ISSN: 2038-0925

Devenir historien-ne: post #25

Prosegue la partnership avviata con Devenir historien-ne, il blog di informazione storica di Émilien Ruiz, Assistant Professor in Digital History presso il Dipartimento di Storia di Sciences Po a Parigi. Questo mese proponiamo la traduzione del post «Des usages littéraires de l’histoire».

La traduzione e l’adattamento dal francese sono stati curati da Ludovica Lelli, curatrice della versione italiana della rubrica.

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Qualche consiglio per gli storici e le storiche che vorrebbero mettercisi…
8 novembre 2014

di Aurore Chery

Michael Shaheen on Flickr

Il post di Thibault le Hégarat e Benoît Vaillot ha sollevato il problema di capire se sia positivo o meno, per gli storici, intervenire nei media. È una questione sempre viva che, nonostante Pierre Bourdieau ne abbia individuato i contorni, con la crisi dell’università si pone spesso ancora oggi. Come sottolineava Thibeault, però, lo storico che desidera «mettercisi» si trova spesso a doversi confrontare, impreparato, con un universo sconosciuto. Potendo fare riferimento sia alla mia presentazione del libro Les Historiens de garde – Lorànt Deutsch, Patrick Buisson: la résurgence du roman national che alla mia collaborazione per produzioni televisive di documentari e programmi storici, ho pensato di raccogliere qui qualche riflessione prodotta da queste esperienze nella speranza che possano essere utili a colui o colei che vorrebbe rispondere ad una richiesta di partecipazione da parte dei media.

La questione della legittimità dell’esperto

Prima di rispondere ad un invito dei media mi sembra essenziale che si cominci col definire la questione della legittimità. Se accettate è perché vi sentite a vostro agio e competenti rispetto al tema sul quale interverrete. Sembra che io stia sfondando una porta aperta, ma per un dottorando o una giovane ricercatrice abituata ad una gerarchia universitaria consolidata, sentirsi la persona giusta non è scontato. Di fatto, la legittimità dell’esperto, fino a quando non si permette uno scambio di opinioni, può essere anche finta, ed è in questo campo che spesso i giornalisti cercheranno di trascinarvi a forza di «piccole frasi»: siate diffidenti. Non cercate formule che fanno colpo, ma accontentatevi di esprimere la vostra opinione in modo semplice e chiaro. Fino a che spiegherete quali sono i metodi degli storici, aiuterete a demistificarli agli occhi del pubblico ed esporrete i risultati delle vostre ricerche: non avete alcuna ragione di dubitare di voi. Se poi dovesse essere necessario, invece che le risposte nette che i giornalisti vi spingeranno a dare, potrete sempre proporre degli strumenti utili a tutti per capire meglio le cose.

Nel caso di un documentario televisivo

Va sottolineato innanzitutto che il sistema non è intrinsecamente ostile allo storico. Succede spesso di essere sollecitati a partecipare ad un documentario e in questo caso il regista assumerà il suo ruolo di autore e si prenderà il tempo, prima di proporvi di essere ripresi, di parlarvi e conoscere le vostre opinioni. Anche in questo caso, comunque, è preferibile tenere in considerazione qualche regola. La principale è essere prudente con l’utilizzo di un gergo molto specifico che un pubblico non specialista farebbe fatica a comprendere. Questo non vuol dire rinunciare a concetti complessi, ma ricordare sempre di far seguire una definizione comprensibile ai termini non usuali che decidete di utilizzare. In caso contrario, c’è il rischio che questi pezzi incomprensibili al pubblico vengano tagliati in fase di montaggio riducendo notevolmente la durata del vostro intervento. Nello stesso modo, per maggior chiarezza, è meglio utilizzare frasi semplici piuttosto che complesse.

La registrazione di una sequenza per una rivista

È il caso in cui le domande da parte degli storici sono maggiormente giustificate, ma anche quello che, visto quanto sono apprezzate le partecipazioni di «esperti», tende ad essere il più diffuso. Generalmente da voi ci si aspetta che forniate alla produzione un intervento già scritto; spesso si tratta di un contraddittorio con un altro invitato che a sua volta avrà il tempo di preparare le sue critiche alla vostra esposizione. Accettare di partecipare implica quindi cercare la massima efficacia all’interno di un contesto di per sé abbastanza distorto. A questo punto, non basta più raccomandare l’uso di frasi semplici, bisogna imporselo. Il tempo a vostra disposizione per parlare infatti è spesso ridotto a uno spazio tra i 30 e i 45 secondi e se farete delle frasi troppo lunghe rischierete di fornire troppo materiale che potrebbe essere montato a piacere e impiegato contro di voi.
Per questo tipo di intervento è ugualmente importante riuscire a gestire l’intervista senza voler cercare per forza di piacere al giornalista. Sta a lui adeguarsi alle vostre aspettative. Meglio privilegiare un’intervista in cui siete a vostro agio che rischiare di essere schiacciati dal ruolo che vi vogliono affibbiare (attenzione alle inquadrature con biblioteche come sfondo: servono solo a rinforzare la vostra posizione di professionisti di rilievo – e arroganti – in cui la produzione vuole mettervi). Potete chiedere che vi offrano un caffè: non è impegnativo ma vi permetterà di trovare coraggio prima della registrazione. Potete anche parlare un po’ con il giornalista per capire meglio che direzione vorrebbe dare all’intervista e mostrargli che non siete facilmente impressionabili. È importante apparire calmi, lo stress tende a rendere la voce più acuta, mentre sarà restando tranquilli che riuscirete a catturare meglio l’attenzione degli spettatori. Prendersi il tempo di fare qualche respiro profondo prima dell’incontro è importante, potrebbe essere di vero aiuto. Per questioni di resa dell’immagine, invece, in caso di brutto tempo sconsiglierei le interviste all’aria aperta. Ancora, se il luogo scelto dal giornalista non vi piace o non vi fa sentire a vostro agio è vostro diritto chiedere di cambiarlo. In più, per gestire l’intervista al meglio, mi sembra preferibile rifiutare di intervenire all’interno di una stessa sequenza insieme ad altre persone. Se il giornalista dovesse percepire in uno di voi una debolezza cercherà immediatamente di infilarcisi rendendovi impossibile mantenere il controllo.

Conclusioni

Concludendo, degli interventi più lunghi parlerò solo brevemente. Da una parte perché ne ho solo un’esperienza limitata ad un’apparizione in Du grain à moudre su France Culture, ma soprattutto perché il contesto di solito è molto più favorevole: se allo storico è consentito avere un maggior lasso di tempo a disposizione per esprimersi è segno che viene riconosciuto l’interesse delle sue parole. In ogni caso, i consigli precedenti sono comunque sempre utili, soprattutto quello relativo all’importanza di sentirsi tranquilli per potersi esprimere chiaramente. Nondimeno, se vi trovate all’interno di un dibattito, è importante conoscere i nomi degli altri invitati. È utile prepararsi in anticipo con qualche collega che potrà aiutarvi a ricapitolare i temi che potrebbero essere toccati e la posizione che vorreste prendere a proposito, in modo da non essere totalmente presi alla sprovvista in caso di un confronto.

Linea di separazione
  1. BLANC, William, CHERY, Aurore et NAUDIN, Christophe, Les Historiens de garde – Lorànt Deutsch, Patrick Buisson: la résurgence du roman national, Paris, Libertalia, 2013, URL: < https://www.youtube.com/watch?v=hH3QdzSptHs > [consultato il 4 ottobre 2021]. []

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