ISSN: 2038-0925

Nota introduttiva n. 39 – ottobre 2019

di Marco GRIFO e Fausto PIETRANCOSTA

Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 39, 3|2019
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"Mafia"
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Mafia e storiografia.

Premesse culturali e prospettive attuali

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“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”

Queste parole, pronunciate pubblicamente dal magistrato Paolo Borsellino nel 1992 alla commemorazione di Giovanni Falcone organizzata dall’Agesci di Palermo nel trigesimo della strage di Capaci, non solo resero evidente il bisogno di una nuova fase nella lotta alla mafia, ma contribuirono ad affermare una nuova consapevolezza riguardo al fenomeno mafioso, manifestando, allo stesso tempo, la necessità di un approccio differente, sia nel contrasto alla criminalità mafiosa da parte di autorità e società civile, sia di un’analisi definitivamente sganciata dai vecchi stereotipi e da cristallizzazioni culturali. In tal senso la ricerca storica che ha inteso indagare i fenomeni mafiosi ha trovato da quel momento nuova linfa, e le questioni (storico-politiche, economiche, sociali e persino antropologiche) collegate allo studio delle mafie hanno ricevuto spunti rilevanti e contributi innovativi, in grado di rinnovare profondamente questo ambito di studi, ponendo sotto una nuova luce molte vicende della storia più recente.

Ma cos’è la mafia? Cosa si intende oggi con il termine “mafia” e come inquadriamo sul piano storiografico il dibattito che si è sviluppato tra gli specialisti delle scienze storiche e sociali inerente i fenomeni di criminalità organizzata negli ultimi trent’anni? A partire dalla metà degli anni Ottanta storici come Salvatore Lupo, Rosario Mangiameli e Paolo Pezzino sono stati protagonisti di importanti innovazioni in ambito storiografico. Decostruendo il paradigma culturalista, questi hanno infatti inserito la mafia tra le patologie della modernità, favorendo letture e interpretazioni innovative sul tema.

A questo complesso di studi si sono affiancate nuove tendenze storiografiche che hanno influenzato la ricerca sull’argomento, come la World History che ha spinto storici come Giuseppe Carlo Marino ad allargare il campo d’analisi alla dimensione transnazionale (Globalmafia, 2011), lo stesso Salvatore Lupo che ha individuato nel movimento di persone e idee tra il vecchio e il nuovo continente i caratteri distintivi di Cosa Nostra (Quando la Mafia trovò l’America, 2008), o come Umberto Santino che con i suoi scritti ha promosso un approccio sociologico agli studi sulla mafia (Dalla mafia alle mafie: scienze sociali e crimine organizzato, 2006), fino ai Gender Studies che hanno portato gli storici e le storiche a interrogarsi sul ruolo giocato dalle donne nell’organizzazione e nella narrazione della criminalità mafiosa.

È in questo contesto di fermento e interesse per gli studi sulla mafia registrato negli ultimi decenni che si collocano le analisi condotte in questo numero, che si prefigge l’obiettivo di sondare e presentare alcune delle direzioni in cui si sta muovendo la ricerca storiografica sulla mafia, in particolare in tre specifici ambiti: quello dei rapporti tra mafie e poteri pubblici e dei loro reciproci condizionamenti politici e istituzionali, quello dello sviluppo delle dinamiche economiche, delle strategie commerciali e finanziarie del crimine organizzato a livello locale e globale, e infine quello della traduzione del fenomeno mafioso nell’ambito della comunicazione pubblica e della sua rappresentazione attraverso i mass media e i linguaggi artistici.

La prima sezione è così dedicata al rapporto della Mafia con i poteri pubblici in una prospettiva di indagine delle sue contiguità politiche e istituzionali. L’articolo di Fabrizio La Manna ci porta agli albori del fenomeno mafioso, ragionando intorno alle relazioni tra le squadre rivoluzionarie e le classi più elevate nel corso delle rivoluzioni palermitane dell’Ottocento. Mentre l’articolo di Roberto Leggero prova a riflettere sul nesso tra criminalità e territorio, e lo fa distanziandosi dalla retorica dell’eccezionalità dei territori del Meridione, analizzando i collegamenti tra criminalità, imprenditoria e politica locale in Valle d’Aosta.

La seconda sezione propone un’analisi delle cosiddette “economie mafiose” concentrandosi su casi di studio tesi a descrivere le scelte industriali e le nuove rotte commerciali delle organizzazioni criminali. L’articolo di Luca Bonzanni ricostruisce la mutazione che il modello delle ecomafie ha subito negli ultimi anni, esplorando i fattori economici, storici e normativi che hanno portato all’inversione della rotta del ricco traffico illegale di rifiuti, dal Sud al Nord Italia. Mentre Ettore Asoni nel suo articolo cerca di indagare come il narcotraffico abbia avuto un ruolo spiccatamente reazionario e con significative finalità economiche nella storia recente della Colombia, fungendo da centro e strumento di finanziamento per i conflitti e la violenza militare su scala regionale.

La terza sezione si occupa invece della rappresentazione della mafia nei discorsi pubblici, nei media e nella produzione artistica. L’articolo di Federico Esposito analizza l’emersione del discorso pubblico sul potere camorristico a Pagani, nel salernitano, durante gli anni ’70. In particolare ricostruisce le modalità e i passaggi attraverso cui si forma una consapevolezza pubblica del fenomeno camorristico e i mutamenti nella percezione generale che ne sono scaturiti. Carlo Ugolotti, invece, offre una dettagliata rappresentazione del crimine organizzato nell’industria hollywoodiana. In particolare, analizzando gli anni che vanno dal 1905 al 1939, dimostra come la retorica populista e quella riformista del New Deal abbiano avuto un peso nella costruzione di un immaginario che lega il gangster alla dimensione urbana e al capitalismo incontrollato.

La quarta sezione presenta due confronti sul fenomeno mafioso capaci, da un lato, di costruire una dettagliata fenomenologia storica delle “realtà mafiogene” e del modus operandi del crimine organizzato nel nostro paese e, dall’altro lato, di promuovere e delineare nuove prospettive di ricerca nel campo degli studi sulla mafia. Partendo da quesiti e spunti comuni lo storico Marcello Ravveduto e il fondatore del Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato” Umberto Santino, nelle loro interviste, offrono una precisa visione delle vicende storiche, politiche ed economiche, e delle caratteristiche sociali e antropologiche, legate all’affermazione e all’evoluzione delle diverse organizzazioni criminali in Italia.

Chiudono il numero una galleria fotografica curata da Rachele Scuro e le consuete recensioni proposte dalla redazione.

Buona lettura,

Marco Grifo, Fausto Pietrancosta

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La redazione desidera ringraziare Valentina Rizzo per il lavoro svolto, che ha collaborato attivamente ed efficacemente sia in ambito redazionale, sia per ciò che riguarda la realizzazione della Galleria fotografica curata da Rachele Scuro.


Per citare questo articolo


GRIFO, Marco, PIETRANCOSTA, Fausto, «Introduzione. Mafia e storiografia. Premesse culturali e prospettive attuali n. 39 – ottobre 2019», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 39, 3|2019
URL: < https://www.studistorici.com/2019/10/29/nota-introduttiva-n-39-ottobre-2019 >
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