphane Courtois e ha contribuito con lui alla stesura de Le livre noir du communisme, la cui pubblicazione si inserisce nell’aggiornamento dell’interpretazione totalitaria del fenomeno comunista nelle scienze sociali
.
Una narrazione pubblica critica e fondata
Non si tratta dunque di mettere in discussione la rilevanza storica degli esponenti politici riformisti, quanto piuttosto di considerare che la loro azione va inserita nella cornice di un confronto-negoziazione con le dinamiche in atto nel paese reale[11]. Rispetto alle narrazioni di comodo, tutto ciò restituisce un quadro complessivo sicuramente più credibile in cui la transizione spagnola appare un processo aperto e ad alta conflittualità sociale, pieno di incertezze e privo di una tabella di marcia predefinita, che non si risolse grazie a una rottura, ma certamente con una rottura[12]. D’altronde – ed è persino ovvio – il carattere problematico di un processo storico come la transizione richiede qualcosa di più del bianco e nero, del mito e dell’anti-mito. Nonostante i progressi della storiografia e in attesa di valutare le ricadute della legge sulla memoria democratica del 2022 che condanna pubblicamente la dittatura franchista e riconosce il diritto alla memoria di chi ne soffrì la persecuzione e le violenze, molto è ancora da fare per costruire una narrazione pubblica del passato che sia critica e fondata storicamente. Ne va anche e soprattutto della capacità degli storici di incidere in ambiti decisivi per la formazione di una cittadinanza attiva e consapevole, a cominciare dalla scuola spagnola dove invece la rappresentazione mitica della transizione continua a farla da padrone[13].
.
NOTE
[1] HUNTINGTON, Samuel P., La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Bologna, Il Mulino, 1998 [ed. or.: 1991]. ↑
[2] PASAMAR, Gonzalo, «¿Cómo nos han contado la Transición? Política, memoria e historiografía (1978-1996)», in Ayer, 99, 2015, pp. 225-249, URL: < https://revistaayer.com/sites/default/files/articulos/99-9-ayer99_transicionesIbericas.pdf > [consultato il 4 marzo 2024].↑
[3] RUEDA LAFFOND, José Carlos, GUERRA GÓMEZ, Amparo, «Televisión y nostalgia. The Wonder Years y Cuéntame cómo pasó», in Revista Latina de Comunicación Social, 64, 2009, pp. 396-409, URL: < https://nuevaepoca.revistalatinacs.org/index.php/revista/article/view/1189 > [consultato il 4 marzo 2024].
↑
[4] CANALES CIUDAD, Daniel, «El relato canónico de la Transición. El uso del pasado como guía para el presente», in El Futuro del Pasado, 4, 2013, pp. 513-532, URL: < https://revistas.usal.es/uno/index.php/1989-9289/article/view/24768/23473 > [consultato il 4 marzo 2024]. ↑
[5] AGUILAR, Paloma, Políticas de la memoria y memorias de la política. El caso español en perspectiva comparada, Madrid, Alianza, 2008. ↑
[6] RODRÍGUEZ LÓPEZ, Emmanuel, Por qué fracasó la democracia en España. La Transición y el régimen del 78, Madrid, Traficantes de Sueños, 2015.↑
[7] NAVARRO LÓPEZ, Vicenç, Bienestar insuficiente, democracia incompleta, Barcelona, Anagrama, 2015.↑
[8] YSAS, Pere, «Ni modèlica ni immodèlica. La transició des de la historiografia», in Franquisme & Transició, 1, 2013, pp. 273-287, URL: < https://raco.cat/index.php/franquismeitransicio/article/view/n1-ysas/395225 [consultato il 4 marzo 2024].↑
[9] BABY, Sophie, El mito de la transición pacífica. Violencia y política en España (1975-1982), Madrid, Akal, 2018. ↑
[10] YSÀS, Pere, La crisis de la dictadura franquista, in MOLINERO, Carme (ed.), La Transición, treinta años después, Barcelona, Península, 2006, pp. 27-58. DOMÈNECH I SAMPERE, Xavier, «El cambio político (1962-1976). Materiales para una perspectiva desde abajo», in Historia del Presente, 1, 2002, pp. 46-67, URL: < https://historiadelpresente.com/revistas/numero-1-2002-la-sociedad-espanola-durante-el-segundo-franquismo/ > [consultato il 4 marzo 2024]. ↑
[11] SAZ, Ismael, Y la sociedad marcó el camino. O sobre el triunfo de la democracia en España (1969-1978), in QUIROSA-CHEYROUZE MUÑOZ, Rafael (coord.), La sociedad española en la Transición. Los movimientos sociales en el proceso democratizador, Madrid, Biblioteca Nueva, 2011, pp. 29-42.↑
[12] MOLINERO, Carme, YSÀS, Pere, España: una transición compleja y conflictiva, in MOLINERO, Carme, YSÀS, Pere (coords.), De dictaduras a democracias. Portugal, España, Argentina, Chile, Granada, Comares, 2020, pp. 71-110.↑
[13] TAPPI, Andrea, TÉBAR HURTADO, Javier (dir.), La Transición española en las aulas. Historia y memoria en la enseñanza secundaria, Madrid, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2023. ↑
.
Bibliografia essenziale
-
- AGUILAR, Paloma, Políticas de la memoria y memorias de la política. El caso español en perspectiva comparada, Madrid, Alianza, 2008.
- ALCÁNTARA, Pablo, La Secreta de Franco. La Brigada Político-Social durante la dictadura, Barcelona, Espasa, 2022.
- ÁLVAREZ JUNCO, José, Qué hacer con un pasado sucio, Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2022.
- BABY, Sophie, El mito de la transición pacífica. Violencia y política en España (1975-1982), Madrid, Akal, 2018.
- BALLESTER, David, Las otras víctimas. La violencia durante la Transición (1975-1982), Zaragoza, Publicaciones de la Universidad de Zaragoza, 2022.
- BUSQUETS, Julio, LOSADA, Juan Carlos, Ruido de sables. Las conspiraciones militares en la España del siglo XX, Barcelona, Crítica, 2003.
- CANALES CIUDAD, Daniel, «El relato canónico de la Transición. El uso del pasado como guía para el presente», in El Futuro del Pasado, 4, 2013, pp. 513-532, URL: < https://revistas.usal.es/uno/index.php/1989-9289/article/view/24768/23473 > [consultato il 4 marzo 2024].
- CASALS I MESEGUER, Xavier, La transición española. El voto ignorado de las armas, Barcelona, Pasado & Presente, 2016.
- DOMÈNECH I SAMPERE, Xavier, «El cambio político (1962-1976). Materiales para una perspectiva desde abajo», in Historia del Presente, 1, 2002, pp. 46-67, URL: < https://historiadelpresente.com/revistas/numero-1-2002-la-sociedad-espanola-durante-el-segundo-franquismo/ > [consultato il 4 marzo 2024].
- FOWERAKER, Joe, La democracia española. Los verdaderos artífices de la democracia en España, Madrid, Arias Montano, 1990 [1.ª ed. 1989].
- FUENTES ARAGONÉS, Juan Francisco, «“Lo que los españoles llaman la transición”. Evolución histórica de un concepto clave», in Mélanges de la Casa de Velázquez, 1, 2006, pp. 131-149, URL: < https://journals.openedition.org/mcv/2359 > [consultato il 4 marzo 2024].
- HUNTINGTON, Samuel P., La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Bologna, Il Mulino, 1998 [ed. or.: 1991].
- MOLINERO, Carme, YSÀS, Pere, España: una transición compleja y conflictiva, in MOLINERO, Carme, YSÀS, Pere (coords.), De dictaduras a democracias. Portugal, España, Argentina, Chile, Granada, Comares, 2020, pp. 71-110.
- NAVARRO LÓPEZ, Vicenç, Bienestar insuficiente, democracia incompleta, Barcelona, Anagrama, 2015.
- PASAMAR, Gonzalo, «¿Cómo nos han contado la Transición? Política, memoria e historiografía (1978-1996)», in Ayer, 99, 2015, pp. 225-249, URL: < https://revistaayer.com/sites/default/files/articulos/99-9-ayer99_transicionesIbericas.pdf > [consultato il 4 marzo 2024].
- RADCLIFF, Pamela, «Si ocurrió en España, ¿por qué no en cualquier otra parte?», in Pasajes. Revista del Pensamiento Contemporáneo, 29, 2009, pp. 109-119.
- RODRÍGUEZ LÓPEZ, Emmanuel, Por qué fracasó la democracia en España. La Transición y el régimen del 78, Madrid, Traficantes de Sueños, 2015.
- RUEDA LAFFOND, José Carlos, GUERRA GÓMEZ, Amparo, «Televisión y nostalgia. The Wonder Years y Cuéntame cómo pasó», in Revista Latina de Comunicación Social, 64, 2009, pp. 396-409, URL: < https://nuevaepoca.revistalatinacs.org/index.php/revista/article/view/1189 > [consultato il 4 marzo 2024].
- SÁNCHEZ TOSTADO, Luis Miguel, La Transición oculta. Ni modélica ni pacífica, Córdoba, Almuzara, 2021.SARTORIUS, Nicolás, SABIO, Alberto, El final de la dictadura, la conquista de la democracia en España (noviembre de 1975-junio de 1977), Madrid, Temas de Hoy, 2007.
- SAZ, Ismael, Y la sociedad marcó el camino. O sobre el triunfo de la democracia en España (1969-1978), in QUIROSA-CHEYROUZE MUÑOZ, Rafael (coord.), La sociedad española en la Transición. Los movimientos sociales en el proceso democratizador, Madrid, Biblioteca Nueva, 2011, pp. 29-42.
- TAPPI, Andrea, TÉBAR HURTADO, Javier (dir.), La Transición española en las aulas. Historia y memoria en la enseñanza secundaria, Madrid, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2023.
- TARROW, Sydney, Mass mobilization and regime change: Pacts, reform, and popular power in Italy (1918-1922) and Spain (1975-1978), in GUNTHER, Richard, DIAMANDOUROS, Nikiforos, PUHLE, Hans Juergen (eds.), The Politics of Democratic Consolidation. Southern Europe in Comparative Perspective, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1995, pp. 204-230.
- VINYES, Ricard, La memoria del Estado, in ID., El Estado y la memoria. Gobiernos y ciudadanos frente a la Historia, Barcelona, RBA, 2009, pp. 23-66.
- YSÀS, Pere, La crisis de la dictadura franquista, in MOLINERO, Carme (ed.), La Transición, treinta años después, Barcelona, Península, 2006, pp. 27-58.
- YSAS, Pere, «Ni modèlica ni immodèlica. La transició des de la historiografia», in Franquisme & Transició, 1, 2013, pp. 273-287, URL: < https://raco.cat/index.php/franquismeitransicio/article/view/n1-ysas/395225 > [consultato il 4 marzo 2024].
.
Video
.
Galleria di immagini
Credits
- Immagine 1: El abrazo di Juan Genovés (1976) by Famiglia Genovés on Wikimedia Commons Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 (CC BY-SA 4.0).
- Immagine 2: Se-Grá. Fundació Cipriano García – Arxiu Històric de CCOO de Catalunya, Barcellona. Collecció fotogràfica (CC00).
- Immagine 3: Fundació Cipriano García – Arxiu Històric de CCOO de Catalunya, Barcellona. Collecció fotogràfica (CC00).
.
.