ISSN: 2038-0925

L’atelier de l’historien-ne: post #53

Per la nuova rubrica L’atelier de l’historien-ne, questo mese proponiamo la traduzione del post «“Un observatoire insulaire de la Méditerranée occidentale : Corse et Sardaigne, XIIIe-XVe siècle”, par Vannina Marchi van Cauwelaert», pubblicato sul blog “Gouverner les îles”, blog della programma scientifico GOUVILES (École Française de Rome, Università degli Studi di Palermo, Université Toulouse Jean Jaurès).

La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.

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“Un osservatorio insultare del Mediterraneo occidentale: Corsica e Sardegna, XIII-XV secolo”, di Vannina Marchi van Cauwelaert
12 gennaio 2023

di Hugo Vermeren

Il 10 dicembre 2022, Vannina Marchi van Cauwelaert ha sostenuto, all’Università di Parigi Sorbona, la sua discussione per abilitarsi come ricercatrice con una tesi dal titolo “Un osservatorio insulare del Mediterraneo occidentale: Corsica e Sardegna, XIII-XV secolo”. La commissione era composta da:

  • Élisabeth Crouzet-Pavan, professoressa della Sorbona, garante;
  • Ilaria Taddei, professoressa dell’Università di Grenoble, relatrice;
  • Stéphane Péquignot, direttore di studio, École pratique des Hautes Études, relatore;
  • Roser Salicrù i Lluch, direttrice di ricerca, CSIC Barcellona;
  • Franco Franceschi, professore, Università di Siena
  • Antoine-Marie Graziani, professore, Università della Corsica, presidente della commissione.

“Piccole o grandi, isole di qualsiasi forma o dimensione costituiscono un ambiente umano coerente nella misura in cui gravano su di loro vincoli analoghi che le pongono contemporaneamente molto in ritardo e molto in anticipo rispetto alla storia generale del mare; che le dividono spesso e con brutalità tra questi due poli opposti, arcaismo e novità”
(Fernand Braudel)

Questa citazione de Il Mediterraneo di Braudel è alla base di un progetto di ricerca che ha inteso mettere la Corsica al centro di una riflessione sull’insularità mediterranea durante il basso Medioevo. Caratterizzate da una visione improntata ad un certo esistenzialismo rivelatore di un’epoca, riassuntive dell’opposizione tra “arcaismo e novità” e con il riferimento alla “brutalità” dei contatti con il mare, le belle pagine che Fernand Braudel ha dedicato alle isole tracciano un programma di ricerca che stimola a fare della Corsica e della vicina Sardegna, alla quale durante il basso Medioevo era strettamente connessa, un osservatorio insulare del Mediterraneo occidentale.
Inscritta in un ampio arco cronologico che va dalla nascita del Regnum Sardiniae et Corsicae nel XIII secolo alla creazione di una frontiera politica tra la Corsica genovese e la Sardegna aragonese nel XV secolo, l’indagine si è concentrata sulle rappresentazioni contrapposte delle isole, sul ruolo degli attori insulari nelle relazioni diplomatiche mediterranee e sull’instaurazione dei primi governi d’oltremare.

Insularità e isolanità: le rappresentazioni della Corsica e della Sardegna

Secondo i geografi, l’isola si definisce prima di tutto come «uno spazio circondato completamente dall’acqua». A prescindere delle dimensioni, tuttavia, questa definizione può essere applicata indifferentemente ad un singolo scoglio come ad un’isola o ad un continente. Dall’originaria ambiguità della definizione deriva proprio una delle sue specificità: l’isola è spesso percepita come un microcosmo – un mini-continente, la cui taglia ridotta ne facilita tanto lo studio quanto la dominazione.
Durante il basso Medioevo, le isole furono inizialmente oggetto di una rappresentazione cartografica all’interno dello spazio marino, con carte nautiche prima e poi come territorio isolato e circoscritto dal mare con gli isolarii. Sul piano politico furono spesso sede di piccoli regni situati al centro delle rivalità mediterranee: il regno di Maiorca, quello di Sicilia, il regno di Cipro e, ovviamente, il regno di Sardegna e della Corsica che è l’oggetto di questo studio.
Questi «regni nel mare» – secondo la definizione dell’isola di Maiorca nella cronaca di Giacomo I di Aragona nel XIII secolo – erano tanto più ambiti quanto più il loro possesso era considerato una chiave per controllare lo spazio marittimo. Tra la fine del XIII e il XV secolo, l’evoluzione delle carte nautiche, nel contesto delle crociate e dell’espansione occidentale, rappresenta le tappe di una conquista culturale che ha permesso una «territorializzazione» del Mediterraneo (Emmanuelle Vagnon, Guillaume Calafat). Un’evoluzione delle rappresentazioni all’interno della quale le isole giocarono un ruolo essenziale: adornate con le bandiere di chi con tanta gloria le dominava, le isole contrassegnavano lo spazio mediterraneo, contribuendo a definire una divisione del mare tra catalani, genovesi e veneziani.

Fig. 1. Corsica e Sardegna sulla mappa di Angelino Dulcert, 1339 (BnF, Gallica).

All’inizio del XIV secolo, le rappresentazioni della Corsica e della Sardegna delimitarono una nuova zona di contatto marittimo tra Genova e il regno d’Aragona. I toponimi indicati si riferiscono ai principali itinerari di navigazione e dimostrano l’inserimento delle isole nel commercio mediterraneo.
Sul celebre atlante catalano del 1375, l’assenza di Bonifacio stupisce, mentre appare la prima menzione di Cinarca, sede dell’omonima fortificazione che controllava tutto il litorale sudoccidentale dell’isola, dominio dei conti di Corsica alleati del re d’Aragona. Da Alghero a Cinarca, i toponimi descrivono un sistema difensivo aragonese in cui si svolgeva la guerra di corsa corso-catalana contro Genova e Bonifacio

Situate proprio al cuore del bacino occidentale, la Corsica e la Sardegna, separate da uno stretto lungo solamente una decina di chilometri, costituiscono un incrocio marittimo tra Italia, Provenza e Africa del Nord da una parte, penisola Iberica, Italia e Oriente dall’altra parte. Questo posizionamento strategico collocò gli isolani al centro dei grandi scontri mediterranei del basso Medioevo: Pisa e Genova, guelfi e ghibellini, genovesi e aragonesi.

Corsica e Sardegna formarono così uno spazio in guerra, caratterizzato da una continua resistenza alle conquiste militari che alimentò stereotipi comuni perpetuati dalle descrizioni geografiche, dai racconti di viaggio e dai testi storiografici: barbarie, incostanza e miseria sarebbero state le caratteristiche principali di questi ambienti insulari.
Di fronte a queste rappresentazioni, che tanto insistono sull’estraneità delle isole, frutto di un risentimento catalano e genovese nato dalle difficoltà della loro conquista o di una lettura fatalista della storia proposta principalmente dal cronista corso Giovanni della Grossa (XV secolo), si avvertono comunque elementi di dinamismo legati ad una forte connettività mediterranea.
La creazione e lo sviluppo di Bonifacio permisero di fare del sud della Corsica e del nord della Sardegna una «micro-regione ecologica» (Horden, Purcell), caratterizzata da un flusso costante di merci, persone e idee. La nozione stessa di arcipelago appare così fondamentale per definire le relazioni tra le due isole. Nonostante i tentativi imperiali, dello Stato pontificio, genovesi e aragonesi, questa non si tradusse mai, però, in una reale unità politica. La questione del ruolo degli attori insulari è quindi il punto nevralgico della riflessione.

Fig. 2. Bonifacio e lo stretto corso-sardo (wikipedia).

Il ruolo delle isole nel flusso degli eventi mediterranei

Interessarsi agli attori insulari, alle loro motivazioni, alle loro strategie e ai loro mezzi, implicava una prima fase di rilettura della storia dello spazio tirrenico, al fine di collegare gli eventi locali alle evoluzioni politiche mediterranee nel loro complesso che portarono ad una riconfigurazione delle isole tra XIII e XV secolo. L’evento si trova infatti al cuore della storia delle isole, spazi continuamente soggetti ai mutamenti della politica mediterranea.
Mettere in relazione bibliografie provenienti da una cultura locale troppo spesso isolata e raccogliere tutte le fonti disponibili ha permesso di ripercorrere le linee di forza della storia politica della Corsica e della Sardegna nel XIII-XV secolo.
Lo studio ha rivelato che l’apparente collocazione ondivaga dei locali testimoniava in realtà un continuo tentativo di adattamento alle evoluzioni dei rapporti di forza nel Mediterraneo. Gli occhi rivolti al mare, i signori corsi e sardi attendevano anche la più piccola opportunità per inserirsi nei conflitti mediterranei e rafforzare il proprio dominio sulle isole. Contrariamente alla visione comunemente accettata, l’atteggiamento degli isolani di fronte a quello che succedeva non era affatto passivo.
Ugone II di Arborea riconobbe in Giacomo II d’Aragona un alleato indispensabile per liberarsi dall’ingombrante protettorato di Pisa e farsi «re di Sardegna». In Corsica, Giudice di Cinarca approfittò della lotta tra guelfi e ghibellini per dare vita ad un embrione di Stato signorile sovrano. Attivandosi molto velocemente, come lo stesso Braudel aveva sottolineato nel terzo volume de Il Mediterraneo, gli attori insulari dovevano prima di qualsiasi altra cosa essere sempre informati su ogni minimo sussulto del contesto mediterraneo. Pur essendo piuttosto lacunosa, la documentazione riporta l’eco di questa costante ricerca di informazioni e della continuativa circolazione di notizie tra le isole e il mare.
Dalle trattative diplomatiche all’armamento di una flotta a Genova o a Barcellona, non c’era un evento che non suscitasse commenti o discussioni nelle isole. Dalle notizie alle voci, il passo fu spesso fatto per alimentare una propaganda volta a federare i Corsi e i Sardi e ad alimentare la resistenza alle conquiste. Così, nella seconda metà del XIV secolo, il giudice di Arborea in guerra contro il re d’Aragona pretendeva di avere il sostegno del papa contro i Catalani; alla fine del XV secolo, in guerra contro Genova, l’ultimo conte corso confermò l’arrivo imminente di soccorso marittimo e si pose sotto la legittimità teorica di Ferdinando II d’Aragona.
La capacità di sfruttare il contesto politico mediterraneo sembra essere una delle chiavi interpretative del vigore e della rapidità di diffusione delle rivolte in Corsica e in Sardegna. L’esempio vicino dei Vespri siciliani appare a questo proposito paradigmatico: dimostra l’abilità delle isole di provocare gli avvenimenti. Forme simili si ritrovano anche nella rivolta dei Sardi contro i Pisani, alla vigilia della conquista di Giacomo II. In Corsica, le ultime sommosse signorili si svolsero durante i disordini politici che agitavano Genova.
Nelle isole, la diffusione delle informazioni e la comunicazione politica si fondavano sulla riunione di grandi assemblee comunitarie. In Sardegna, i documenti forniscono alcune notizie sull’assemblea della città di Oristano e sull’organizzazione comunitaria dei villaggi dell’interno. In entrambe le isole, sembra probabile un’influenza comunale pisano-genovese. In Corsica il confronto tra i racconti e i documenti d’archivio informa sul funzionamento delle vedute, una sorta di “parlamenti a cielo aperto” che si riunivano nelle pianure o sulle colline principali. Queste fugaci tracce documentarie non offrono però che un lontano riflesso dell’intensa attività parlamentare che strutturava la vita dei Corsi e dei Sardi durante il basso Medioevo.

Fig. 3. Resti di una delle due torri della fortificazione di Biguglia che domina la pianura della Marana, dove si tenevano le vedute generale nel XV secolo; in lontananza si distingue l’isola d’Elba (cl. Arkemine).

Nei confronti dell’esterno, la circolazione delle notizie si fondava su una rete di informatori e scambi diplomatici. Centro di un importante traffico commerciale mediterraneo, il porto di Oristano offre ai giudici di Arborea uno sbocco sul mare. In Corsica, il cabotaggio regolare che collegava le marine delle signorie al porto di Bonifacio e alla Sardegna fu certamente fonte di numerose informazioni.
Per inserirsi all’interno dei rapporti di forza mediterranei, gli isolani utilizzarono anche strumenti diplomatici. Tra la Corsica e la Sardegna sembra essersi svolto una sorta di gioco dell’oca[]: se i giudici sardi seppero condurre una reale attività diplomatica avvalendosi di intermediari esperti, come la Curia pontificia, e della produzione di documenti di cancellerie specifiche, i signori corsi sembrano essersi limitati a qualche scambio epistolare e a interventi diretti a Bonifacio, Genova, Barcellona e Roma. L’esempio del corpus di lettere di Vincentello d’Istria, prodotto nei primi 25 anni del XV secolo, mette in luce le incertezze del signore corso e la sua estrema precarietà come attore mediterraneo.

Secondo la bella formula del cronista Giovanni della Grossa, nonostante i loro sforzi, i Corsi, abbandonati dai loro alleati – che li consideravano alla stregua di attori secondari– si trovarono molto spesso abbandonati a loro stessi. Il peso dell’incertezza sembra poter spiegare il fallimento dei tentativi locali di affermare una Communitas Regni[].

Insularità e governo a distanza: per una storia comparata della Corsica e della Sardegna tra il XV e il XVI secolo

In Corsica come in Sardegna, il XIV secolo vide emergere una nuova forza politica: il populus. A lungo interpretato, nel caso della Corsica, nel senso più comune del termine italiano popolo, il populus Corsicae e il populus Sardiniae, sembrano appartenere piuttosto a forme insulari di comunità di regni. La Communitas Corsicae, che appare per la prima volta in un documento siciliano del 1283 e si afferma definitivamente nel contesto della rivolta popolare del XIV secolo e della dedizione a Genova, riuniva l’insieme delle strutture comunitarie di pieve in una grande assemblea chiamata Veduta Generale. Questo parlamento poteva essere convocato da un signore di Cinarca per farsi proclamare conte così come aveva la capacità di autoinvestirsi per nominare degli ambasciatori da inviare a Genova, Roma o Barcellona.

In mancanza di cronaca locale, il funzionamento dell’assemblea del populus Sardiniae e il suo legame con la Corona de Logu risultano complessi da ricostruire. Resta il fatto che nelle due isole, l’azione diplomatica del populus cominciò a poco a poco a competere con quella dei signori e permise ai genovesi di Corsica e agli aragonesi in Sardegna di farsi potenti alleati locali, il cui sostegno fu determinante nella conquista definitiva delle isole nel XV secolo.
Costituiti sulle ceneri di una guerra mediterranea durata più di cento anni, i nuovi Stati governati a distanza dalle penisole e istituiti nelle isole alla fine del Medioevo, si appoggiarono ad un’adesione popolare rappresentata da dei procuratori del populus Sardiniae e del populus Corsicae, che firmarono la pace in cambio dell’accettazione dei loro statuti: la pace di San Luri in Sardegna (1410) e il Capitula corsorum in Corsica (1453).

Fig. 4. Richiesta del popolo tutto universalmente di Corsica ai Protettori di Saint-Georges, 1484 (ASG-Museo Correr).

L’avvento delle amministrazioni genovesi e aragonesi portò ad una modifica della modalità di comunicazione tra governi e governati, trasformando le vecchie assemblee locali. In Sardegna si impose il modello delle Corti catalane. Introdotto nel 1355 da Pietro IV d’Aragona, detto il Cerimonioso, divenne veramente operativo solo sotto il regno di Alfonso V. Il vecchio populus Sardiniae sembra essere stato rappresentato dal braccio militare.
In Corsica, le vedute generali si evolsero in una cerimonia di investitura dei nuovi governatori e la città di Bastia si sostituì ai colli e alle pianure che prima facevano da sfondo. Il dialogo con il populus Corsicae sembra essere stato impedito dalla creazione del consiglio dei nobili del XII secolo, su cui bisogna però procedere a ricerche più approfondite.

Nelle due isole, continuò un dialogo diretto tra il re e i Sardi e tra i Protettori di Saint-Georges e i Corsi, attraverso lettere e petizioni dei notabili e delle comunità. Questi scambi epistolari divennero così il principale mezzo di negoziazione politica alla fine del Medioevo. Il loro studio apre nuove prospettive di ricerca sulla diffusione della scrittura e la circolazione di modelli culturali tra le penisole e le isole.

In ogni caso, in Corsica come in Sardegna, il dialogo tra governanti e governati non riuscì a porre definitivamente fine alle opposizioni. Rivolte e complotti rivelano così i limiti e la fragilità di questi Stati d’oltremare. Un mal governo viene testimoniato dalle fonti, che lo dipingono alla base delle resistenze e della violenza. Più che una corruzione generale degli ufficiali, che sarebbe legata alla distanza e alla difficoltà di poterli controllare, in questo mal governo si deve vedere il sintomo di una mancanza di mezzi per finanziare l’amministrazione e la difesa militare delle isole. È così che Corsica e Sardegna sollevano la questione dei limiti delle politiche di dominio aragonese e genovese alla fine del Medioevo.
Tra le prospettive di ricerca citate, i lavori condotti nell’ambito del programma Gouviles permetteranno di approfondire l’analisi comparata della Corsica genovese e della Sardegna aragonese tra il XV e il XVI secolo, incrociando le prospettive politiche ed economiche. La questione dello sfruttamento delle risorse sarà oggetto di nuove indagini. Le due isole si inseriranno così non solo nella riflessione sullo Stato territoriale italiano, completando in particolar modo i lavori già esistenti sulla vicina Sicilia (Corrao, Silvestri), ma anche in quella sui primi imperi di epoca moderna.

Linea di separazione
  1. Il riferimento è alla possibilità di migliorare la propria posizione o tornare indietro all’improvviso.
  2. Espressione tradizionalmente legata alla storia politica inglese: essa fa riferimento alle generiche proposte di creare insiemi “comuni” e ai differenti esperimenti politici nati in Europa fin dal periodo feudale.

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