ISSN: 2038-0925

Panoramica – Spagna 2014

GALLEGO MARGALEFF, Ferran, El evangelio fascista. La formación de la cultura política del franquismo (1930-1950), Barcelona, Crítica, 2014, 979 pp.

GALLEGO MARGALEFF, Ferran, El evangelio fascista. La formación de la cultura política del franquismo (1930-1950), Barcelona, Crítica, 2014, 979 pp.

Quando sfogliamo le pagine dell’ultima opera pubblicata dal professor Ferran Gallego (Universitat Autònoma de Barcelona), ci rendiamo subito conto dell’enorme sforzo intellettuale a cui l’autore si è sottoposto. Questo libro non è solo in grado di fornirci un complesso di informazioni che approfondiscono con meticolosità quei processi che caratterizzarono la Spagna durante la prima metà del XX secolo, ma è anche uno strumento fondamentale per studiare l’evoluzione identitaria (perlopiù politica e culturale) di un paese rimasto a lungo sotto il controllo di determinati agenti politici. Le premesse a partire dalle quali l’autore avvia la sua indagine, procedono da una riflessione che è sorta intorno a quel sistema controrivoluzionario nato nel periodo tra le due guerre mondiali, che tanto caratterizzò (anche in paesi che erano stati neutrali nel primo conflitto) future adesioni dottrinali e nuovi progetti politici. La Spagna repubblicana (1931-1939) fu forse uno degli esperimenti politici più particolari di questo periodo, in cui il peso della modernizzazione e dell’irruzione delle masse diede notevole importanza alla strumentalizzazione della politica in chiave ideologica. All’interno della destra politica, il gran nucleo della contrarrevolución si autoproclamò come la base sociale e politica di un insieme fascistizzato che sin dal primo momento volle imporsi come unica alternativa valida contro l’emergente comunismo. Nonostante ciò, come ben sappiamo, la guerra civile prima e la lunga dittatura franchista dopo, furono gli elementi più visibili di una realtà politica, quella spagnola, ben più complessa. L’autore insiste su questa riflessione, proponendo un’analisi che va oltre le normali periodizzazioni e che ambisce invece a instradare il lettore verso uno studio orientato in tre distinte fasi. Innanzitutto analizza quello che fu il processo di fascistizzazione della società spagnola attraverso l’uso di strategie politiche finalizzate alla conquista di uno ‘spazio autonomo’ da parte di un eterogeneo nucleo controrivoluzionario; ne segue una riflessione sulla dialettica politica del franchismo in chiave fascista, con l’obiettivo di sintetizzare quali furono i punti essenziali attraverso i quali si costruì un ‘regime del consenso’ basato sull’integrazione del progetto fascista-conservatore; vi fece seguito un ultimo, ma non meno importante, periodo di de-fascistizzazione in cui il franchismo provò a limitare (ed in parte trasformare) quella dottrina fascista che tanto l’aveva caratterizzato sin dai suoi primi momenti, sostituendolo con alternative attuali (si trattò quindi non di un ripudio, ma piuttosto di una specie di ‘aggiornamento’) e consone alla sopravvivenza del regime. Ma nel complesso si tratta di un processo – ci ricorda l’autore – lungo e poliedrico, in cui l’obiettivo non può essere il solo studio sistematico degli eventi e dei personaggi che furono protagonisti di un contesto, ma piuttosto risulta oggi necessario mettere al centro della nostra indagine la natura ideologica di un fascismo che, proprio in ragione della sua trasversalità, seppe essere un fenomeno in grado si scavalcare confini e barriere in ambito sociale, politico e identitario.

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THOMÀS, Joan María, El gran golpe. El «caso Hedilla» o cómo Franco se quedó con la Falange, Barcelona, Debate, 2014, 501 pp.
THOMÀS, Joan María, El gran golpe. El «caso Hedilla» o cómo Franco se quedó con la Falange, Barcelona, Debate, 2014, 501 pp.

Lo studio della Spagna franchista ci obbliga ancora oggi a numerose riflessioni su di un regime che non si è mai dimostrato trasparente con il suo passato, né ha facilitato il lavoro di ricostruzione storica. Solo negli ultimi anni alcuni ricercatori sono stati in grado di ricomporre importanti episodi di questa spesso poco conosciuta, dittatura, concentrando la loro attenzione specialmente sulla prima fase; un periodo in cui si creò quello che poi fu conosciuto come il Movimiento, cioè lo strumento sul quale si basò tutta la strategia politica del regime di cui Franco fu forse solo l’elemento più visibile. Il professor Joan María Thomàs (Universitat Rovira i Virgili) ha voluto far luce con questo libro su di un episodio ai più sconosciuto ed insabbiato dallo stesso franchismo nel corso della sua esistenza. Si tratta di un tentativo di capire quali furono le cause che incoraggiarono a Manuel Hedilla Larrey, secondo dirigente nazionale della Falange spagnola dopo José Antonio Primo de Rivera, a protestare ed agire contro il Decreto de Unificación voluto da Franco nell’aprile del 1937, un disegno strategico in grado di compattare le diverse forze politiche che lottavano nelle file nazionaliste. Particolare attenzione è stata dedicata ai fatti conosciuti come i Sucesos de Salamanca (quello che sostanzialmente fu un tentativo di colpo di stato dei fascisti intransigenti contro Franco), in cui furono coinvolti Hedilla ed alcuni dei suoi più stretti collaboratori, ma anche – e qui risiede la grande novità di questa ricerca – alcuni diplomatici della Germania nazista, fra cui lo stesso Wilhelm von Faupel, ambasciatore plenipotenziario poi sostituito dallo stesso Hitler dopo lo ‘scandalo di Salamanca’. Una storia che come ben sappiamo finì con l’arresto di Hedilla e del suo seguito, seguita dalla promulgazione del Decreto e quindi dalla definitiva consacrazione di Franco come Caudillo de España.

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CAYUELA SÁNCHEZ, Salvador, Por la grandeza de la patria. La biopolítica en la España de Franco (1939-1975), Madrid, Fondo de Cultura Económica, 2014, 351 pp.
CAYUELA SÁNCHEZ, Salvador, Por la grandeza de la patria. La biopolítica en la España de Franco (1939-1975), Madrid, Fondo de Cultura Económica, 2014, 351 pp.

Sebbene nel corso degli ultimi anni il franchismo sia stato al centro di un acceso dibattito storiografico che ha saputo mettere in risalto la natura di quel regime, ancora oggi si assiste ad una decodificazione politico-strutturale di un sistema che tuttavia continua a far discutere. Il professor Salvador Cayuela Sánchez (Universidad de Murcia) presenta forse uno degli studi che con maggior determinazione ha provato ad immergersi nell’analisi di quel corpus politico-dottrinale che dopo l’instaurazione di un regime sorto sulle ceneri di una tremenda guerra civile, seppe modellare un nuovo ordine politico in grado di mantenersi in piedi per oltre quarant’anni. È proprio partendo da questa premessa che l’autore cerca di scomporre un sistema basato su di un modello palesemente identificato con quello fascista, andando però a studiare più a fondo ciò che egli stesso ha definito i “dispositivi biopolitici” che permisero la sopravvivenza di un regime refrattario agli stravolgimenti politici ed ideologici che attraversarono buona parte del XX secolo. Attraverso un discorso che fece della legittimazione teleologica la sua principale arma di difesa, il franchismo poté giustificare la sua esistenza come genesi della ‘salvezza nazionale’ o nuovo ordine sul quale modellare le basi per la rigenerazione del paese e della comunità spagnola. Salvador Cayuela ci propone però qualcosa di ben più articolato e complesso di un semplice ripasso storiografico; non si tratta solo di ricostruire nei dettagli quella che fu l’evoluzione politica ed ideologica di un sistema alla continua ricerca di uno spazio identitario (dentro e fuori dai propri confini), ma anche il procedimento inverso, e cioè – elemento che contraddistingue il franchismo da altri sistemi autoritari – la de-fascistizzazione di un sistema che ebbe come prerogativa la sopravvivenza e il rinnovamento nazionale dinanzi ai cambiamenti politico-sociali del XX secolo.

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FUENTES CODERA, Maximiliano, España en la Primera Guerra Mundial. Una movilización cultural, Madrid, Akal, 2014, 240 pp.
FUENTES CODERA, Maximiliano, España en la Primera Guerra Mundial. Una movilización cultural, Madrid, Akal, 2014, 240 pp.

Negli ultimi anni la Prima guerra mondiale è stata oggetto di un intensa fase di studio che ha portato alla pubblicazione di un’immensa quantità di volumi, anche a causa del centenario che si sta celebrando proprio in questo periodo. A differenza di altri studiosi, la proposta di questo giovane storico spagnolo è stata quella di proporci un’analisi che non ha come elemento centrale la storia del primo conflitto mondiale visto attraverso l’ottica delle nazioni belligeranti, ma piuttosto di quelle neutrali. Da tempo, infatti, Maximiliano Fuentes Codera (Universitat de Girona) si è accorto che all’interno della storiografia spagnola esiste non solo un ‘buco storiografico’ sul primo conflitto, ma anche una preoccupante disinformazione sul ruolo della Spagna durante quel periodo. Sebbene non vi siano dubbi sulla neutralità di questo paese durante tutta la durata della guerra, ciò che più ci interessa segnalare dello studio proposto dall’autore è l’analisi delle fonti politico-finanziarie ed intellettuali dell’epoca, fra le quali si distinguono importanti considerazioni di numerosi autori (politici, economisti, esponenti della borghesia o dell’aristocrazia, giornalisti ed intellettuali) che ebbero modo di confrontarsi sugli avvenimenti che caratterizzarono la Spagna durante il conflitto. Lo spazio dedicato al dibattito intellettuale è forse il più adatto per farci capire quali furono le posizioni adottate da una società (suddivisa tra aliadófilos e germanófilos) particolarmente attenta non solo agli avvenimenti che si succedettero nel teatro bellico europeo, ma preoccupata anche per il nuovo assetto mondiale che avrebbe caratterizzato il periodo successivo al conflitto. Non senza perizia, Maximiliano Fuentes riesce a ricomporre proprio quel complicato mosaico che contraddistinse questo acceso dibattito, mentre grazie alle fonti giornalistiche, ai diari ed alle monografie dell’epoca, ci permette di capire anche quali furono i principali elementi che suscitarono interesse, perplessità ma anche adesione – secondo i casi – nei confronti di uno degli episodi più drammatici ed allo stesso tempo eversivi del XX secolo. Come ci ricorda l’autore, la Prima guerra mondiale fu una ‘guerra totale’ che oltre alle trincee, ai milioni di morti e alle devastazioni, provocò un radicale cambiamento negli assetti geopolitici dell’Europa di quel momento; non ne uscirono indenni nemmeno quei territori che rimasero estranei al conflitto ma che, indirettamente, ne subirono l’influenza e anche le difficili conseguenze.

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GONZÁLEZ CALLEJA, Eduardo, AUBERT, Paul, Nidos de espías. España, Francia y la Primera Guerra Mundial 1914-1919, Madrid, Alianza, 2014, 418 pp.
GONZÁLEZ CALLEJA, Eduardo, AUBERT, Paul, Nidos de espías. España, Francia y la Primera Guerra Mundial 1914-1919, Madrid, Alianza, 2014, 418 pp.

Sempre in ambito degli studi sulla Grande Guerra, segnaliamo anche questo volume uscito nel corso del 2014. Si tratta di uno studio di grande interesse che ha saputo ricostruire con precisione le diverse fasi che caratterizzarono l’evento bellico, rimanendo però lontano dagli scenari di battaglia. In questo caso Eduadro González Calleja (Universidad Carlos III) e Paul Aubert (Université d’Aix-Marseille), hanno infatti voluto raccontare quella che loro stessi hanno indicato come “la guerra invisibile”: uno scontro di cui furono protagoniste quelle stesse nazioni belligeranti che, oltre a combattersi sui campi di battaglia, intrapresero anche una lotta di spionaggio, sabotaggio e propaganda nei territori neutrali come accadde proprio nella Spagna di Alfonso XIII. Sebbene questo paese avesse proclamato ufficialmente la sua neutralità sin dall’agosto del 1914, non rimase così estraneo ad un conflitto che iniziò a manifestarsi anche sul territorio spagnolo attraverso la presenza di agenti segreti, diplomatici di ogni tipo e persino militari in missione. Fra di essi, furono soprattutto francesi e tedeschi a rendersi protagonisti di un’infinità di azioni belliche, volti a influenzare – in un modo o nell’altro – l’opinione pubblica spagnola; questo provocò una certo senso di vulnerabilità nella società spagnola, creando le basi politiche, economiche e culturali che sfociarono in una sorta di ‘guerra parallela’ che in più di un’occasione rischiò di compromettere la stessa neutralità della nazione iberica. Fu un conflitto commerciale, di contrabbando, di controllo dei porti e delle coste, ma anche uno scontro politico, diplomatico e di alto spionaggio; una guerra che sebbene avesse contribuito a creare le basi del futuro assetto mondiale, si prolungò in Spagna ben oltre il 1918, quasi a indicare l’inizio di una nuova epoca, in cui le ideologie politiche avrebbero preso il sopravvento.

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RODRIGO, Javier (ed.), Políticas de la violencia. Europa, siglo XX, Zaragoza, Universidad de Zaragoza, 2014, 536 pp.
RODRIGO, Javier (ed.), Políticas de la violencia. Europa, siglo XX, Zaragoza, Universidad de Zaragoza, 2014, 536 pp.

Nel corso degli ultimi decenni la storiografia ha dedicato non poche risorse allo studio della violenza, nel tentativo di capire quali furono le cause che portarono ad un processo di ‘barbarizzazione’ della società in un secolo, il Novecento, in cui furono commesse alcune fra le maggior atrocità e massacri della storia dell’umanità. Lo storico Javier Rodrigo (Universitat Autònoma de Barcelona) è stato in grado di prendere in esame diverse esperienze nazionali – grazie anche alla collaborazione di numerosi storici e ricercatori – nel tentativo di proporre una nuova riflessione che avesse come obiettivo proprio lo studio dell’atto violento. Come afferma lo stesso autore, non è forse possibile parlare della violenza semplicemente rifacendosi al concetto di ‘annichilimento sistematico dell’altro’ (e cioè il nemico), ma diventa necessario parlare piuttosto di una escalation della ferocia, che nel XX secolo trovò un’incomprensibile giustificazione nelle motivazioni nazionali, razziali, identitarie e politiche. Sebbene la storiografia abbia da tempo cercato di portare avanti una riflessione collettiva sulla violenza, Javier Rodrigo rimarca come nonostante l’esistenza di Auschwitz (con tutto ciò che questa parola oggi significa), l’umanità non abbia saputo porre un freno ai massacri che si sono susseguiti senza sosta dal 1945 in poi. La nostra storia è ancora oggi vittima di quella stessa violenza che ha caratterizzato tutto il XX secolo, non ne siamo immuni e non possiamo nemmeno far finta che tutto ciò non sia successo. E il lavoro di Javier Rodrigo ha proprio l’obiettivo di lasciarci impresse nella mente queste parole: sebbene sia difficile ritornare sui passi che altre generazioni hanno compiuto, ciò non ci esime dal dover ripensare alla “multi-dimensionalità” del processo violento, proprio perché esso è parte della nostra storia. Il punto forte dell’opera risiede proprio nello studio comparato: nei diversi casi esaminati (le due guerre mondiali, il genocidio armeno, la persecuzione ideologica avanzata dai fascismi italiano e tedesco, la guerra civile, il conflitto etnico e politico dell’Europa dell’est, l’olocausto, ecc.) esiste una continuità nella pratica violenta. ‘Potere’ e ‘Stato’, aldilà delle singole esperienze nazionali, promossero la trasformazione della società eliminando tutto ciò che non si identificava con essa. Questo processo di epurazione si è manifestato soprattutto in occasione degli scontri bellici, ma non solo. Durante tutto il XX secolo si assiste quindi – parafrasando l’autore – ad una “spersonalizzazione” della violenza, nel tentativo di spiegare questo fenomeno con chiavi di lettura generali, ma di difficile definizione. Il problema non consiste infatti nel porre l’interrogativo intorno al concetto di violenza, ma piuttosto riguarda la necessità di proporre un meccanismo interpretativo alternativo a quello che già conosciamo, basato sulla contingenza storica e la multi-dimensionalità dell’atto violento.

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