ISSN: 2038-0925

Nota introduttiva n. 25 – marzo 2016

a cura di Jacopo BASSI, Deborah PACI, Fausto PIETRANCOSTA e Matteo TOMASONI

Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 25, 1|2016

"Pen and paper" by Asadabbas on Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)

“Pen and paper” by Asadabbas
on Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)

Il numero 25 di Diacronie propone una riflessione sulla costruzione delle identità comportamentali, culturali e geografiche connesse a vicende storiche nazionali e a specifici processi globali intercorsi nel XX secolo e sulle trasformazioni ad essi collegate.

La prima sezione affronta la costruzione e la ricostruzione di un immaginario ideale e comportamentale collegato al procedere del secondo conflitto mondiale e, in particolare, alle vicende inerenti l’occupazione nazista della Francia, e la situazione politica e militare italiana successiva all’8 settembre 1943. Nell’articolo di Antonio Cantano Moreno si analizza il tentativo di influenzare nella Francia degli anni Quaranta il pensiero, la visione e l’atteggiamento della popolazione nei confronti di alcuni gruppi sociali attraverso la promozione di esposizioni artistiche che utilizzano forme di delegittimazione, disprezzo e disumanizzazione. Le tecniche di costruzione di “un immaginario dell’odio” come strumento di propaganda culturale e politica saranno così al centro della trattazione, che propone un’analisi del discorso storico incentrata sul condizionamento delle emozioni e dei sentimenti durante il regime di Vichy. Nell’articolo di Edoardo Grassia l’indagine prende avvio con l’utilizzo di un tratto investigativo caratterizzante una specifica domanda la cui risposta trova traduzione in un’analisi dei comportamenti e delle reazioni di un determinato corpo militare, la Regia Aeronautica, cui viene sottoposto il dilemma della scelta tra soluzioni antitetiche e inconciliabili. Dietro tale scelta non solo si pone la narrativa delle vicende personali, ma emerge anche l’esame del percorso intrapreso da strati e categorie sociali legati al Regno d’Italia e al regime fascista durante la Seconda guerra mondiale.

La seconda sezione assume una connotazione geografico-culturale carica di interessanti e quanto mai attuali risvolti geopolitici. La definizione e la ridefinizione delle identità territoriali è al centro della trattazione degli articoli. Così l’articolo di Lorenzo Kamel sfida le argomentazioni semplificative del processo di formazione delle nazioni nella regione mediorientale, da un lato riprendendo l’odierno dibattito nell’analisi storiografica – ma anche nei media – sulla narrativa dello Stato islamico a confronto con le eredità storiche radicate nell’area, dall’altro ponendo l’accento sulla complessa evoluzione culturale e politica che ha interessato i paesi della regione, non automaticamente riconducibile ad un processo di “creazione artificiale” di entità statuali. Se la condotta delle potenze occidentali nella costruzione di precise identità territoriali nel corso del XX secolo offre spunti di analisi ancora molto attuali, non sono da meno le considerazioni proposte da Benedetta Giuliani che, con il suo articolo, offre un’approfondita indagine sul contributo offerto dalla Gran Bretagna allo sviluppo del processo di integrazione europea e nella definizione di un pensiero europeista nella declinazione più autenticamente federalista; al centro il confronto e lo scontro culturale e politico che attraversava la società britannica di fronte all’integrazione europea in anni cruciali per la storia del continente. Gli stessi anni che vedono la rivista italiana «Geopolitica» (1939-1942) propagandare un immaginario legato allo sviluppo della potenza militare e all’espansionismo territoriale dell’Italia fascista, prodotto di un fervore dietro il quale, come descritto da Andrea Perrone nel suo articolo, si muovono contesti politici, accademici e culturali direttamente collegati alle istituzioni del regime e ad una cultura geografica italiana che intendono esprimere la propria supremazia nel confronto con lo spazio coloniale e geopolitico africano, balcanico e mediterraneo.

Il contagio delle idee, così come la costrizione degli spazi del pensiero o la privazione delle libertà fondamentali rappresentano spesso il primo passo verso il movimento delle persone, con esse si muovono ideali e si ridefiniscono relazioni sociali e culturali in un processo di distruzione e rigenerazione dell’immaginario di una comunità che non trova soluzione definitiva. È il caso della terza sezione, e dell’articolo di Giuseppe Motta, che analizza il fenomeno dell’emigrazione ebraica dall’Europa orientale verso l’Australia nel periodo interbellico durante il quale queste comunità dovranno confrontarsi con una legislazione sull’immigrazione particolarmente restrittiva. Nell’articolo di Wlaumir Donisete de Souza vediamo come il ruolo svolto dalla cultura religiosa si combini con le caratteristiche del fenomeno migratorio e assuma un’importanza fondamentale. L’orientamento “nazionale” della devozione cattolica giocò un ruolo di primo piano nella ridefinizione dei rapporti di potere nel Brasile della Prima Repubblica. Il caso oggetto dello studio è quello della comunità di Ribeirão Preto, nello Stato di San Paolo.

Discutere di storia implica un processo di creazione e sviluppo di modelli che spesso assumono connotati paradigmatici. La quarta sezione offre la possibilità di una riflessione sullo “scrivere la storia” e sull’elaborazione della memoria, il che richiede un’analisi delle tipologie di studio e di apprendimento della storia e delle sue tecniche. Lucileide Costa Cardoso ci presenta nel suo articolo, uno studio delle testimonianze politiche del golpe brasiliano; l’intento, anche in questo caso, è la decostruzione di questi “beni simbolici”, un esame degli “slanci” memorialistici e dei mutamenti di atteggiamento da parte di chi esprimeva una critica nei confronti della dittatura. L’articolo di Itamar Freitas partendo dall’analisi dei percorsi formativi degli studenti delle scuole superiori in Brasile, Francia e Stati Uniti giunge, attraverso l’utilizzo della comparazione dei metodi, dei contenuti, dei contesti del “fare storia”, ad esaminare le modalità di realizzazione della rappresentazione storica operata e proposta dalle autorità pubbliche negli ultimi venti anni, ponendo l’accento sull’intervento e sull’influenza che gli storici di professione determinano nella definizione dei programmi scolastici e nella trattazione dei più importanti temi storiografici degli ultimi due secoli.

Nella sezione dedicata alle recensioni ci sarà spazio per approfondire ulteriori spunti di riflessione presenti in alcuni testi inerenti la diffusione della cultura e il mondo delle professioni, la comunicazione storica e il rapporto con i media; la formazione, la cultura e le “ritualità pubbliche” legate alle classi dirigenti nazionali e locali tra età moderna e contemporanea.

Un ringraziamento particolare a Irene Vagionakis che ha collaborato alla realizzazione di questo numero.

Buona lettura,

Jacopo Bassi, Deborah Paci, Fausto Pietrancosta, Matteo Tomasoni

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Per citare questo articolo


BASSI, Jacopo, PACI, Deborah, PIETRANCOSTA, Fausto, TOMASONI, Matteo, «Nota introduttiva n. 25 – marzo 2016», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 25, 1|2016

URL: <http://www.studistorici.com/2016/03/29/nota-introduttiva-n-25-marzo-2016/>

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