ISSN: 2038-0925

L’atelier de l’historien-ne: post #58

Per la rubrica L’atelier de l’historien-ne, questo mese proponiamo la traduzione del post «Comprendre le monde d’après – esquisse de prospective globale», pubblicato sul blog “Histoire Globale”, curato da Laurent Testot.

La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.

.

La storia deve darsi la possibilità di analizzare la complessità
16 dicembre 2019

di Laurent Testot

Su un pianeta ormai interconnesso e interdipendente, la storia alla francese è troppo spesso assimilata al “micro”, all’analisi dettagliata degli archivi nazionali e alla biografia dei suoi grandi protagonisti… metodologie che a livello mondiale risultano inappropriate. Ignorando l’approccio di lunga durata allo studio della storia caro a Fernand Braudel[], non è possibile lavorare su fenomeni tanto complessi, massicci e transfrontalieri come l’attuale riscaldamento globale. Per questo saranno necessarie storie fondamentalmente transdisciplinari: globali, mondiali, ambientali…

NB : Il presente post è stato redatto nel dicembre 2016 e non pubblicato. Lo riproduco qui leggermente aggiornato, come introduzione alla pubblicazione del mio ultimo lavoro: La Nouvelle Histoire du Monde, Sciences Humaines Éditions, 2019.

Il pianeta si sta riscaldando. L’umanità altera profondamente gli ecosistemi e non passa giorno senza che una nuova angosciante notizia si faccia strada nel nostro cervello. Si potrebbe pensare che la storia delle precedenti manifestazioni di fenomeni come questo sia stata ben studiata e che se ne siano tratte delle conclusioni. Che da tempo chi si occupa di storia abbia analizzato l’impatto delle variazioni climatiche, eruzioni vulcaniche, carestie ed epidemie sulle civiltà del passato, che tutto sia già stato detto e che chi governa possa basarsi su queste conoscenze per decidere oggi con la consapevolezza di cosa le società e gli individui del passato abbiano fatto per reagire a imprevisti di questo tipo.
Ma non è così (o quasi).
Certo, Emmanuel Le Roy Ladurie ha avuto l’enorme merito di svelare alcuni aspetti della storia del clima. Alcuni storici[], soprattutto giovani, esplorano questo nuovo campo ambientale da qualche anno. Ma la verità è che il mondo francofono, rispetto a quello anglosassone, è mezzo secolo indietro nella produzione di questo tipo di conoscenza. Fino a poco tempo fa non esisteva nemmeno un metodo strutturato per comprendere storicamente il globale, il mondiale, la complessità.
La Global History è una disciplina sviluppata negli Stati Uniti circa cinquant’anni fa, volta ad ampliare gli orizzonti della storia. Dal 2005 mi impegno a divulgarne i contenuti in lingua francese, insieme a qualche altro membro dell’università, tra cui il defunto economista Philippe Norel, il geostorico Vincent Capdepuy e lo storico Alessandro Stanziani. Mi spingo fino a definire la storia globale in termini operativi[]: come metodo che esplora il campo della storia mondiale. Questa si dispiega dall’origine dell’umanità nei suoi esordi in Africa tre milioni di anni fa alla globalizzazione contemporanea. La storia globale è lo strumento che permette di produrre la storia mondiale; uno strumento vivente, come dico spesso, costituito da quattro filamenti di DNA:

  1. La storia globale è un approccio transdisciplinare: associa in egual misura le discipline delle scienze umane come l’economia, la demografia, l’archeologia, la geografia, l’antropologia, la filosofia, la sociologia con la biologia nella sua dimensione più evoluzionista e con le scienze ambientali.
  2. La storia globale analizza il passato sotto un’ottica di lunga durata.
  3. La storia globale si occupa di grandi distanze.
  4. La storia globale fa riferimento sia alla scala temporale che a quella spaziale. Produce un racconto che si amplia molto sulla storia del genere umano. Un esempio può essere il focus messo su un aneddoto biografico prima di aprirsi alle dimensioni globali dell’evento: un contadino perde il suo raccolto nel 1307? Forse perché il pianeta sta subendo il freddo? Quale può essere la causa? E cosa ci insegna questo problema meteorologico sulle possibili conseguenze dell’attuale riscaldamento climatico?

Rispettare queste quattro regole permette anche di soddisfare un obiettivo secondario: evitare la tendenza della storia all’eurocentrismo. Come disciplina accademica, infatti, la storia è stata istituita nel XIX secolo, in un periodo in cui l’Europa dominava il mondo. Allora era ovvio che le nazioni degli uomini bianchi dettassero legge su chiunque altro, dalle donne agli altri popoli. Questo immaginario della storia ha segnato anche la nostra lingua e la nostra visione del passato. E impregna profondamente molti dibattiti attuali, che riguardano il femminismo, l’eredità coloniale o i postulati economici ed energetici.
L’immediata conseguenza è che restiamo ciechi a queste influenze, che noi consideriamo implicitamente come scontate. In primo luogo, perché consideriamo la storia su una scala troppo ridotta. Se l’uso intensivo dell’archivio è indispensabile per cesellare i mattoni che permettono di costruire una grande storia, su scala più grande perde invece di senso. Certo, ci sono alcune eccezioni. Qualche storico poliglotta, capace di analizzare documenti in diverse lingue, come Sanjay Subrahmanyam o Romain Bertrand[] può produrre puntualmente “storie connesse” molto istruttive anche sulla lunga distanza, ma è comunque costretto a rinunciare alla lunga durata. I loro studi descrivono un mondo in connessione catturato in un momento preciso, quello della sua genesi moderna tra il XVI e il XVII secolo[]. Altri, come Patrick Boucheron, Pierre Singarevélou e Sylvain Venayre o Georges Jehel un tempo e Romain Bertrand più recentemente, possono coordinare grandi produzioni collettive di storia comparata, mettendo in prospettiva una storia a lungo termine[] o sulla lunga distanza[] e ampliando notevolmente la scala su cui è possibile pensare al passato[]. Ma non è sufficiente, perché queste imprese polifeniche, per quanto pertinenti possano essere, non permettono la facile elaborazione di una sintesi delle conoscenze che producono.
Se non si accetta una vera storia transdisciplinare, associando in “parti uguali” (secondo la bella formula di Roland Bertrand) tutte le discipline pertinenti delle scienze umane, la storia globale/mondiale è condannata a vegetare. Quando, per caso, alcuni best seller della Global history anglosassone vengono tradotti in francese, le loro vendite dimostrano una latente infatuazione per questo tipo di storia da parte del pubblico – basti pensare al successo di Sapiens, di Yuval N. Harari[], libro che solo nel mercato francese ha venduto più di 600.000 copie. Rimane, però, che chi si occupa veramente di storia “globale” in Francia a volte deve pubblicare direttamente in inglese a causa della mancanza di un editore locale. La storia globale, francofona, alla francese, è molto spesso prodotta, paradossalmente, da chi la storia non la studia: geografi/e, economisti/e, antropologi/e, politici/e, demografi/e, archeologi/e, giornalisti/e… Per la maggior parte, gli storici e le storiche francesi non accettano veramente i nuovi metodi e rimangono impotenti nel produrre questa tipologia di riflessioni, con poche eccezioni[]. Perché la storia accademica si fa quasi esclusivamente attraverso lo studio dirette delle fonti e degli archivi. Un prerequisito che non consente a storici e storiche di allontanarsi dal proprio campo di competenza, vincolato da limiti linguistici, geografici, culturali e temporali. La storia globale nel lungo termine, finché rimarranno incatenati/e agli archivi, resterà a loro inaccessibile, salvo forme narrative specifiche[].
Storici e storiche anglosassoni hanno definito due metodi per evitare di incastrare la storia globale nella trappola degli archivi e produrre storie mondiali coerenti: la compilazione di seconda mano, da parte di un autore isolato, delle opere relative al suo oggetto di studio[]; il contributo di persone specializzate attorno a lavori simili[]. Nel tentativo di approcciarmi alla storia globale ho provato entrambe le strade. Dopo aver lavorato all’approccio collettivo[], dal 2014 mi sono dedicato alla seconda e nello stesso anno ho prodotto per la rivista Sciences Humaines una storia mondiale sotto forma di un fuori-serie che espone le opere anglosassoni di World/Global History[]. Questa sintesi, la prima nel suo genere ad essere pubblicata in francese, ha accresciuto la mia consapevolezza dell’importanza che l’ambiente naturale riveste nella storia umana e ha portato alla redazione di Cataclysmes. Une histoire environnementale de l’humanité[].
Superiamo subito le accuse di determinismo che spesso sono fatte contro questo tipo di storia così ampia, accuse tanto più ingiuste quanto più la metodologia globale permette di comprendere meglio l’importanza delle scelte sociali e individuali ai bivi della storia. Ma poniamo anche un’evidenza: se l’umanità è davvero la protagonista della sua storia, l’ambiente ne è il teatro. Ne detta le condizioni, anche solo influenzando le possibilità di produzione di cibo.
Ne consegue che solo le storie ambientali globali permetteranno all’umanità di decostruire le narrazioni che la portano oggi al disastro, che sia il racconto di una crescita economica che porterebbe benessere a chiunque o il mito del riscaldamento globale che gli accordi internazionali e le pratiche di greenwashing sarebbero sufficienti a contenere entro limiti accettabili. Dalle opere di storia ambientale disponibili, a mio avviso, emerge una dolorosa constatazione: da tempo, prima per sopravvivere poi per benessere, l’umanità conduce una guerra contro la natura. Guerra iniziata con i primi strumenti litici, quando gli ominidi uccidevano i bovini nella savana africana 3,3 milioni di anni fa. Allora era a bassa intensità, poteva portare magari all’estinzioni di alcune specie animali. Ma una cosa tira l’altra e oggi sia arrivati a combattere contro la natura una guerra ad intensità elevata di cui rischiamo di pagare il prezzo entro la fine del XXI secolo con l’esaurimento delle risorse, l’aggravarsi delle frustrazioni geopolitiche e delle disuguaglianze economiche, con il costo dell’inquinamento: tutti fenomeni che molto probabilmente porteranno al collasso della civiltà. La pericolosa direzione in cui siamo avviati ha una storia lunga e complessa che è necessario studiare urgentemente con una metodologia adeguata, per decostruirne minuziosamente i meccanismi e cercare di prevenirne gli effetti. Concludiamo con un’evidenza: un’analisi di questo tipo può essere fatta solo se si pensa al globale.

Linea di separazione
  1. BRAUDEL, Fernand, Storia e scienze sociali. La “lunga durata”, in “La storia e le altre scienze sociali”, Roma-Bari, Laterza, 1982, (titolo originale, «Histoire et sciences sociales. La longue durée», in Annales E.S.C., XIII, 4/1958, pp. 725-733).
  2. In particolar modo: QUENET, Gregory, Qu’est-ce que l’histoire environnementale ?, Seyssel, Champ Vallon, 2014 ; MATHIS, Charles-François, MOUHOT, Jean-François, Une protection de l’environnement à la française ? (XIXe-XXe siècle), Seyssel, Champ Vallon, 2013 ; JARRIGE, François, LE ROUX, Thomas, La Contamination du monde. Une histoire des pollutions à l’âge industriel, Paris, Seuil, 2017 ; BONNEUIL, Christophe, FRESSOZ, Jean-Baptiste, L’Événement Anthropocène. La Terre, l’histoire et nous, Paris, Seuil, 2013 ; MOUTHON, Fabrice, Le Sourire de Prométhée. L’Homme et la nature, Paris, La Découverte, 2017.
  3. Per chi è interessato agli approcci metodologici suggerisco: TESTOT, Laurent (dir.), L’Histoire globale. Un nouveau regard sur le Monde, Auxerre, Sciences Humaines Éditions, 2008, riedito 2015 ; STANZIANI, Alessandro, Les Entrelacements du monde. Histoire globale, pensée globale (XVIe-XXIe siècles), Paris, CNRS Éditions, 2018.
  4. BERTRAND, Romain, L’Histoire à parts égales. Récits d’une rencontre Orient-Occident, Paris, Seuil, 2011 ; SUBRAHMANYAM, Sanjay, L’Éléphant, le Canon et le Pinceau. Histoires connectées des cours d’Europe et d’Asie, 1500-1750, tradotto dall’inglese da Béatrice Commengé, Paris, Alma Éditeur, 2016.
  5. Per il XIX secolo invece considerare la traduzione fatta dal tedesco da Hugues Van Besien di OSTERHAMMEL, Jürgen, La Transformation du monde. Une histoire globale du XIXe siècle, Paris, Nouveau Monde Éditions, 2017.
  6. BOUCHERON, Patrick et al. (dir.), Histoire mondiale de la France, Paris, Seuil, 2017.
  7. SINGARAVÉLOU, Pierre, VENAYRE, Sylvain et al. (dir.), Histoire du monde du XIXe siècle, Paris, Seuil, 2017 ; BOUCHERON, Patrick (dir.), Une histoire du monde au XVe siècle, Paris, Fayard, 2009.
  8. JEHEL, Georges (dir.), Histoire du monde. 500, 1000, 1500, Nantes, Éditions du Temps, 2007; un libro d’avanguardia che riesce a coniugare le sue dimensioni di analisi nella lunga durata e nello spazio mondiale, un’iniziativa intrapresa con entusiasmo anche da BERTRAND, Romain (dir.), L’Exploration du monde. Une autre histoire des grandes découvertes, Paris, Seuil, 2019.
  9. HARARI, Yuval Noah, Sapiens. Une brève histoire de l’humanité, Paris, Albin Michel, 2015 (ed. or.: 2011), tradotto dall’inglese da Pierre-Emmanuel Dauzat. Sono da segnalare anche i lavori di DIAMOND, Jared, De l’inégalité parmi les sociétés. Essai sur l’homme et l’environnement dans l’histoire, Paris, Gallimard, 2000 (ed. or.: 1997), tradotto dall’inglese (Stati Uniti) da Pierre-Emmanuel Dauzat e riedito nel 2007; di MORRIS, Ian, Pourquoi l’Occident domine le monde… Pour l’instant. Les modèles du passé et ce qu’ils révèlent sur l’avenir, Paris, L’Arche, 2011 (ed. or.: 2010), tradotto dall’inglese da Jean Pouvelle.
  10. Si fa qui riferimento a GRUZINSKI, Serge, L’Aigle et le Dragon. Démesure européenne et mondialisation au XVIe siècle, Paris, Fayard, 2012; BEAUJARD, Philippe, Les Mondes de l’océan Indien, 2 t., Paris, Armand Colin, 2012; PÉTRÉ-GRENOUILLEAU, Olivier, Traites négrières. Essai d’histoire globale, Paris, Gallimard, 2004; GRATALOUP, Christian, Géohistoire de la mondialisation. Le temps long du monde, Paris, Armand Colin, 2007; STANZIANI, Alessandro, Bâtisseurs d’empires. Russie, Chine et Inde à la croisée des mondes, XVe-XIXe siècle, Paris, Raisons d’agir, 2012. Di quest’ultimo autore, oltre al suo libro si può anche fare riferimento all’articolo STANZIANI, Alessandro, « Pour une approche véritablement globale de l’histoire », in The Conversation, 14 marzo 2017, URL: < https://theconversation.com/pour-une-approche-veritablement-globale-de-lhistoire-74424 > .
  11. Come per esempio la micro-storia globale, sperimentata da CAPDEPUY, Vincent, 50 histoires de mondialisation. De Neandertal à Wikipédia, Paris, Alma, 2018.
  12. Quello che ha fatto HARARI, Yuval N., op. cit., e di modo altrettanto convincente, McNEILL, William H., McNEILL John R., The Human Web. A Bird’s-Eye View of World History, New York-London, W.W. Norton & Company, 2003.
  13. TIGNOR, Robert et al. (eds.), Worlds Together, Worlds Apart, New York, W.W. Norton & Company, 2014.
  14. Per l’approccio collettivo fare riferimento a : NOREL, Philippe, TESTOT Laurent (dir.), Une histoire du monde global, Auxerre, Sciences Humaines Éditions, 2012; HOLEINDRE, Jean-Vincent, TESTOT, Laurent (dir.), La Guerre. Des origines à nos jours, Auxerre, Sciences Humaines Éditions, 2014; DORTIER, Jean-François, TESTOT, Laurent (dir.), Les Religions. Des origines au IIIe millénaire, Auxerre, Sciences Humaines Éditions, 2017.
  15. TESTOT, Laurent, « La nouvelle histoire du Monde », in Sciences Humaines Histoire, 3, 2014-2015, rieditato in ottobre-novembre 2017.
  16. TESTOT, Laurent, Cataclysmes. Une histoire environnementale de l’humanité, Paris, Payot, 2017.

.

.

Scrivi un commento