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La Vedetta d’Italia
Prima pagina, datata 20 settembre 1919, della «Vedetta d’Italia», giornale d’orientamento irredentista fondato dopo la guerra dal fiumano Iti Bacci. Il titolo, «Francia e Inghilterra riconoscono il diritto d’Italia su Fiume», intende avvalorare le richieste annessionistiche di d’Annunzio e legittimarne l’impresa, sebbene alla Conferenza della pace di Parigi l’Italia stia al contrario trovando difficoltà a ottenere dagli alleati le terre reclamate.
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Comando dell’Esercito italiano in Fiume d’Italia
Testo firmato Gabriele d’Annunzio, 27 settembre 1919. Il Comandante propone l’encomio solenne per la Legione dei carabinieri volontari. Tra il senso di disciplina verso le istituzioni e la causa fiumana, i carabinieri hanno scelto la seconda, disertando per raggiungere i legionari. Il messaggio è chiaro ed esplicitamente espresso: la vera patria si trova a Fiume, mentre il governo italiano tradisce i reduci di guerra che si battono per essa.
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L’Urna inesausta
Testo firmato Gabriele d’Annunzio, Fiume, 20 dicembre 1919. Il titolo si riferisce all’insegna di Fiume: un’urna, tenuta fra gli artigli di un’aquila, da cui esce un fiotto d’acqua perenne. Il cartiglio dello stemma recita «Indeficienter», ossia inesauribile. Nello scritto, colmo di allusioni alla religione laica della patria, d’Annunzio giudica insidiose le clausole del patto proposto dal governo italiano e ribadisce che i legionari sono giunti in città per rimanervi fino alla vittoria.
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Alle donne di Fiume
Testo firmato Gabriele d’Annunzio, senza data ma pubblicato il 24 dicembre 1919 sulla «Vedetta d’Italia». È un omaggio, dai toni lirici, al senso di dedizione delle fiumane alla causa della città. Il poeta rievoca il comportamento da loro avuto sin dagli inizi dell’impresa da lui condotta e ne esalta il comportamento fiero, senza però discostarsi dai consueti stereotipi di genere, essendo le donne descritte come creature più istintive che ragionevoli, votate alla cura e all’assistenza dei maschi.
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Le brache di Cagoia
Testo firmato Gabriele d’Annunzio, Fiume d’Italia, 18 gennaio 1920. D’Annunzio, infuriato con il presidente del Consiglio Francesco Nitti per il suo rifiuto d’accogliere al tavolo della pace di Parigi gli emissari che egli ha inviato da Fiume, si scaglia in modo veemente contro di lui. I delegati, scavalcando Nitti, inviano una lettera al presidente della Conferenza, Georges Clemenceau, chiedendo d’essere ammessi alle discussioni riguardanti il futuro assetto dell’area adriatica.
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Con me |

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Saluto italico
Testo firmato Gabriele d’Annunzio, Fiume d’Italia, 28 novembre 1920. In seguito all’occupazione delle isole di Veglia e Arbe ordinata da d’Annunzio il 13 novembre, il generale Enrico Caviglia riceve dal presidente del Consiglio Giovanni Giolitti l’ordine di far evacuare le truppe fedeli al Comandante, che incita alla resistenza i legionari, nominati «morituri» come gli antichi gladiatori.
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Le grossolane calunnie del governo
contro Fiume martire
Fiume, 29 dicembre 1920. Il comunicato riporta la dichiarazione dell’inviato del «Times» a Fiume, E.M. Amphlett, che confuta la notizia, creata ad arte dagli ambienti governativi italiani, secondo cui in città sarebbero scoppiate delle rivolte contro d’Annunzio, schiacciate nel sangue dai soldati a lui fedeli. Nell’incrocio di accuse e controaccuse, questo è un esempio di come, nel contesto fiumano, le informazioni possano essere, da una parte e dall’altra, manipolate o contestate a fini politici.
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