Parole in storia: TANGENTOPOLI
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Nel lessico della storia italiana recente poche parole hanno avuto una parabola tanto densa e controversa quanto Tangentopoli. Un neologismo giornalistico nato quasi per caso, capace, però, di esprimere una fase cruciale di trasformazione sistemica. Tangentopoli non si limita a designare una fase di corruzione dilagante; è un termine-evento, un marchio semantico che ha dato forma a un’intera stagione di crisi politica, giudiziaria e culturale. La sua genealogia, che coincide con il collasso della cosiddetta «Repubblica dei partiti», illumina i meccanismi attraverso cui il linguaggio si fa storia e lo scandalo si fa paradigma.
Il vocabolo Tangentopoli compare per la prima volta nel lessico giornalistico nell’ottobre del 1991, sulle colonne di «la Repubblica», a opera del cronista Piero Colaprico. Viene coniato per descrivere un’indagine sull’imprenditore Salvatore Ligresti e il suo sistema di relazioni opache con l’amministrazione comunale milanese . La sua eco iniziale è minima, l’uso discontinuo. Solo nel febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa e l’avvio dell’inchiesta Mani Pulite, il termine acquista una nuova vitalità: da cronaca locale a simbolo di un’intera fase storica. La sua forma richiama ironicamente la parola metropoli, con un suffisso mutuato dalla toponomastica – la «-poli» di Scandopoli e altri casi celebri – e caricato di significati morali e politici. Tangentopoli diventa la città immaginaria e distopica del malaffare sistemico, dove la tangente è regola, non eccezione.
Tangente e polis: due radici che rimandano a pratiche corruttive e al governo della città. Il lessico si carica fin da subito di un’ambivalenza difficile da sciogliere. È una parola che giudica, una parola che schiera. La sua fortuna semantica nasce proprio da questa ambiguità: è usata per denunciare, ma anche per spiegare, per evocare un prima e un dopo, una fine e un possibile nuovo inizio. Diventa il nome di una frattura. È parola che racchiude l’evento e ne consente la narrazione. Non a caso, gli stessi cronisti giudiziari che la impiegano per primi – Piero Colaprico, Luca Fazzo, Goffredo Buccini – saranno poi protagonisti delle cronache del pool milanese, utilizzando la parola come chiave interpretativa della crisi.
Quella che viene indicata come Tangentopoli non è soltanto una serie di indagini giudiziarie, ma un processo di delegittimazione politica. Nel 1992 nessuno tra gli attori politici dominanti prevedeva il collasso imminente del sistema. Il quadro sembrava stabile, con una Democrazia Cristiana in recupero e un Partito Socialista Italiano in ascesa. Anche la società civile appariva ancora relativamente passiva rispetto al tema della moralità pubblica, come dimostrano le reazioni flebili all’inchiesta Duomo connection. Tuttavia, con l’arresto di Chiesa e le sue confessioni, il sistema si incrina. La parola Tangentopoli diventa allora corpo come etichetta simbolica della crisi: una crisi che si presenta come “rivoluzione morale” ma si configura presto anche come “conflitto di potere” .
Tangentopoli non si limita a rappresentare un processo: lo plasma. La sua forza evocativa orienta il dibattito pubblico, offre una cornice narrativa ai media, legittima l’azione dei magistrati e la mobilitazione delle nuove forze politiche. Il lessico diventa azione e, in questo senso, la parola non è solo descrittiva, ma performativa, producendo quindi effetti reali. Suggerisce che vi sia un sistema da abbattere e che l’azione giudiziaria sia l’unica via legittima di riscatto civile. Il fatto che l’espressione Mani pulite divenga complementare a Tangentopoli rafforza l’idea di uno scontro epocale tra “onestà” e “corruzione”.
Nel tempo, la parola Tangentopoli ha smarrito parte della sua carica sovversiva per farsi sinonimo di degenerazione politica endemica. È divenuta formula di comodo, usata per indicare genericamente la corruzione pubblica, anche al di là del contesto originario. Ma proprio questa diluizione rivela un dato fondamentale: Tangentopoli non è solo un nome proprio della crisi del 1992, ma una locuzione riempita di volta in volta da diverse narrazioni – morali, politiche, populiste, riformiste.
Nell’uso politico posteriore, la parola è stata continuamente riattualizzata: evocata da nuovi movimenti “anticasta”, ripresa per denunciare le opacità della cosiddetta Seconda Repubblica e, invocata per riaffermare un’etica pubblica mai davvero consolidata. Il suo potere evocativo resta tale proprio perché aperto, ambiguo, capace di adattarsi a contesti mutevoli.
La parola Tangentopoli ci obbliga a riflettere sulla capacità del linguaggio di orientare la percezione della storia. Più che designare un fatto oggettivo, ha contribuito a produrre l’effetto della crisi, a renderla visibile, a legittimare le sue conseguenze. Come ogni parola storica, è anche il frutto di un conflitto semantico: tra chi ne ha fatto simbolo di riscatto e chi vi ha letto uno strumento di delegittimazione. Per comprendere Tangentopoli – il fenomeno – occorre dunque interrogare Tangentopoli – la parola – nel suo farsi e disfarsi di significati, nel suo sedimentarsi nel discorso pubblico e nel suo costituirsi come evento linguistico e politico.
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NOTE
[1] COLAPRICO, Piero, «Restano in carcere i 5 della tangente», in la Repubblica, 9 ottobre 1991; ID., «“Ligresti? Era solo un amico…”», in la Repubblica, 15 ottobre 1991.↑
[2] L’espressione “rivoluzione morale” descrive Tangentopoli come una reazione etica collettiva contro la corruzione, guidata dalla magistratura e sostenuta dall’opinione pubblica. Al contrario, “conflitto di potere” interpreta quella stagione come uno scontro tra élite in crisi e nuovi attori politici e istituzionali decisi a ridefinire gli equilibri del sistema.
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Bibliografia essenziale
- BUCCINI, Goffredo, Il tempo delle Mani pulite, Roma-Bari, Laterza, 2021.
- COLAPRICO, Piero, Capire Tangentopoli, Milano, il Saggiatore, 1996.
- DAMILANO, Marco, Eutanasia di un potere. Storia politica d’Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica, Roma-Bari, Laterza, 2012.
- DELLA PORTA, Donatella, MÉNY, Yves, Corruzione e democrazia. Sette paesi a confronto, Napoli, Liguori, 1995.
- LUPO, Salvatore, Antipartiti, Il mito della nuova politica nella storia della Repubblica (prima, seconda e terza), Roma, Donzelli, 2013.
- MARINO, Andrea, L’imprevedibile 1992. Tangentopoli: rivoluzione morale o conflitto di potere?, Roma, Viella, 2023.
- MASTROPAOLO, Alfio, Antipolitica. All’origine della crisi italiana, Napoli, L’ancora del Mediterraneo, 2000.
- RIDOLFI, Maurizio, “Tangentopoli”: storia e memoria pubblica nella crisi della transizione dell’Italia repubblicana, in COLARIZI, Simona, GIOVAGNOLI, Agostino, POMBENI, Paolo (cur.), L’Italia contemporanea dagli anni Ottanta a oggi, vol. 3, Roma, Carocci, 2014, pp. 67-84.
- SCOPPOLA, Pietro, La repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico (1945-1996), Bologna, il Mulino, 1997.
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Narrativa su Tangentopoli
- DE CARLO, Andrea, Arcodamore, Milano, Bompiani, 1993.
- KRAUSPENHAAR, Franz, Le monetine del Raphäel, Roma, Gaffi, 2012.
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Produzione visiva
- FABBRI, Alessandro, RAMPOLDI, Ludovica, SARDO, Stefano, da un’idea di ACCORSI, Stefano, 1992, Sky, Milano 2015.
- FABBRI, Alessandro, RAMPOLDI, Ludovica, SARDO, Stefano, da un’idea di ACCORSI, Stefano, 1993, Sky, Milano 2017.
- FABBRI, Alessandro, RAMPOLDI, Ludovica, SARDO, Stefano, da un’idea di ACCORSI, Stefano, 1994, Sky, Milano 2017.
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