di Mario DE PROSPO – Nella variegata realtà della prigionia di guerra italiana nell’ultimo conflitto, ha avuto sue precise peculiarità la vicenda dei 50.000 militari detenuti negli Stati Uniti. Dopo l’8 settem-bre, da nemici, essi diventarono “alleati” degli anglo-americani. I comandi statunitensi proposero loro un’adesione volontaria e individuale ad un programma di cooperazione, senza avere mai l’avallo ufficiale del governo Badoglio. Per i prigionieri non si trattò di una scelta semplice. Sperando in un miglioramento delle condizioni materiali e maggiori libertà, la maggioranza scelse di collaborare, ma a spingerli fu soprattutto la stanchezza dopo lunghi anni di guerra. Marginali furono invece le scelte motivate politicamente. Chi decise di non cooperare non ebbe vita facile. Emblematico è il caso del campo Hereford, dove emerse un gruppo di ufficiali con provenienze ideologiche eterogenee che diede vita ad una vivace dialettica politica e culturale.