ControVersa: NEUTRALISTI / INTERVENTISTI
di Luca Giuseppe Manenti e Luca Zuccolo
Neutralisti / Interventisti
Allo scoppio della prima guerra mondiale nell’estate del 1914, l’Italia, alleata con Austria e Germania, dichiara lo stato di non belligeranza, appellandosi a una clausola inserita nel patto della Triplice Alleanza che la esenta dal partecipare a un conflitto nel quale uno dei contraenti rivesta il ruolo d’attaccante.
Rifiutato dalla Serbia l’ultimatum lanciato da Vienna in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, l’Europa entra in una guerra industrializzata che costa migliaia di vittime, mentre in Italia, dove ad agosto il neutralismo è sentimento in larga misura condiviso, prende gradualmente avvio un intenso dibattito tra contestatori e sostenitori dell’ipotesi di una partecipazione all’evento bellico. La decisione del governo Salandra di dichiarare la neutralità è appoggiata da liberali, cattolici e socialisti, pur con importanti distinguo in ognuno dei tre gruppi.
Tra i liberali l’uomo di riferimento è l’ex presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che reputa il Paese militarmente ed economicamente impreparato ad affrontare un conflitto di vasta portata. La corrente che fa capo allo statista piemontese, convinto di poter ottenere cospicue concessioni territoriali restando a margine degli scontri, sposa il neutralismo in difesa dello Stato post-risorgimentale e, motivazione tra le più stringenti, paventa possibili rivolte sociali. La posizione liberale presenta nondimeno delle sfumature e resta preda di spaccature intestine, dato che a nessun politico sfugge il tornaconto che un’eventuale vittoria implicherebbe.
I cattolici italiani rappresentano un altro attore nel campo neutralista, sebbene siano divisi al loro interno e destinati a conoscere la defezione di importanti segmenti, che già con la guerra di Libia del 1911 avevano incominciato un processo d’avvicinamento allo Stato nazionale, visto quale vettore per un colonialismo dalle venature missionarie e civilizzatrici. I cattolici filotriplicisti desiderano rispettare i patti militari stabiliti con gli imperi centrali, in particolare con la «cattolicissima» Austria, considerata un argine ai mali della società moderna, in primis anticlericali e massoni. Papa Benedetto XV si esprime per la pace universale con l’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum del 1° novembre 1914, sollevando all’estero le critiche dei fedeli che hanno compiuto la scelta bellicista. Eccone un estratto:
Il tremendo fantasma della guerra domina dappertutto, e non v’è quasi altro pensiero che occupi ora le menti. Nazioni grandi e fiorentissime sono là sui campi di battaglia. Qual meraviglia perciò, se ben fornite, come sono, di quegli orribili mezzi che il progresso dell’arte militare ha inventati, si azzuffano in gigantesche carneficine? Nessun limite alle rovine, nessuno alle stragi: ogni giorno la terra ridonda di nuovo sangue e si ricopre di morti e feriti. E chi direbbe che tali genti, l’una contro l’altra armata, discendano da uno stesso progenitore, che sian tutte della stessa natura, e parti tutte d’una medesima società umana? Chi li ravviserebbe fratelli, figli di un unico Padre, che è nei Cieli? E intanto, mentre da una parte e dall’altra si combatte con eserciti sterminati, le nazioni, le famiglie, gli individui gemono nei dolori e nelle miserie, funeste compagne della guerra; si moltiplica a dismisura, di giorno in giorno, la schiera delle vedove e degli orfani; languiscono, per le interrotte comunicazioni, i commerci, i campi sono abbandonati, sospese le arti, i ricchi nelle angustie, i poveri nello squallore, tutti nel lutto [1].
Nella penisola il papa è sostenuto dai cattolici coinvolti nelle lotte contadine e nelle questioni sociali, preoccupati dei disagi che i braccianti subirebbero nel caso di una contesa di lunga durata. Tra loro è Guido Miglioli, organizzatore di leghe bianche nel circondario di Cremona, il cui pacifismo integrale si basa sul principio evangelico dell’amore verso gli ultimi, i più esposti ai rischi di una guerra. Il membro di spicco dell’Azione cattolica Giuseppe Dalla Torre propende per una neutralità condizionata, pronto ad assecondare il verdetto governativo quale che sia, atteggiamento esemplarmente riassunto da Agostino Gemelli in una lettera del 10 marzo 1915: «tacere e obbedire». Vescovi e clero sono, nel complesso, vicini al pacifismo diffuso nelle masse, ma non mancano cattolici convintamente interventisti, raccolti nella Lega democratica nazionale. Per l’intervento è Don Luigi Sturzo, segretario dell’Unione popolare e fautore di una convergenza fra Stato e Chiesa che risani definitivamente la frattura risalente alla Breccia di Porta Pia.
Il terzo grande raggruppamento neutralista è quello dei socialisti, in apparenza ligi ai dettami dell’internazionalismo pacifista ma concretamente incerti sul contegno da assumere, risoltosi nell’ambigua formula «né aderire, né sabotare», che denuncia una sostanziale incapacità di costituire un serio contraltare al blocco interventista. Oltre a Benito Mussolini, espulso dal Psi per aver ricusato le ragioni delle pace, fanno sentire la loro voce gli interventisti democratici guidati da Leonida Bissolati e Gaetano Salvemini, desiderosi di sconfiggere il militarismo teutonico e completare l’avventura risorgimentale con l’accorpamento di Trento e Trieste. Ne condivide le mire il socialista trentino Cesare Battisti, deputato al parlamento di Vienna, riparato in Italia allo scoppio delle ostilità, alfiere dell’idea di una quarta guerra d’indipendenza italiana che strappi finalmente all’Austria le cosiddette terre «irredente». La sinistra interventista comprende anche repubblicani, radicali e gli anarco-sindacalisti, che intravedono l’occasione propizia per realizzare la desiderata rivoluzione sociale.
Sulla sponda interventista si collocano anche i conservatori guidati dai liberali di destra Salandra e Sonnino, diffidenti verso l’irrequietezza delle piazze e prudenti in merito ai tempi e ai modi dell’entrata in guerra, e i nazionalisti, desiderosi di dare lustro alla nazione con un’impresa dai contenuti imperialisti e nemici giurati del «giolittismo», epiteto dispregiativo riferito a una prassi parlamentare valutata grigia e sfibrata. La monarchia e gli ambienti militari, all’inizio cauti, finiscono per vedere nella prova bellica uno strumento di rafforzamento del regno, in linea con i settori finanziari e della grande industria. Fanno parte della variegata costellazione patriottica associazioni laiche come la Società Dante Alighieri e diversi comitati sorti a scopo di propaganda, che promuovono manifestazioni e convegni per caldeggiare la risoluzione armata.
Anche la massoneria svolge il suo ruolo. Il 31 luglio 1914 il gran maestro Ettore Ferrari invia alle officine una circolare in cui, pur richiamandosi agli ideali del pacifismo, lascia intendere che, qualora le circostanze lo richiedano, la comunità massonica italiana sarà pronta a difendere la patria. L’obbedienza vive una fase di difficoltà, aggravata dagli esiti del congresso del Psi appena svoltosi ad Ancona, che ha stabilito l’incompatibilità della doppia iscrizione al partito e alla loggia. La conflagrazione della guerra le fornisce l’occasione di rientrare da protagonista nell’agone politico, ritagliandosi uno spazio di primo piano nel dibattito in corso. I tradizionali referenti politici dell’istituzione, dai repubblicani ai radicali, hanno prontamente manifestato il proprio consenso alla guerra in risposta all’occupazione del Belgio da parte degli imperi centrali.
In settembre Ferrari abbandona ogni titubanza, pronunciandosi a favore dell’intervento, ma già dal mese precedente alcuni alto-graduati del Grande Oriente d’Italia vanno organizzando un corpo segreto di massoni con lo scopo di effettuare un colpo di mano in terra austriaca. Per quanto riguarda il quadro ideologico, nei documenti massonici del periodo, dalle relazioni istituzionali alla pubblicistica afferente alle varie logge, emerge un saldo intreccio tra spinte espansioniste e richiami al democratismo risorgimentale. Nel 1914, dunque, sia l’internazionalismo libero-muratorio che quello socialista entrano in crisi a livello europeo, come dimostrano le prese di posizione delle principali famiglie massoniche del continente a fianco dei rispettivi governi e i crediti di guerra votati dalla quasi totalità dei partiti socialisti degli Stati in lotta. «L’Idea Democratica», il più autorevole giornale massonico italiano del periodo, pubblica articoli di questo tenore:
L’ultima delle logomachie a cui si son dati, come se fosse corsa una parola d’ordine, i giornali che più difesero il neutralismo e che ora si son venuti man mano piegando alla realtà è quella di attribuire alla propaganda interventista le difficoltà che il Governo sembra trovare nelle trattative con la Triplice Intesa. Già da più parti – e segnatamente dalle colonne del Corriere delle Sera – si è risposto con efficacia alla stolta accusa. Ci risparmiamo quindi di ripetere anche noi come e perché la difesa e la diffusione dei motivi che spingevano l’Italia a prendere il suo posto nel conflitto sia stata una opera doverosa e utile che ha ottenuto il resultato di risvegliare e di illuminare la coscienza del Paese ed ha avuto il merito di presentare e di preannunciare le situazioni quali sono venute delineandosi e di porre con coraggiosa precisione i problemi dinanzi ai quali non era possibile all’Italia arretrarsi o restare indifferente [2].
Vanno infine ricordate le correnti culturali emerse dai nuovi movimenti artistici, come il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, che definisce la guerra «sola igiene del mondo». Il più carismatico tra gli intellettuali è Gabriele D’Annunzio, il quale, abile a sfruttare i nuovi mezzi di comunicazione di massa, su tutti il «Corriere della Sera» diretto da Luigi Albertini, catalizza le irrequietudini del Paese e trasforma in un volano le tensioni interne alla società italiana. Il 5 maggio 1915, dallo scoglio di Quarto dove cinquantacinque anni prima partirono i Mille garibaldini, il poeta-vate pronuncia una celebre orazione, dai chiari risvolti cristologici, inneggiante la battaglia:
O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere.
Beati quelli che hanno venti anni, una mente casta, un corpo temprato, una madre animosa.
Beati quelli che, aspettando e confidando, non dissiparono la loro forza, ma la custodirono nella disciplina del guerriero.
Beati quelli che disdegnarono gli amori sterili per essere vergini a questo primo e ultimo amore.
Beati quelli che, avendo nel petto un odio radicato, se lo strapperanno con le lor proprie mani; e poi offriranno la loro offerta.
Beati quelli che, avendo ieri gridato contro l’evento, accetteranno in silenzio l’alta necessità e non più vorranno essere gli ultimi ma i primi.
Beati i giovani che sono affamati e assetati di gloria, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante dolore.
Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d’Italia [3].
D’Annunzio inaugura così un pellegrinaggio patriottico per la penisola, prestando le sue doti oratorie alla causa interventista in innumerevoli incontri pubblici, anticipando per stile declamatorio e violenza verbale l’esperienza fiumana. Lo scontro tra i due schieramenti pro e contro la guerra, durato dieci mesi, si risolve a vantaggio degli interventisti, i quali, in concomitanza con gli accordi internazionali siglati con il Patto di Londra del 26 aprile 1915 tra le potenze dell’Intesa e l’Italia (che si vede concedere Trento, Trieste, Sud Tirolo, Istria e parti della Dalmazia), rimasto fino all’ultimo segreto e imposto a una maggioranza parlamentare scettica, riescono a spostare l’ago della bilancia dalla loro parte.
La scelta ultima della dichiarazione di guerra, avvenuta il 24 maggio, ricade su tre persone, il primo ministro Antonio Salandra, il ministro degli Affari esteri Sidney Sonnino e il monarca Vittorio Emanuele III, ma l’insieme delle forze interventiste extraparlamentari ha concorso a indirizzare gli eventi. Il primo proclama del re Vittorio Emanuele III alle truppe combattenti suona nei seguenti termini:
Soldati di terra e di mare!
L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare, con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza; ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarla.
Soldati!
A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri.Dal Gran Quartiere Generale, 24 maggio 1915
VITTORIO EMANUELE [4]
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NOTE
[1] URL: < http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=236:encicliche&catid=63&Itemid=127 > [consultato il 15 gennaio 2016]. ↑
[2] La propaganda interventista e le trattative, in «L’Idea Democratica», a. III, n. 17, 24 aprile 1915. ↑
[3] D’ANNUNZIO, Gabriele, Orazione per la sagra dei Mille [V maggio MDCCCLX – V maggio MCMXV], in ID., Prose di ricerca, tomo 1, a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, Milano, Mondadori, 2005, p. 20. ↑
[4] URL: < http://www.cimeetrincee.it/breviario.htm > [consultato il 15 gennaio 2016]. ↑
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Bibliografia essenziale
- CAMMARANO, Fulvio (a cura di), Abbasso la guerra! Neutralisti in piazza alla vigilia della Prima guerra mondiale, Firenze, Le Monnier Università-Mondadori Education, 2015.
- COMPAGNA, Luigi, Italia 1915. In guerra contro Giolitti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015.
- CONTI, Fulvio, Storia della massoneria italiana dal Risorgimento al fascismo, Bologna, Il Mulino, 2003.
- ISNENGHI, Mario, Convertirsi alla guerra. Liquidazioni, mobilitazioni e abiure nell’Italia tra il 1914 e il 1918, Roma, Donzelli, 2015.
- MANENTI, Luca G., Massoneria e irredentismo. Geografia dell’associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, Trieste, IRSML, 2015.
- MERKER, Nicolao, La guerra di Dio. Religione e nazionalismo nella Grande Guerra, Roma, Carocci, 2015.
- VARSORI, Antonio, Radioso maggio. Come l’Italia entrò in guerra, Bologna, Il Mulino, 2015.
Sitografia
- http://www.cimeetrincee.it
- http://www.treccani.it/enciclopedia/la-grande-guerra-e-la-rivoluzione-fascista_(Cristiani-d’Italia)/
- http://www.1914-1918-online.net
- http://www.14-18.it
- http://www.atlantegrandeguerra.it
- http://www.europeana1914-1918.eu/it
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