ISSN: 2038-0925

ControVersa: Marcia su Fiume / Rivoluzione di Fiume

di Deborah NATALE

Introduzione

Il 12 settembre del 1919 Gabriele d’Annunzio, alla testa di oltre duemila “legionari”, entrò nella “Citta Olocausta”, simbolo di quella «vittoria mutilata»[1] che per una parte degli insoddisfatti del primo dopoguerra avrebbe dovuto rappresentare la scintilla di una «rivoluzione contro il nuovo ordine mondiale sancito a Versailles»[2]. L’impresa terminò nel Natale del 1920, quando ormai «il delitto è consumato. La terra di Fiume è insanguinata di sangue fraterno»[3], e con i funerali dei caduti di entrambi gli schieramenti nel tentativo di pacificare gli animi [4]; il Vate lasciò il 18 gennaio del 1921 il neonato Stato Libero di Fiume.
Nel corso del tempo, l’interesse di diversi storici si è concentrato su questo episodio, sulla sua ricostruzione, sulla provenienza politica, sociale e culturale delle figure che contribuirono alla sua realizzazione, e sull’interpretazione da poter dare a tale fenomeno. Fiume come antesignana della marcia su Roma e del fascismo; oppure Fiume come anticipatrice di una rivoluzione che investì diversi ambiti, non da ultimo quello dei costumi.
Una polarizzazione che nell’ultimo periodo, soprattutto a cavallo della ricorrenza del suo centenario, alcuni studiosi hanno cercato di dirimere, dando all’occupazione fiumana una lettura di più ampio respiro. Questi hanno, infatti, provato a spiegarla come luogo delle crisi confinarie e delle fratture novecentesche[5], come espressione del radicato malcontento creatosi a Parigi[6], come meglio comprensibile attraverso l’incrocio dell’esperienza locale con quelle internazionali[7].
A tal proposito, ad esempio, la storica croata Tea Perinčić[8] reinterpreta quei sedici mesi dal punto di vista di una comunità multietnica, vittima di un tentativo nazionalistico, utilizzato poi dalla politica italiana a fini politici e ideologici.
Nonostante questi e altri tentativi, l’impresa di Fiume e il d’Annunzio politico di quegli anni catturano tutt’oggi l’attenzione e sembrerebbero chiedere ancora «Si spiritus pro nobis, quis contra nos?»[9].

La marcia su Fiume

L’articolo qui proposto ha lo scopo di provare a individuare la genesi delle due principali linee interpretative storiografiche sulla fiume dannunziana, analizzando i lavori più datati e quelli più recenti di alcuni di coloro che hanno maggiormente contribuito all’avanzamento della ricerca su tale argomento.
Tra i primi che hanno valutato la «marcia su Fiume»[10] come un’anticipazione del periodo fascista ci sono Angelo Tasca e Gaetano Salvemini. Il primo vide in Gabriele d’Annunzio, «sola gloria nazionale conosciuta e riconosciuta […] dalla vecchia e dalla nuova generazione; egli ha il doppio prestigio di poeta e di soldato»[11], una sorta di «capo di Wallenstein»[12] e in Fiume una palestra che darà i suoi frutti nelle squadre fasciste e nella marcia su Roma.
Per Salvemini il Vate alimentò lo spirito di sedizione nell’esercito e incrementò nella popolazione «la inquietudine del sospetto, dello scontento e dell’isterismo»[13].
Ancora, negli anni Ottanta lo storico Paolo Alatri contribuì con le sue ricerche a questa analisi politica. Considerò, infatti, l’impresa un chiaro sforzo di creare un movimento nazionalistico, sovversivo di destra[14] e al contempo contrastò quel filone interpretativo di gran successo inaugurato da Nino Valeri e continuato con Michael Ledeen e Renzo De Felice – sul quale torneremo.
In occasione del centenario, le necessità del ridare vita alla ricerca sull’argomento hanno fatto sì che la vicenda fiumana venisse riesaminata come «complesso laboratorio di nazionalismo e autoritarismo»[15]. È questo il caso dell’opera di Lucio Villari[16].
Questi, alla luce di documenti inediti – parliamo di lettere, verbali riservati, resoconti provenienti dall’Archivio Guido Jung[17] avuti da Oscar Sinigaglia[18] –, ma per qualche ragione non prendendone in considerazione altri – come ad es. quelli sulla figura di Alceste de Ambris[19] – legge la «vocazione distruttiva» del fiumanesimo alla base della realizzazione del fascismo e dell’antica «destra profonda»[20] dell’Italia. Fu d’Annunzio, bellicista e senza scrupoli, il vero fascista antesignano ed estremista, e la Carta del Carnaro[21] solo “chiacchiere per confondere le acque”. Una lettura che, con qualche esagerazione e dimenticanza, si lega alla visione di una Fiume dannunziana fonte della politica totalitaria e della cultura dell’odio che caratterizzerà gli anni successivi.

La rivoluzione di Fiume

L’impresa fiumana:

rappresentò soprattutto una rivolta generazionale contro ogni regola costituita dal liberalismo, dal socialismo, dalla diplomazia tradizionale e dalle convenzioni.
[…] La rivoluzione fiumana è stata bollata come precorritrice del regime, perché così volle Mussolini.
[…] Si dimentica dunque che Fiume fu anzitutto una «controsocietà» sperimentale in contrasto sia con le idee e i valori dell’epoca sia – e tanto più – con quelli del fascismo[22].

È con queste parole che, in tempi non lontani, il direttore della Fondazione Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri, ha dato la sua lettura dei sedici mesi di occupazione.
Un giudizio che si lega e segue quella corrente interpretativa inaugurata verso la metà degli anni Cinquanta dagli studi di Nino Valeri, che sottolineò una netta differenza tra il dannunzianesimo e il regime mussoliniano, il quale – come ripropone il recente volume di Eugenio di Rienzo – depredò il fiumanesimo della liturgia, delle parole e dei metodi di propaganda[23].
Un filone che ottenne poi grande successo grazie agli studi degli storici Ledeen e De Felice. Quest’ultimo, pur riconoscendo nella crisi post bellica le origini tanto del fiumanesimo che del fascismo, rimarcò l’importanza di non generalizzare e di non giungere a rapide conclusioni. Fiume fu sì anticipazione, fonte esteriore alla quale Mussolini attinse, ma svuotandola di quei progetti democratici che caratterizzarono la seconda fase dell’occupazione, durante la quale De Ambris ebbe il ruolo di Capo di Gabinetto al posto del nazionalista Giovanni Giuriati.
A confermare e ad arricchire tali analisi, muovendole da un terreno prevalentemente politico e spostandole su quello della svolta generazionale, la monografia Alla festa della rivoluzione[24]. Claudia Salaris, storica dell’arte ed esperta di avanguardie, racconta di una “Città di vita” espressione di una vera rivoluzione esistenziale per coloro che a Fiume si incontrarono; un crocevia di relazioni tra feste, trasgressioni, atti di economia piratesca.
Una lettura circoscritta che, confermando le tesi di De Felice, si spinge oltre, quasi a vedere l’impresa come l’anticipazione non del fascismo, bensì di quei movimenti giovanili (quelli del ’68 e del ’77) che a partire dagli anni Sessanta cercarono di promuovere delle trasformazioni non solo sul piano politico, ma anche sociale, culturale e dei costumi. E in questo modo Fiume diviene manifestazione di idee e valori in contrasto con la morale del tempo, laboratorio di una forma alternativa di società e di un nuovo modo di vivere.
Per la Salaris la città è in quei mesi luogo di libertà sessuale, nudismo, dove la sua anima più vera – quella degli “scalmanati” contrapposti ai “ragionevoli” – viene inebriata dalla musica, dalle danze, dal gioco, talvolta dall’uso delle droghe. Elementi che l’autrice riprende dalla memorialistica del tempo[25] e che, privati del contesto politico, indubbiamente solleticano l’interesse di un pubblico più ampio, ma ai quali bisogna prestare particolare attenzione nel maneggiarli; questi, infatti, vengono spesso raccontati dai legionari fedeli al Vate, da coloro che venivano nutriti dai suoi discorsi sulla straordinarietà e unicità di ciò che stavano compiendo.

Conclusioni

Le diverse interpretazioni, che in questo articolo sono state evidenziate, vengono ciclicamente riproposte in chiave semplicistica per far gioco all’una o all’altra posizione politica, come è accaduto in occasione del centenario dell’impresa fiumana.
Da un lato, infatti, parte della destra neofascista ha sminuito, senza troppa ricerca, la componente che dopo il fiumanesimo scelse l’antifascismo; questa ha posto l’accento sul contributo che il Vate diede a Mussolini dopo l’impresa e ha criticato, tra le altre cose, l’opera della Salaris perché la “baldoria” era attribuibile non al divertimento ma alle bombe a mano da utilizzare per l’amore disperato verso l’Italia[26]. Dall’altro la destra governativa delle giunte comunali e regionali ha sposato l’interpretazione de feliciana e di Guerri, vedendo nel “poeta-soldato” quel patriota fedele alla nazione e che per questa lottava, ma lontano da idee autoritarie e totalitarie.
Nella diatriba si sono poi levate anche altre voci. A tal proposito risulta emblematico il caso della cittadina di Ronchi dei “Legionari”, o dei “Partigiani”[27], che di anno in anno vive l’opposizione di una parte della sinistra ai festeggiamenti. Celebrazioni di un momento, di un colpo di stato che aprì la strada al fascismo di confine, razzista e anti slavo e che si ritrovano ad essere raduni di nostalgici, militaristi e nazionalisti.
Letture che mostrano quindi orientamenti del tutto o quasi divergenti, e difficilmente conciliabili.
Un ulteriore contrasto riguarda, ad esempio, il contributo che il Regio esercito diede all’occupazione, un sostegno che la maggior parte degli storici riconosce ma con entità e modalità differenti. Dal mio punto di vista una collaborazione importante, soprattutto nella sua fase iniziale, non solo in termini di mezzi e uomini, ma anche di convinzione[28]; per altri, come Marco Mondini, una partecipazione promossa «dalla sua [dell’Esercito] parte più rumorosa e agitata»[29].
Una polarizzazione, per tornare ad un termine utilizzato nell’introduzione, che ritorna ciclicamente e che interessa gli aspetti generali e particolari della vicenda.
Per concludere e avere un ulteriore sguardo interpretativo, è utile citare il lavoro di Federico Carlo Simonelli[30]. Questi decide di ricostruire la vicenda fiumana non attraverso le memorie dei protagonisti, bensì partendo dai documenti, dai giornali dell’epoca, da ciò che l’interprete dell’impresa fiumana, Gabriele d’Annunzio, scriveva di una città che da multietnica voleva presentare come “italianissima”. Ne emerge un Poeta comandante non propriamente protagonista, ma ingaggiato, seppur consapevolmente, da più alti registi politici e militari per dare all’impresa un respiro internazionale.
E ancora quello di Dominique Kirchner Reill[31], la quale attraverso nuovi approcci (ad es. lo studio del sistema scolastico fiumano) interpreta l’impresa fiumana come modello di difesa della continuità e dell’autonomia dopo la fine dell’impero asburgico.
Dopo questa veloce analisi emerge una questione interpretativa che difficilmente troverà una soluzione, soprattutto se ad essere utilizzati saranno i medesimi schemi, seppur fondamentali. Importante, invece, dal mio punto di vista, affrontarla con quell’approccio pluralistico – proprio di alcune ricerche citate – che mira a studiare l’azione di Gabriele d’Annunzio all’interno di un panorama più ampio, non solo locale, incrociando quindi fonti nazionali ed internazionali.

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NOTE


[1] D’ANNUNZIO, Gabriele, «Vittoria nostra, non sarai mutilata», in Corriere della Sera, 24 ottobre 1918.

[2] DI RIENZO, Eugenio, D’Annunzio diplomatico e l’impresa di Fiume, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2022, p. 81.

[3] D’ANNUNZIO, Gabriele, «Agli Italiani», in La Vedetta d’Italia, 25 dicembre 1920, in Scritti giornalistici 1889-1938, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2003.

[4] SIMONELLI, Federico Carlo, La costruzione di un mito. Rituali, simboli e narrazioni dell’impresa di Fiume (1919-1921), Urbino, Tesi di Dottorato, Università Carlo Bo, 2014-2015.

[5] PUPO, Raoul, Fiume città di passione, Roma-Bari, Laterza, 2018.

[6] GERWARTH, Robert, La rabbia dei vinti. La guerra dopo la guerra 1917-1923, Roma-Bari, Laterza, 2017.

[7] PUPO, Raoul, Stagione delle fiamme e stagione delle stragi: una considerazione di lungo periodo, in TONOLO, Sara, PUPO, Raoul (a cura di), Diritti umani e violenza all’incrocio tra storia e diritto, Torino, Giappichelli, 2021, pp. 7-19.

[8] PERINČIĆ, Tea, Rijeka ili smrt! – Rijeka or death!, Rijeka, Naklada Val, 2019.

[9] Se lo spirito è con noi, chi ci sarà contro? Motto della Reggenza del Carnaro; frase presente in San Paolo (Lettera i Romani, 8, 31) e che vuole incoraggiare, avendosi una protezione autorevole.

[10] SALVEMINI, Gaetano, Scritti sul fascismo, vol. I, in VIVARELLI, Roberto (a cura di), in Opere di Gaetano Salvemini, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 485.

[11] TASCA, Angelo, Fascismo 1919-1922, BIDUSSA, David (a cura di), Milano, Feltrinelli, 2022, p. 55. L’articolo «Fascismo 1919-1922» è stato originariamente pubblicato con il titolo La marche sur Rome, in MANDIN, Louis et al., Histoire des révolutions. De Cromwell à Franco, Paris, Gallimard, 1938, pp. 191-215.

[12] Ibidem.

[13] SALVEMINI, Gaetano, Scritti sul fascismo, cit., p. 486.

[14] Si vedano ALATRI, Paolo, Scritti politici di Gabriele D’Annunzio, Milano, Feltrinelli, 1980; ID., Gabriele D’Annunzio, Torino, UTET, 1983.

[15] SIMONELLI, Federico Carlo, «Fiume e D’Annunzio. I cento anni di un caso storiografico ancora aperto», in Storicamente. Laboratorio di storia, URL: < https://storicamente.org/simonelli-fiume-e-d-annunzio >.

[16] VILLARI, Lucio, La luna di Fiume. 1919: il complotto, Milano, Guanda, 2019.

[17] Guido Jung, acceso nazionalista palermitano, partì come volontario nel corso della Prima Guerra Mondiale e dal 1919, su richiesta di V. E. Orlando, prese parte alla commissione finanziaria presso la delegazione alla Conferenza della pace di Versailles. Questi fu ministro delle Finanze sotto il fascismo e tra i promotori dell’IRI.

[18] Oscar Sinigaglia, ingegnere e industriale dell’acciaio, fu tra i presidenti dell’ILVA. Acceso nazionalista, fu — negli anni in questione — tra i fondatori di un Comitato d’azione per le rivendicazioni territoriali nazionali, braccio destro di Gabriele d’Annunzio a Fiume e futuro segretario del Partito nazionale fascista.

[19] Alceste De Ambris fu un sindacalista rivoluzionario e un accesso interventista. Dal gennaio del 1920 fu Capo di Gabinetto a Fiume e redattore della Carta del Carnaro. Dopo il 1920, per le sue posizioni nettamente antifasciste, fu costretto ad emigrare in Francia dove fu tra i fondatori della Concentrazione dell’azione antifascista.

[20] Ibidem, p. 20.

[21] D’ANNUNZIO, Gabriele, La Carta del Carnaro e altri scritti, FRESSURA, Marco, KARLSEN Patrick (a cura di), Roma, Castelvecchi, 2009.

[22] GUERRI, Giordano Bruno, Disobbedisco. Cinquecento giorni di Rivoluzione, Milano, Mondadori, 2019, pp. 4-5.

[23] DI RIENZO, Eugenio, D’Annunzio diplomatico e l’impresa di Fiume, cit.

[24] SALARIS, Claudia, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume, Bologna, Il Mulino, 2002.

[25] Si vedano ad esempio: KOCHNITZKY, Leon, La quinta stagione o i centauri di Fiume, Bologna, Zanichelli, 1922; COMISSO, Giovanni, Le mie stagioni, Milano Garzanti, 1951; ID., Il porto dell’amore, Milano, Longanesi, 1973.

[26] SCIANCA, Adriano, «Fiume oltre la destra e la sinistra. D’Annunzio divide ancora gli storici», in La Verità, 5 aprile 2019.

[27] Ronchi dei partigiani. Toponomastica e odonomastica a Ronchi e nella “Venezia Giulia”, Udine, Resistenza Storica Kappa Vu, 2019.

[28] NATALE, Deborah, «Il contributo all’impresa di Fiume da parte dell’Esercito italiano attraverso l’analisi della Relazione sui fatti di Fiume del Generale dell’Esercito Pecori Giraldi», in Dimensioni e problemi della ricerca storica, 1/2023, pp. 133-162.

[29] MONDINI, Marco, Fiume 1919. Una guerra civile italiana, Roma, Salerno Editrice, 2019.

[30] SIMONELLI, Federico Carlo, D’Annunzio e il mito di Fiume. Riti, simboli, narrazioni, Pisa, Pacini Editori, 2022.

[31] KIRCHNER REILL, Dominique, The Fiume Crisis. Life in the Wake of the Habsburg Empire, Cambridge, Belknap Press, 2020.

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Bibliografia essenziale

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  • ID., D’Annunzio davanti al fascismo, Firenze, Le Monnier, 1963.
  • VILLARI, Lucio, La luna di Fiume. 1919: il complotto, Milano, Guanda, 2019.

Sitografia

Sitografia

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Video

Video

JODICE, Gianluca, Il cattivo poeta, Ascent Film, Bathysphere Productions, Rai Cinema, Italia-Francia, 2020, 106′.

Trailer del film Il cattivo poeta.

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