ISSN: 2038-0925

ControVersa: Esistono le classi nel mondo antico? Un dibattito del Novecento

di Leonardo MASONE

Introduzione

Tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, in seno alla comunità scientifica di studiosi del mondo antico, il rinnovato approccio di diversi ricercatori e l’utilizzo di nuovi strumenti analitici hanno rilevato nuove e raffinate posizioni interpretative. Forse mai prima di allora si erano evidenziate così tante diversità di vedute almeno per quanto riguarda la comprensione della scienza antica. Tra le diverse questioni riprese, quella della schiavitù e con essa la considerazione della categoria di classe sociale ha dato luogo a un dibattito molto interessante all’interno di un lungo periodo di riflessione sull’attualità della teoria di Marx, da cui non sono state esenti le scienze dell’Antichità, per l’appunto.
In uno slancio estremamente riduzionistico, si possono qui descrivere due ordini di orientamenti nell’applicazione del concetto di “classe antica”: una di osservanza marxista (sebbene anche questo campo così definito risulti evidentemente ristretto, perché anche all’interno del marxismo si scontrarono pensieri e proposte diverse) e un’altra non diametralmente opposta alla prima che faceva capo principalmente a un innovatore assoluto come Moses Finley, da qualcuno etichettato come “neo-ortodosso”.

Le posizioni di alcuni marxisti

Partendo dal recupero delle forme di divisione del lavoro analizzate nell’Ideologia Tedesca, per alcuni tra i pensatori di formazione marxista risultava fondamentale un chiaro assunto metodologico: muovere dagli strumenti analitici del presente per giungere a una conoscenza più approfondita del passato; esigenza che tendeva a stabilire un comune orizzonte problematico, per il raffronto e il reciproco utilizzo dei risultati delle ricerche in atto[1] .
Nelle società elleniche non solo di età arcaica il possesso della terra, contemporaneamente mezzo e oggetto di lavoro, è uno dei tratti fondamentali per la piena acquisizione dei diritti di cittadinanza all’interno dello spazio politico della polis. Secondo Sergej Utchenko, tra i massimi storici sovietici dell’Antichità, per studiare quel mondo è necessario individuare una verosimile concezione della struttura di classe che quelle società hanno posto in essere[2] . Solo in base a tale presupposto si possono efficacemente definire talune forme di lotta ivi sviluppate. A modulare tale approccio, comunque, si sarebbe dovuto sostanziare l’utilizzo di lenti moderne, e dunque linguaggi, con cui ridefinire quelle comunità del passato come costituite sì da uomini liberi, ma soprattutto da schiavi, i quali in quanto sfruttati e oppressi appartenevano a una classe[3] . La premessa dell’apparizione delle classi sociali, secondo l’autorevole esponente della scuola moscovita, sarebbe stata fornita dall’incremento della produttività del lavoro, che avrebbe dato anche a quel tempo la possibilità di alienare il prodotto, e poi dalla nascita della proprietà privata, che aveva determinato sistematicamente lo sviluppo delle disuguaglianze[4] . Ad Atene, questo scarto qualitativo è maggiormente accertato all’epoca delle riforme di Solone e soprattutto di Clistene, quando entrarono a far parte dei nuovi istituti dirigenti anche individui afferenti a gruppi sociali diversi dall’aristocrazia cittadina. In virtù di questo approccio metodologico, alla scuola russa si associa anche George Thomson che, invece, analizza il fenomeno della schiavitù seguendo un altro paradigma che attiene più agli sviluppi commerciali delle poleis democratiche. Secondo lo studioso britannico, a partire dal VI secolo la crescita commerciale e con essa il progresso della tecnologia avrebbe determinato nuove sacche di ricchezza e, contestualmente, nuove richieste di cittadinanza che avrebbero poi trovato ascolto nella nuova costituzione democratica. Ma allo stesso tempo, proprio ad Atene, quegli sviluppi commerciali pretesero nuova manodopera e dunque un incremento di schiavi[5]. Thomson, quindi, proponeva in sintesi una sorta di schema: crescita commerciale-schiavitù-democrazia. Tesi ampiamente superata dagli studi successivi, ma che non rimuove il tema dell’applicazione, anche parziale, del concetto di classe nel mondo antico.

Le riflessioni di Finley

Tuttavia, furono i saggi di Finley a fungere da contraltare alle impostazioni storiografiche marxiane. La domanda di esordio segna anche la successiva riflessione di Finley che così si formulava: la civiltà ellenica era fondata sul lavoro degli schiavi? Sottolineando la vasta gamma lessicale di cui dispone la lingua greca per definire la figura dello schiavo (dall’arcaico dmos, che definisce in senso proprio il “prigioniero di guerra” e quindi, solo per estensione, il “servo” in quanto assoggettato, a doulos, da andrapodon a tetrapous, che identifica il quadrupede e, al plurale neutro, le «bestie», a oikeus), lo studioso statunitense opera a partire da due presupposti: in Grecia sovente si faceva leva su forme di lavoro dipendente per la soddisfazione di esigenze sia pubbliche, sia private; tuttavia, fatto salvo rarissime eccezioni, ci fu sempre un numero consistente di uomini liberi impegnati nelle attività produttive: dal lavoro della terra (di proprietà o affittata), all’amministrazione degli esercizi commerciali. In questa prospettiva, può essere posto il problema della schiavitù, ovvero lo status di appartenenza di un uomo o una donna ad un proprietario legale, e dunque della categoria di classe[6]. Analizzando “Chattel-Slavery” e “Ilotismo” dorico, le due configurazioni autentiche della schiavitù antica, Finley avanza la convincente idea per cui l’economia greca non è definibile come schiavista, perché l’apporto del lavoro schiavile rispetto alla tenuta economica complessiva sarebbe stato relativamente limitato e marginale, seppur in quasi tutte le attività si registrasse la presenza dei douloi. Alla luce di queste considerazioni, Finley conferma la definizione di quella greca come di una società schiavista, ma non un’economia schiavista, sebbene le due dimensioni siano difficilmente scindibili nel mondo antico[7]. Questo non fu l’unico attento giudizio storico che tale pensatore ha lasciato in eredità[8], secondo cui inoltre, nell’Antichità, la schiavitù si presentava come «lavoro coatto immediato», a differenza del lavoro salariato che, invece, rappresentava una forma di «lavoro coatto mediato» attraverso lo scambio praticato dai liberi. Entrambe sottocategorie, comunque, di una più ampia categoria che Finley nomina «manodopera dipendente o coatta», caratterizzata dal lavoro alle dipendenze di un altro, non per appartenenza familiare o per scelta volontaria, ma perché costretti da qualche precondizione[9].
Su tale impostazione si ritrova tra gli altri Jean-Pierre Vernant, per il quale, sulla scorta di Finley, la riduzione della storia del mondo antico a una rigida contrapposizione tra schiavi e relativi proprietari rischierebbe di non apportare alcun profondo contributo scientifico. Anche la schiavitù ha “le sue genesi”, geograficamente distinte, e il suo sviluppo in base ai momenti e luoghi[10]. In questo senso, la schiavitù va considerata dialetticamente, ossia nel suo divenire diacronico: questo meccanismo teoretico conferirebbe ai rapporti sociali dell’Antichità un autentico carattere specifico. L’analisi marxista esamina ciascuna formazione sociale come totalità e in essa vi distingue molteplici livelli, ognuno con struttura propria e movimento, mentre per Vernant le contraddizioni di un sistema sociale si possono situare all’interno di un livello o tra livelli differenti: a questo risponderebbe il noto schema marxista forze produttive-rapporti economici di produzione-regimi socio-politici-forme di pensiero-ideologie.

Conclusioni

Per Marx, all’interno della società capitalistica, le antinomie di classe che oppongono sul piano socio-politico i proletari ai capitalisti corrispondono agli antagonismi che avversano il carattere più collettivo e pubblico dei processi produttivi a quello sempre più privato della proprietà dei mezzi di produzione. Tutta l’indagine condotta da Marx nelle Formen, per esempio, si basa sulla scoperta moderna della scissione tra lavoro libero e condizioni oggettive della sua realizzazione. A partire da esse viene ricostruito il significato originario della relazione dell’uomo con le condizioni naturali della produzione. Nel modello capitalista, tra capitale e lavoro sussiste una relazione dialettica di reciprocità basata però su rapporti di forza squilibrati, in cui il capitale è tale in quanto acquista il lavoro che a sua volta si vende al primo. A mediare tra i due c’è il concetto di merce. Questa dinamica capitale-merce-lavoro, trova minore facilità di riconoscimento nel mondo antico. Nelle società precapitalistiche, il rapporto tra le forme sociali in cui condizioni soggettive, i produttori, e oggettive, i mezzi di produzione, scaturisce da un’analisi della proprietà vista nei suoi elementi differenziali rispetto alla scissione di età moderna[11]. Marx assegna alla schiavitù un ruolo dinamico e transitorio per il fatto che lo schiavo si trovava nella condizione naturale di soggetto-lavoratore senza comunque avere rapporto di proprietà né con la terra, né con gli strumenti, dunque nemmeno con il lavoro stesso. Il libero, per esempio, poteva comprare immediatamente uno schiavo, ma tra i due non si verificava alcun tipo di mediazione: nulla li univa, se non la forma immediata del possesso e dello sfruttamento del lavoro[12]. Il dato storico ci riferisce comunque che i pochi eventi nati da rivolte di schiavi non portarono in sé nessuna idea di società nuova, ma solo esigenze di affrancamento individuale; tuttavia, non è nemmeno detto che il solo raggiungimento di una “coscienza di sé” già compiuta determini le forme di una lotta di classe strutturata e finalizzata.
Per concludere va detto che la maggior parte di questi storici concordava nel riconoscere che anche nell’eventualità in cui le rivolte degli schiavi avessero assunto un carattere di lotta politica organizzata, esse sarebbero rimaste senza prospettive, dunque senza la possibilità di sfociare in una trasformazione del sistema di produzione.

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NOTE


[1] Si pensi proprio a Utchenko, Thomson o lo stesso Vegetti, che imprimono cambio di rotta rispetto alla staticità di alcune precedenti posture che avevano concepito la dottrina di Marx come uno schema empirico da applicare meccanicamente allo studio storico: si pensi agli orientamenti di Ciccotti, Barbagallo o Salvioli, che spingeranno Momigliano a parlare di “marxismo attenuato”; cfr. TACCOLA, Sebastiano, Categoria marxiste e storiografia del mondo antico, Roma, Manifestolibri, 2022, pp. 139-184.

[2] UTCHENKO, Sergej L’vovic, Classi e struttura di classe nella società schiavista antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 69-79. Si tratta, tuttavia, di una traduzione di un articolo uscito nel 1957 sulla rivista francese «La Nouvelle Critique».

[3] Schiavone, per esempio, ha parlato a tal proposito di una «invadenza logica, epistemica del presente rispetto al passato» (SCHIAVONE, Aldo, Per una rilettura delle «Formen»: teoria della storia, domino del valore d’uso e funzione dell’ideologia, in CAPOGROSSI, Luigi, GIARDINA, Andrea, SCHIAVONE, Aldo (a cura di), Analisi Marxista e società antiche, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci, 1978, pp. 75-106, in part. p. 78), mettendo in luce come tale centralità metodologica sia in effetti il primato di una teoria che decifra la realtà ordinata delle astrazioni moderne, scomponendone la dinamica interna, ma anche ripercorrendo la sua genesi.

[4] UTCHENKO, Sergej L’vovic, Classi e struttura di classe nella società schiavista antica, cit., pp. 72-73.

[5] THOMSON, George, Mercato e democrazia in Grecia, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 80-100. Questo saggio era stato già pubblicato nel 1955 su «Studies in Ancient Greek Society».

[6] Ibidem, pp. 132-133.

[7] Ibidem, pp. 151-156. Ipotesi che trova conferma anche in AUSTIN, Micheal, VIDAL NAQUET, Pierre, Economie e società nella Grecia antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 205-230, in part. pp. 221-222.

[8] Sull’eredità intellettuale e scientifica di Moses Israel Finley cfr: FANTASIA, Ugo, «Un nuovo “miracolo greco”? L’economia della Grecia antica cinquant’anni dopo Finley», in Studi Storici, 63, 1/2022, pp. 5-40. Cfr. anche BUTTI DE LIMA, Paulo, Utopia e democrazia in Moses Finley, in BUFANO, Rossella (a cura di), La democrazia nel pensiero politico tra utopia e cittadinanza, Lecce, Milella, 2017, pp. 87-96, in part. 93-94.

[9] Si rimanda al più celebre: FINLEY, Moses Israel, L’Economia degli Antichi, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 91-92 (ed or.: The Ancient Economy, Berkley-Los Angeles, University of California Press, 1973).

[10] Cfr. VERNANT, Jean Pierre, La lotta di classe nella Grecia antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 187-204, in part. pp. 187-188, già pubblicato nel 1965 sulla rivista «Eirene».

[11] MARX, Karl, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica, Torino, Einaudi, 1976, pp. 468-473.

[12] Ibidem, pp. 163-164; cfr. anche MUSTI, Domenico, Per una ricerca sul valore di scambio nel modo di produzione schiavistico, in CAPOGROSSI, Luigi, GIARDINA, Andrea, SCHIAVONE, Aldo (a cura di), Analisi Marxista e società antiche, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci, 1978, pp. 147-174.

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Bibliografia essenziale

Bibliografia essenziale

  • AUSTIN, Micheal, VIDAL NAQUET, Pierre, Economie e società nella Grecia antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 205-230.
  • BUTTI DE LIMA, Paulo, Utopia e democrazia in Moses Finley, in BUFANO, Rossella (a cura di), La democrazia nel pensiero politico tra utopia e cittadinanza, Lecce, Milella, 2017, pp. 87-96.
  • FANTASIA, Ugo, «Un nuovo «miracolo greco»? L’economia della Grecia antica cinquant’anni dopo Finley», in Studi Storici, 1/63, 2022, pp. 5-40.
  • FINLEY, Moses Israel, La civiltà greca si fondava sul lavoro degli schiavi?, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 132-156.
  • ID., The Ancient Economy, University of California Press, Berkley-Los Angeles, 1973 (trad., L’Economia degli Antichi, Roma-Bari, Laterza, 1974).
  • MARX, Karl, Grundisse, Mosca, IMEL, 1939, (trad. Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica, Torino, Einaudi ,1976).
  • MUSTI, Domenico, Per una ricerca sul valore di scambio nel modo di produzione schiavistico, in CAPOGROSSI, Luigi, GIARDINA, Andrea, SCHIAVONE, Aldo (a cura di), Analisi Marxista e società antiche, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci, 1978, pp. 147-174.
  • SCHIAVONE, Aldo, Per una rilettura delle «Formen»: teoria della storia, domino del valore d’uso e funzione dell’ideologia, in CAPOGROSSI, Luigi, GIARDINA, Andrea, SCHIAVONE, Aldo (a cura di), Analisi Marxista e società antiche, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci, 1978, pp. 75-106.
  • TACCOLA, Sebastiano, Categoria marxiste e storiografia del mondo antico, Roma, Manifestolibri, 2022.
  • THOMSON, George, Mercato e democrazia in Grecia, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 80-100.
  • UTCHENKO, Sergej L’vovic, Classi e struttura di classe nella società schiavista antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, 69-79.
  • VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977.
  • VERNANT, Jean Pierre, La lotta di classe nella Grecia antica, in VEGETTI, Mario (a cura di), Marxismo e società antica, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 187-204.

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Video

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La schiavitù nell’antica Grecia, di Luca Anzellotti

Academic Socio-Critical Theories explain the Roman Economy? Ideas in Elite Institutions- M.I. Finley di Dr Raoul McLaughlin

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Galleria di immagini

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1. La copertina del libro di Moses Finley Ancient Slavery and Modern Ideology.






2. Pelìke ateniese in ceramica a figure rosse, rinvenuta a Gela in Sicilia, V secolo a.C., uno schiavo che trasporta arredi per un simposio, Ashmolean Museum (14589184566).






3. Schiavi al lavoro in una miniera. Pittura su tavoletta di terracotta di provenienza corinzia, V secolo a.C.

Credits

  • Immagine 1: La copertina del libro di Moses Finley Ancient Slavery and Modern Ideology (C) l’immagine appartiene ai rispettivi proprietari.
  • Immagine 2: Pelìke ateniese in ceramica a figure rosse, rinvenuta a Gela in Sicilia, V secolo a.C., uno schiavo che trasporta arredi per un simposio, Ashmolean Museum (14589184566) on Wikimedia Commons [Public Domain].
  • Immagine 3: Schiavi al lavoro in una miniera. Pittura su tavoletta di terracotta di provenienza corinzia, V secolo a.C. on Wikimedia Commons [Public Domain].

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